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NOMINA DEL PRESIDENTE DELL’ASP ZACCAGNINO, QUESTIONE DI ORE

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Sembra proprio arrivare al traguardo la nomina del Presidente dell’Asp Zaccagnino. Infatti in una delle prossime giunte regionali la questione sarà definitivamente risolta. Oltre alla riconferma di Nicandro Di Salvia, si continua a parlare di una donna che potrebbe essere nominata al vertice dell’ente. Si è parlato tanto di “sannicandresità” di nomina nel senso che il Presidente deve essere espressione della comunità sannicandrese che ha professionisti capaci e competenti per assolvere quel ruolo dirigenziale. Si dice che l’Asp sia un patrimonio “di San Nicandro” e come tale dovrebbe essere gestita da questa cittadina. Per alcuni è impensabile affidare l’ente a professionalità esterne. Anche la politica, all’unanimità, si è espressa in tal senso con una delibera consiliare in cui si precisava proprio questo. Qualcuno ha chiesto a Civico93 se ci sia stato un intervento della nostra amministrazione presso Emiliano per garantire la “sannicandresità” della nomina proprio in virtù di quella delibera del consiglio comunale. Forse sarebbe auspicabile che lo facesse inviando copia della delibera.

Insomma tanta attenzione al problema dell’Asp che sicuramente a giorni avrà una nuova governance e si conoscerà chi guiderà l’ente senza percepire nessun emolumento per l’opera prestata.

CERA: INIZIATIVE URGENTI A TUTELA DELLA SALUTE DEI CITTADINI

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“Servono accertamenti urgenti, verifiche ed analisi appropriate per capire le ragioni che determinano l’elevato numero di casi di malattie tumorali ed altre gravi patologie. Ci riferiamo alle manifestazioni di morbosità e alle situazioni riscontrate nella popolazione della Capitanata e in particolar modo del Gargano e dei Monti Dauni” Queste le motivazioni che hanno spinto il Presidente del Gruppo POPOLARI, Napoleone Cera, all’inoltro di una interrogazione urgente al Presidente della Giunta, nonché all’Assessore all’Ambiente della Regione Puglia. “L”interrogazione, prosegue Cera, serve perché si proceda con urgenza a controlli e analisi specifiche sul territorio per monitorare adeguatamente sia la qualità dell’aria, sia le falde acquifere e di superficie, utilizzando le competenze di ARPA Puglia e delle ASL territorialmente competenti”.

TRIVELLE, SI’ DELLA CONSULTA AL REFERENDUM

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Chiunque vinca il referendum, non ci sarà alcuna nuova trivellazione. Questa, secondo fonti di governo, la posizione dell’esecutivo dopo la decisione della Corte Costituzionale che ha dichiarato ammissibile solo uno dei sei quesiti presentati in materia di estrazione di idrocarburi.  Da Palazzo Chigi ritengono sbagliato impostare il quesito come “trivelle sì o trivelle no”. Il governo difende tuttavia l’attuale norma della legge di stabilità che “dice che la concessione dura finché dura il giacimento. Il che significa garantire la manutenzione degli impianti, l’impatto ambientale degli stessi e anche circa cinquemila posti di lavoro”. Il quesito riguarda la durata delle autorizzazioni a esplorazioni e trivellazioni dei giacimenti già rilasciate. A proporlo sono stati nove Consigli regionali (Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise). Questo stesso quesito era già stato dichiarato ammissibile dalla Cassazione.

“Per festeggiare – ha commentato il governatore della Puglia, Michele Emiliano – organizzerei un corteo con le automobili”. Il presidente Renzi “dev’essere contento perché quando il popolo irrompe sulla scena della democrazia, chi è iscritto al Partito democratico dev’essere contento per definizione”, ha continuato Emiliano, “la campagna referendaria contro le trivelle, comincia subito”. I quesiti referendari proposti erano in tutto sei. In un primo tempo l’Ufficio centrale presso la Corte di Cassazione li aveva accolti tutti. Ma il governo ha introdotto una serie di norme nella legge di Stabilità che hanno messo mano alla materia, ribadendo il divieto di trivellazioni entro le 12 miglia mare. (repubblica)

CERCASI “BIA”

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Ci è giunta una richiesta di pubblicazione della scomparsa un cane di nome “Bia”. La zona interessata dovrebbe essere quella dell’ospedaletto e della stazione, ma è interessato tutto il nostro territorio. Chiunque può fornire informazioni e notizie su “Bia” è pregato di mettersi in contatto con questo numero: 327-4663654.

PRESIDENZA ASP ZACCAGNINO E DIRITTO DI “SANNICANDRESITA’”

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Carissimo Direttore, permettimi un commento sulla pubblicata nota del presidente Nicandro  Di Salvia  (SEL)  e   di  Loredana Di Salvia  ( Forza Italia),  finalizzate  alla  riconferma  solo e soltanto   di   un “sannicandrese”    alla presidenza   dell’ASP Zaccagnino   per  i prossimi 5 anni. Risultando finora la nuova nomina da parte del presidente della Regione Puglia, evidentemente ostacolata da  diverse  indicazioni della politica   già  a livello  locale  che incuranti del tiro di corda, hanno sottovalutato la possibilità  che  una  persona  “ terza ” (e  non residente in San Nicandro Garganico  o addirittura  una  donna),  potesse risolvere l’insorta controversia  tra  le  correnti di partito. Ben sapendo lo scrivente che,  in questo specifico settore  “socio sanitario”  la  Regione Puglia paga decenni di arretratezza legislativa, non adeguatamente  supportata  da specifiche professionalità  acquisite nel tempo  e  dalla carenza  di  investimenti, pur già presenti da anni in altre e  ben note realtà  regionali.  Infatti nell’Emilia Romagna da anni (e più o meno gratuitamente dal reddito) vengono offerti    svariati servizi alle persone disagiate e che non corrispondono minimamente agli “standard qualitativi”   tutt’ora  in atto  a  livello  locale e  regionale  con  l’apporto continuativo  di  tutti  i Comuni direttamente  interessati  dalle  aree  d’ ambito. La stessa costituzione giuridica  delle   ASP  presenti sul  territorio  nazionale     hanno caratteristiche  strutturali   diverse dalla  nostra,   per l’apporto  di   capitale   privato   e  di  “fondazioni”    particolarmente  sensibili  alla  ricerca   di   personalità  dotate  di  particolari  sensibilità  e  capacità, non  certamente  in  uso   a soggetti  rigeneratisi   dopo anni  di abbandono  dalla   politica   attiva  e  dal confronto  pubblico e di   piazza.

Ed ora, quasi a  cose fatte  (e svanita la possibilità  di  una riconferma  dell’ex presidente Di Salvia ) la politica   locale  vorrebbe  dettare le  ulteriori condizioni sul presunto   diritto e “presupposto popolare “ di poter    essere  nominato  solo  un “ sannicandrese “ alla presidenza dell’ASP – Zaccagnino. E quindi, perché   non augurarci  la nomina a breve di un  Presidente  “esterno“ agli ambiti dei  territori di proprietà dell’ASP –  Zaccagnino (ed ancora meglio se donna), qualora dotato di conoscenze,  caratteristiche  di  piena “ autonomia  e  professionalità “ ? Infatti solo così ci potrà essere un diverso impulso  alle attività  ed  alla  gestione  amministrativa e funzionale dell’Ente, che provvederà  anche  alla successiva  nomina di  un nuovo   “direttore generale“  ed un Vice Presidente,  per portare  avanti con  “ discontinuità “  la programmazione   dei   prossimi  5 o 10 anni ?

Con questo non voglio dilungarmi sugli aspetti gestionali ed  operativi dei servizi  finora   avviati  e  non  portati a termine in questi   5  anni ed 8 messi,  con  i relativi  “ costi – benefici “,  riguardanti  :

a) la  realizzazione   in località  S. Nazario   di una struttura entrata  solo di recente in funzione  ed un’altra  in fase di ristrutturazione al corso Garibaldi, rimasta ferma con le “quattro frecce accese“  alla  sola  sostituzione  del  tetto di copertura, realizzate entrambe e con il progetto denominato “Dopo di noi”, su vecchie  progettazioni preliminari fatte redigere dall’ex Commissario Straordinario , dr. Michele  Di Bari   in servizio presso la Prefettura di Foggia. E, divenute l’oggetto di altre e  diverse  progettazioni  dichiarate   dal presidente Di Salvia come  esecutive (???), per  le nuove  imposte  destinazioni d’uso attribuite  al  so  fine di  ricercare,   attraverso “riscaldate minestre “ da offrire in pasto alla stampa, i  necessari consensi e  finanziamenti di competenza Regionale.

b) il  possibile quanto evidente  contenzioso  che  deriverà   anche  nel caso  di   finanziamento  Regionale   dei progetti dichiarati già come   “esecutivi ”    ed   affidati   inizialmente  senza gara pubblica a  noti  “compagni di merende”,   nonché  dagli evidenti   ritardi  nell’esecuzione delle  opere  di ristrutturazione degli immobili  di corso Garibaldi, rigenerati in dipendenza  di    improvvisati  stralci   finanziari,   non  definiti preventivamente  nel tempo  da  un progetto generale, non  condiviso  inizialmente e funzionalmente dalla  stessa  Regione Puglia.

D’altronde  leggendo   la nota  pubblicata   solo qualche giorno addietro,  che si dice  essere stata   inviata al  Presidente della Regione Puglia e che riporto  solo  per comodità  di consultazione  e  stralcio nel  virgolettato,    ci si  può rendere conto  personalmente   in   quali  mani   siamo finiti nella  gestione della  “cosa pubblica “   sottoposta ai controlli interni dell’ASP e del Comune :  “  Nei mesi scorsi ti inviai, unitamente ad una relazione finale dell’attività svolta, una nota, nella quale, fra l’altro, ti chiedevo di confermarmi nella guida di questa Asp. Quella richiesta te la feci con molta riluttanza. Mi spinse una motivazione semplice: cinque anni non sono stati sufficienti per portare a termine l’ambizioso programma e, quindi, per il bene dell’Asp Zaccagnino, sarebbe stato utile assicurare una continuità amministrativa. Quando dico che quella richiesta la feci con riluttanza, ti prego di credermi. Purtroppo ho una formazione particolare, che mi deriva da una lunga militanza nel P.C.I.. I compiti che mi vengono affidati li svolgo con eccessiva passione: in questi cinque anni, la guida di questa Asp ha assorbito ogni spazio della mia vita. Una dedizione totale. Ho versato sudore e sangue. Prima di salutarti, vorrei trasmetterti una riflessione: la storia della Fondazione Zaccagnino si intreccia in maniera forte con la storia della mia città”. 

A  quanto scritto , a firma dell’ex presidente Di Salvia (ed ex sindaco della città), non voglio aggiungere  alcun  ulteriore  giudizio personale,  se  non quello che la città di San Nicandro Garganico, per responsabilità  diretta di passate  amministrazioni  giudicate dal Sindaco C. Squeo  come “scellerate”,  per  aver  procurato alle casse del Comune, debiti  poi  definiti o definibili come  “ fuori bilancio”  dalla Commissione Ministeriale,  per oltre a  20 milioni di euro , circa 40 miliardi delle vecchie lire,  risulta   ancora  in  procedura di  dissesto finanziario  con limitazione ed aggravio economico dei servizi,   dopo la  delibera del C. S.  n° 01/2012, le cui  responsabilità   personali sono  tutt’ora in fase di accertamento e quantificazione  da parte della Procura della Corte dei Conti di Bari.

Un ultimo invito,  del  tutto  personale, ritengo utile ed auspicabile rivolgere  con la presente  al  direttore  di questo  giornale di informazione “on – line”  e   riguarda  la possibile  organizzazione e  mediazione   sull’avvio  di un dibattito pubblico sul tema “di cosa si occupa il servizio sociale”,   da organizzare nei  locali    abbandonati    dell’ ASP Zaccagnino,   non appena  ci sarà la   presentazione  del nuovo presidente  dell’ASP Zaccagnino e  la     programmazione  ed il   bilancio triennale  2016/2019, al quale non mancherà  certamente  la mia diretta e fattiva  partecipazione  su questi ed altri argomenti d’ambito intercomunale, dopo  l’udienza del  17.12.2015 presso il Tribunale di Foggia, per le note  inchieste avviate e riportate a mezzo  stampa,  di cui si avrà in seguito  occasione di  trattare separatamente.

COMUNICATO CONGIUNTO IN DIFESA DELL’ADRIATICO E DELLE ISOLE TREMITI

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Lunedì 18 gennaio 2016, presso l’Aula consiliare della Città di Manfredonia, si è tenuto il previsto incontro, promosso dalla Rete NoTriv, per ribadire il NO alla ricerca del petrolio nel mare Adriatico al largo delle Isole Tremiti, autorizzata il 22 dicembre scorso dal Ministero dello Sviluppo economico alla Petroceltic Italia srl.

L’Adriatico, mare chiuso e dagli equilibri ambientali fragili, già gravato da 78 concessioni funzionanti per l’estrazione di gas e di petrolio, 17 permessi di ricerca già rilasciati nell’area italiana e 29 in fase di rilascio in quella croata, cui si aggiungono 24 ulteriori richieste, non può sopportare altri carichi.

Ribadiamo, ancora una volta, la nostra ferma contrarietà alla ricerca di idrocarburi nell’Adriatico poiché rappresenta un’offesa alla bellezza e alla biodiversità del mare, un danno per altri settori strategici della nostra economia, come il turismo, la pesca e la blu economy. La scelta petrolifera è un rischio senza benefici per le comunità costiere e per tutto il Paese: il greggio presente nel sottosuolo marino italiano, stimato in circa 10 milioni di tonnellate, di scarsa qualità, soddisferebbe il fabbisogno energetico nazionale per appena due mesi con scarsi effetti sull’indipendenza energetica dell’Italia.

In cambio, alla scarsità dei vantaggi corrisponde la grande preoccupazione che desta l’estrazione degli idrocarburi in mare per le possibili perdite sia normali, sia per incidenti, con i danni che deriverebbero per le zone costiere che vivono di turismo e di pesca.

A tale rischio si aggiungono, nell’attuale fase, i danni alla fauna ittica causati dalla tecnica utilizzata per l’individuazione dei giacimenti di idrocarburi, attraverso il cosiddetto airgun. Tale pratica di ricerca, che il Governo ha autorizzato in prossimità delle Tremiti, può avere effetti a decine di chilometri di distanza, almeno 50 (rapporto ISPRA del Maggio 2012) in quanto le esplosioni delle prospezioni sismiche producono fortissimo rumore che investe l’ambiente marino. Le Isole Tremiti sono a 24 km dalla area in cui è stata autorizzata, da parte Ministero dello Sviluppo economico, la ricerca della Petroceltic in un ambiente delicato come quello dell’Adriatico e in prossimità di una delle più belle aree protette marine del Pianeta.

Non possiamo permettere che avvenga tale violazione del mare. Dobbiamo assumerci il compito e la responsabilità di proteggere l’Adriatico per difendere un patrimonio naturalistico unico, un ecosistema importantissimo per l’economia dell’Italia e degli altri Paesi ionio-adriatici e dell’Europa: le bellezze naturali dei luoghi, la cultura, la storia, le attività economiche che sostengono queste comunità costiere.

A questa scelta di ulteriori sacrifici ambientali e rischi, l’Assemblea chiede di poter istituire un tavolo di confronto al Governo Nazionale e alla Regione Puglia sui temi centrali della politica energetica e sui nuovi indirizzi mondiali sui cambiamenti climatici. A questo proposito, la Regione Puglia ha già avviato politiche importanti di conversione energetica.

Ritiene, inoltre, che un tavolo di confronto e di condivisione per ulteriori scelte sul piano energetico potrebbe favorire gli stessi indirizzi e investimenti delle imprese del settore.

Chiede, quindi, di condividere le scelte con le popolazioni locali perché ciò può rigettare proposte incompatibili ed insostenibili dal territorio e favorire soluzioni coerenti e importanti per lo sviluppo locale; d’istituire, inoltre, un tavolo di confronto sui temi della blu economy e della direttiva Eusair-Macroregione Ionio-Adriatica, sui temi della pesca sostenibile, della qualità ambientale e sulla sostenibilità del turismo e dei trasporti nei nostri mari, di straordinaria importanza ecologica.

L’Assemblea, fermamente convinta a condurre la lotta con ogni mezzo democratico, chiede al Governo di REVOCARE L’AUTORIZZAZIONE alla Petroceltic Italia srl.
Qualora i ministeri dovessero perseverare nell’assurda politica energetica cui condannare l’Adriatico e che espone l’Italia ad eventuale procedura d’infrazione del diritto comunitario, impugneremo l’autorizzazione alla Petroceltic innanzi al TAR del Lazio.

L’Assemblea, infine, prosegue l’impegno della battaglia referendaria.

Il presidente della Regione Puglia,
il presidente della Provincia di Foggia,
il presidente del Parco Nazionale del Gargano,
i sindaci dei Comuni pugliesi,
le associazioni ambientaliste,
la rete NOTRIV

CHI AFFONDA QUANDO LE BANCHE VENGONO SALVATE

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Bail-in: questa parola sta entrando nel nostro vocabolario, come accadde qualche anno fa allospread, e diventa motivo di preoccupazione per i risparmiatori italiani, dopo il caso delle quattro banche (Banca Marche, Popolare Etruria, CariFerrara e CariChieti) che sono state “salvate” dal governo nel novembre 2015, imponendo allo stesso tempo pesanti perdite agli azionisti e ai detentori di obbligazioni subordinate. La domanda che molti si fanno è: ma se quelle banche sono state salvate, come è possibile che i risparmiatori abbiano dovuto subire tali perdite? La sorpresa e lo scontento sono stati così forti che il governo è intervenuto con un secondo provvedimento, volto a risarcire i risparmiatori più colpiti. La risposta alla domanda è abbastanza semplice: in Europa, le regole che riguardano i salvataggi bancari sono cambiate. A partire dall’inizio di quest’anno, è in vigore una nuova direttiva europea (Bank Recovery and Resolution Directive), i cui effetti erano stati in parte anticipati al 2013 dalla Commissione UE. La direttiva impone che, prima di utilizzare fondi pubblici per salvare una banca, una quota consistente delle perdite accumulate nella passata gestione venga addossata agli azionisti e ai creditori. Questi soggetti non sono tutti sullo stesso piano, anzi c’è un ordine preciso. I primi a essere colpiti sono gli azionisti. Se ciò non basta, si passa alle obbligazioni subordinate. Poi viene il turno delle obbligazioni ordinarie. Infine, potrebbero essere chiamati in causa anche i depositanti, per le somme che eccedono i 100mila euro: fino a questo limite i depositi sono protetti dalla assicurazione e sono esenti dal bail-in. La ragione delle novità sta nelle ingenti somme spese da alcuni governi europei per salvare le banche dei loro paesi durante gli anni più neri della crisi finanziaria, dal 2008 al 2013. Quelli che hanno speso di più sono stati Germania e Regno Unito, seguiti da Irlanda, Spagna, Grecia, Belgio e Francia. La reazione dei governi, e dei loro elettorati, è stata: d’ora in poi, non si può addossare tutto il costo dei salvataggi bancari ai contribuenti. Per questo è stato introdotto ilbail-in, che obbliga azionisti e creditori a contribuire al salvataggio di una banca in crisi. La parola stessa, bail-in, si contrappone al termine inglese bail-out, con il quale venivano chiamati i salvataggi vecchio stile, completamente a carico dello Stato.

L’Italia era stata finora ai margini della vicenda. Negli anni bui della crisi finanziaria, il governo italiano ha speso somme insignificanti rispetto a quelle impiegate da altri paesi europei per sostenere il sistema bancario. Ciò è avvenuto grazie al fatto che le nostre banche erano molto meno esposte ai prodotti della cosiddetta finanza “tossica”, come i titoli derivati. Tuttavia, la crisi dell’economia reale si è poi fatta sentire anche sui bilanci delle banche italiane, che hanno accumulato una mole consistente di “sofferenze”, cioè di prestiti che (in parte) non verranno restituiti. Ora questo si riflette nella crisi di alcuni istituti di dimensione medio-piccola, che hanno la necessità di essere salvati con il contributo pubblico, dove “pubblico” vuole dire a carico del sistema bancario nel suo complesso ed eventualmente dello Stato. E qui interviene il bail-in: per ridurre al minimo possibile il contributo pubblico, gli azionisti e i creditori della banca “salvata” devono fare qualche sacrificio. Si dirà: prima gli altri governi europei hanno aiutato le loro banche, proteggendo completamente i risparmiatori; adesso che tocca a noi fare interventi di sostegno a qualche piccolo istituto, ci dicono che le regole sono cambiate e che i risparmiatori devono contribuire. È vero, però bisogna ricordare che le nuove regole europee le abbiamo approvate anche noi, o meglio i nostri rappresentanti nelle istituzioni europee: Commissione, Parlamento, Consiglio dei ministri. Le regole relative ai salvataggi bancari fanno parte del più ampio progetto di Unione bancaria, che ha avuto il pieno appoggio dell’Italia nelle trattative internazionali. Quindi i casi sono due: o i nostri rappresentanti non sapevano cosa stavano approvando, oppure lo sapevano, ma non hanno avuto la forza per opporsi all’introduzione di regole destinate ad avere pesanti ripercussioni sui risparmiatori italiani.

Che fare adesso? Ormai la frittata è fatta, e lanciare invettive contro l’Europa non serve a nulla, se non a screditare le istituzioni europee. Il principio del bail-in è stato incorporato nelle nostre leggi, e come tale va rispettato. Quello che bisogna fare è informare i risparmiatori del nuovo regime e dei rischi che comporta. Ciò deve avvenire senza fare allarmismi, perché la maggior parte delle banche italiane sono solide e con tutta probabilità non avranno bisogno di essere “salvate”. Però, una dose maggiore di trasparenza è senz’altro necessaria. Nel caso delle quattro banche salite all’onore delle cronache, la trasparenza è stata davvero scarsa. La Commissione europea, in una sua comunicazione del luglio 2013, aveva sostanzialmente anticipato il principio del bail-in, limitatamente alle azioni e alle obbligazioni subordinate. Per capire cosa sono queste ultime bisogna ricordare che, in caso di fallimento di una banca, i detentori di obbligazioni subordinate vengono rimborsati solo dopo che le attività della banca stessa sono state usate per rimborsare tutti gli altri creditori. In altre parole, le obbligazioni subordinate sono una via di mezzo tra le azioni e i normali debiti di una banca. Ma soprattutto, dall’agosto del 2013, sono aggredibili in una procedure di salvataggio bancario. Quanti investitori tra quelli colpiti dal salvataggio delle quattro banche sapevano cosa sono le obbligazioni subordinate? Quanti sapevano dei rischi che comportano, non solo in caso di fallimento, ma anche di salvataggio? Individuare le responsabilità delle banche e delle autorità in questi casi specifici è doveroso. Tuttavia, per il futuro è ancora più importante che ci sia l’impegno a migliorare l’informazione che viene data ai clienti. Speriamo in bene.

MACROREGIONE, FIRMATO L’ACCORDO: LA CAPITANATA DEVE SVEGLIARSI

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Sempre attento e vigile sui problemi che riguarda lo sviluppo ed il futuro della Capitanata, Franco Antonucci scrive a me e ai lettori ed amici di Lettere Meridiane per informarci che “ieri, 15 ottobre 2015, presso l’Aurum di Pescara è stato siglato il Patto della Macroregione adriatica per l’interconnessione comunitaria con l’Est Adriatico.”

“Era presente – aggiunge Antonucci – il Governatore della Puglia, Michele Emiliano. L’obiettivo è quello di rendere più veloce e flessibile l’intero Corridoio Adriatico (da Nord a Sud), nei confronti delle relazioni trans-balcaniche nel “lago” dell’Adriatico, che avvicina sempre più le sponde frontaliere.”  Secondo Antonucci, “problema primario e prioritario è quello della eliminazione delle strozzature che al Sud e nella provincia di Foggia in particolare, non sono poche. Ma quali sono le altre e più generali prerogative essenziali che la Capitanata deve “difendere”, per assicurare una propria presenza strategica in un contesto regionale, che non sempre equilibra le situazioni di una Regione troppo lunga, facilitando certe “marginalità”, volute o determinate da disattenzioni interne? E come? E Quando? Capitanata Cerniera strategica nord-orientale del Meridione. Capitanata Raggiera lunga Inter-Territoriale. Capitanata nodo di intersezione mediana tra Dorsale adriatica e Trasversale Tirreno-Adriatica. Polo logistico integrato di Incoronata (Scalo ferroviario intermodale). Porto Alti Fondali di Manfredonia, grande struttura dalla stessa Regione dimenticata… Come vegliare sulla vicenda?”

Vegliare sulla vicenda prima di tutto rialzando la soglia dell’attenzione verso i grandi temi dello sviluppo, che sembrano finiti nel dimenticatoio. Gli interrogativi che si pone il tecnico foggiano sono pesantissimi, e riguardano temi nevralgici per il futuro della Capitanata. In buona sostanza, la provincia di Foggia dovrebbe (deve) decidere quali delle opzioni indicate da Antonucci scegliere e praticare. Ma per scegliere occorrerebbe una politica pensante, veramente pensosa del futuro. Il disegno che illustra il post è tratta dalla presentazione di un seminario che si è svolto qualche settimana fa sul tema “come comunicare la macroregione”.

L’immagine mostra come il Gargano venga del tutto tagliato fuori dal corridoio, compreso quel porto di Manfredonia che potrebbe diventare, invece, un tassello decisivo nelle politiche di interconessione.  La sfida è importante, forse decisiva. La capacità di veglia invocata da Antonucci pare però, ahoinoi, oltremodo bassa. (letteremeridiane)

SAN NICANDRO: RACCOLTA DIFFERENZIATA, ECOTASSA 2016 PIU’ BASSA DELL’ARO FG5

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Con l’approvazione definitiva delle aliquote relative all’ecotassa per il deposito in discarica dei rifiuti relativa al corrente anno 2016, San Nicandro e Cagnano Varano sono i più virtuosi. Infatti queste le aliquote per ogni singolo comune del nostro Aro: Cagnano 11,62 euro per tonnellata, San Nicandro Garganico 11,62 euro per tonnellata; segue poi Ischitella 19,77 euro per tonnellata e poi gli altri comuni Carpino, Ischitella, Isole Tremiti, Peschici, Rodi Garganico, San Marco in Lamis e Vico del Gargano che pagheranno 25,82 euro per tonnellata.

FILASTROCCA DI SANT’ANTONIO ABATE

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Il porcellino di S. Antonio
ingannò il demonio
con al collo la campanella
aggirò la sentinella
nell’inferno s’intrufolò
tutto il giorno lì restò.
Tra i diavoli vi fu scompiglio
non trovando il nascondiglio
chiesero al Santo per cortesia
affinché se lo portasse via
e Lui col bastone
li rubò il tizzone.
Il diavolo arrabbiato
contro i due ha scagliato
il coltello al porcellino
al Santo un carboncino
e per colpa del demonio
ebbe il fuoco S. Antonio.
Il porcello non fu sepolto
ma squartato in ogni parte
per mantenere a tante lune
fece la carne a salume
rase i peli col coltello
e confezionò dei pennelli
con il sangue la farinata
con il lardo la pomata.
La gente di ogni loco
fa cerchio intorno al fuoco
danza e canta mascherata
per non essere individuata
beve vini saporiti
fa legumi abbrustoliti
carne arrosta con il sale
fino a tutto Carnevale.
Così passa l’inverno
e il diavolo resta all’Inferno.
Viva evviva S. Antonio
che ha gabbato il demonio.

Antonio Monte

DA APRICENA ALLA CASA BIANCA: BEVILACQUA IN CONCERTO

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Originario di Apricena, docente del conservatorio Umberto Giordano di Foggia, interprete e compositore di musiche per mandolino, Bevilacqua terrà un ciclo di cinque concerti negli Stati Uniti, uno dei quali avrà luogo in forma privata alla Casa Bianca per la famiglia Obama e i suoi ospiti insieme a diplomatici italiani negli Usa.

Con un repertorio che va dal consueto periodo barocco fino alla grande musica del Novecento, la sua tournèe inizierà da Belmont in North Carolina, il 23 gennaio dove Bevilacqua si esibirà nell’ambito della stagione concertistica del Belmont Abbey College. Sarà la volta del College di Charlotte e del College di Davidson per il secondo e terzo concerto, in programma il 3 febbraio.  E poi sarà ospite d’onore di un concerto del Consorzio liutai di North Carolina, a Lenoir.

Classe 1962, Matteo Bevilacqua intraprende lo studio del mandolino a 6 anni, dietro la scia del papà autodidatta e sotto la guida del maestro Vincenzo Scanzano. A 7 anni il suo primo concerto in cui esegue a memoria 35 brani di cultura popolare italiana. Famosi musicisti italiani lo notano e lo avviano allo studio del violino. La sua carriera continua con la laurea, con il massimo dei voti, al Conservatorio Umberto Giordano di Foggia. Da lì il suo percorso con il violino vincendo numerosi concorsi ed effettuando concerti in Italia ed Europa. Una strada seguita senza mai trascurare lo studio del mandolino: quando, infatti, viene istituita la cattedra per mandolino in Italia, lui si laurea al conservatorio di Padova e diventa uno dei primi in Italia ad acquisire questo titolo e il primo in Puglia. (ilrestodelgargano)

BONUS CULTURA, NON TUTTI I DICIOTTENNI SONO UGUALI

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Ha fatto molto discutere il bonus di 500 euro previsto per i giovani che compiranno diciotto anni nel 2016. L’incentivo è legato alla spesa per attività culturali (per esempio, acquisto di libri, ingresso a musei, cinema e teatri) ed è volta a ridurne il vincolo di costo. Alla fine dell’anno sarà interessante vedere se il bonus sarà stato utilizzato e in quale misura avrà portato giovani che altrimenti non lo avrebbero fatto a frequentare luoghi di cultura. Il bonus interessa solo i ragazzi italiani e stranieri comunitari che diventeranno maggiorenni nel 2016. Ne sono esclusi invece i giovani extracomunitari (comma 979) che sono cresciuti in Italia, hanno frequentato la scuola italiana e probabilmente faranno richiesta della cittadinanza italiana secondo la normativa vigente. È un’opportunità persa, dato che il loro numero non è elevato e quindi con un costo ridotto si sarebbe potuto realizzare un passo importante per l’integrazione anche culturale di nuovi cittadini italiani. Sono 46.538 i giovani stranieri presenti in Italia che compiranno diciotto anni nel 2016 secondo i dati Istat (8 per cento dei diciottenni italiani). L’Istituto sfortunatamente non distingue per nazionalità, dunque non è possibile sapere quanti di questi non sono cittadini europei. Ipotizziamo, per semplicità, che gli extracomunitari siano la metà, ovvero 23.269. Garantire anche a loro il bonus, se tutti ne usufruissero fino all’ultimo centesimo, costerebbe 11 milioni di euro. Per il bonus ai 570.959 giovani italiani che diventeranno diciottenni nel 2016 la legge di stabilità (comma 780) ha autorizzato una spesa decisamente maggiore, 290 milioni. I dati del ministero Istruzione, università e ricerca ci permettono di conoscere con maggior chiarezza quanti siano gli studenti stranieri iscritti nelle scuole di secondo grado italiane: nell’anno scolastico 2013-14 erano il 7 per cento del totale. I dati distinguono almeno in parte le diverse nazionalità degli studenti nella scuola secondaria e mettono in evidenza che 33.483 compiranno diciott’anni nel 2016 (13mila giovani stranieri presenti nei dati Istat non compaiono in quelli del Miur, probabilmente perché non frequentano più la scuola, ma è difficile sapere quanti sono gli extracomunitari). Sulla base delle nazionalità più rappresentate nelle scuole secondarie italiane, possiamo calcolare che gli oltre 33mila giovani che non usufruiranno del bonus sono albanesi (13,4 per cento), marocchini (12,6 per cento), cinesi (4,9 per cento), filippini (3,1 per cento), moldavi (3 per cento) e indiani (3 per cento). I dati Miur ci dicono anche che la percentuale di alunni stranieri di seconda generazione nelle scuole secondarie è pari al 15 per cento. Molto probabilmente, dunque, diversi tra questi ragazzi albanesi, marocchini o cinesi sono nati e cresciuti in Italia, ma saranno comunque esclusi dal bonus.

La scuola italiana si caratterizza per un approccio inclusivo e accoglie nelle aule minori stranieri regolari e non, favorendone così l’integrazione già dalla giovane età. Gli insegnanti ricoprono un ruolo determinante nel processo di integrazione e assimilazione perché formano i futuri cittadini, insegnando loro la nostra cultura e storia e facendogli seguire lo stesso percorso formativo dei coetanei italiani. Allo stesso tempo, abitua i futuri cittadini al rapporto con lingue, abitudini e culture diverse, per vivere in un mondo sempre più globale. Né va dimenticato che la scuola è il luogo dell’apprendimento della lingua italiana, che per molti studenti extracomunitari è la chiave per integrarsi e raggiungere una mobilità sociale. Il processo andrebbe sempre accompagnato da varie attività, per esempio, l’educazione all’arte tramite la visita di mostre e l’approfondimento della cultura italiana con lo studio e la lettura di testi italiani, ma anche attraverso il nostro teatro e il nostro cinema. Se la scuola è il punto di partenza per integrare i nuovi arrivati, l’esclusione dei futuri diciottenni extracomunitari dal bonus di 500 euro non aiuta la sfida della integrazione di giovani che la frequentano e che molto probabilmente rimarranno in Italia anche dopo la conclusione del percorso di studio. La legge di stabilità 2016 è stata approvata in via definitiva il 22 dicembre ed è ormai tardi per modificarla. Tuttavia, questa occasione persa deve far riflettere, per evitare di ripetere in futuro lo stesso errore. Una maggiore integrazione prevede incentivi economici non discriminanti, che diano l’opportunità anche agli stranieri di appassionarsi, insieme agli italiani, alla nostra cultura.

L’ULIVO PIU’ GRANDE DELLA PUGLIA SI TROVA NEL PARCO DEL GARGANO

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Gli ulivi secolari della Puglia presto potrebbero diventare patrimonio Unesco. Tra questi il “Colosso” di Mattinata, un ulivo millenario presente nel fondo agricolo del signor Pietro Prencipe in agro di Mattinata. A segnalare la presenza di questo albero monumentale sono stati i naturalisti Angela Rossini e Giovanni Quitadamo, autori di diversi libri sulle orchidee spontanee e grandi cultori della botanica del Parco Nazionale del Gargano. Secondo Rossini e Quitadamo, l’ulivo di contrada Macchione è il più grande di tutta la Puglia e il suo tronco misura 14 metri di circonferenza. Il proprietario Pietro Prencipe, 84 anni, ci ha raccontato che è riuscito a raccogliere fino a sette quintali di olive della varietà di ogliarola garganica. Da Mattinata parte l’ennesima richiesta per il riconoscimento da parte dell’Unesco di Patrimonio dell’Umanità. Gli ulivi del Gargano e della Puglia sono un raro esempio di arte naturale, al pari dei monumenti costruiti dall’uomo nel corso dei secoli e costituiscono un bagaglio di storia, di cultura, di vita popolare e di tradizioni.

CHIESA SAN GIORGIO, DOMANI FESTEGGIAMENTI PER SANT’ANTONIO ABATE

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La Confraternita Maria SS di Costantinopoli della Chiesa di San Giorgio continua, come ogni anno, a festeggiare il Santo cui è intitolata la chiesa. Il clou della manifestazione è per domani 18 gennaio. Oltre le consuete messe delle ore 8:00 e delle ore 18:30, sono previsti i festeggiamenti esterni dalle ore 19:30 con la benedizione degli animali davanti la chiesa. Seguirà alle ore 20:00 la 4^ sagra di Sant’Antonio Abate intorno al grande falò con musica e canti.

CONCESSIONE DEL FARO DELLE ISOLE TREMITI, PRESENTATE TRE PROPOSTE

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Nell’ottobre scorso sono partiti i bandi per la concessione di strutture da sottrarre al degrado. L’Agenzia del Demanio, insieme a ministero della Difesa ed enti territoriali, aveva messo a punto i bandi dedicati alla concessione sul mercato della rete dei fari. Totale di 11 fari tra cui c’è quello del faro di San Domino delle Isole Tremiti. L’obiettivo è stati quello di sottrarre al degrado quegli affascinanti tasselli di passato e valorizzarli. Sono infatti tutti funzionanti e automatizzati – le lanterne, insomma, fanno il loro lavoro – il problema sta negli edifici, in stato di abbandono. Per ciascuna struttura è stato cucito un bando specifico per concessioni anche fino a 50 anni. I fini del recupero non sono solo turistico-ricettivi. Il bando di gara si è concluso con una grande partecipazione del territorio, ma anche dell’associazionismo sociale e ambientale, dell’imprenditoria immobiliare e di investitori esteri.

Per partecipare alle gare, che prevedono l’affitto delle strutture per 50 anni, i bandi sono stati aperti dal 12 ottobre con la gestione dell’Agenzia del Demanio e del Ministero della Difesa, “con alcune differenze dovute alle peculiarità dei diversi fari”, ricorda una nota dell’Agenzia. “Per partecipare alla gara, era necessario presentare un progetto di riqualificazione e valorizzazione e un’offerta economica libera”.

Per il faro di San Domino alle isole Tremiti sono pervenute tre offerte. Ora si parte con la seconda fare: apertura dei plichi pervenuti e verifica della documentazione presentata. Le proposte idonee saranno valutate secondo il criterio dell’offerta “economicamente più vantaggiosa2, data dalla proposta progettuale, valutata con punteggio pari al 60%, e dalla proposta economica, a cui può essere assegnato un punteggio massimo pari al 40%. La valutazione della proposta progettuale terrà conto di elementi qualitativi quali: soluzioni di recupero del faro, manutenzione, fruibilità pubblica, contributo allo sviluppo locale sostenibile e la possibilità di creare un network tra più strutture, attraverso una rete di servizi e attività condivise”. I progetti devono in particolare destinare i fari ad “accogliere iniziative ed eventi di tipo culturale, sociale, sportivo e per la scoperta del territorio insieme ad attività turistiche, ricettive, ristorative, ricreative, didattiche e promozionali”.

LA PRO LOCO E IL NOSTRO CARNEVALE

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L’Associazione Pro Loco risponde ad un articolo di qualche giorno fa di Civico93 su “Cosa bolla in pentola per il Carnevale 2016”

La salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio culturale costituiscono uno dei compiti fondamentali dello Stato, così come indicato dall’art. 9 e dall’art. 117 della nostra costituzione. L’art. 117 della costituzione prevede che le Regioni possono emanare norme in materia di “valorizzazione dei beni culturali, ambientali, promozione e organizzazione di attività culturali” purché non in contrasto con i principi e le direttive delle leggi dello Stato. In chiave di promozione del patrimonio culturale assumono un ruolo determinante sul territorio le associazione Pro Loco, punti di riferimento sicuri ed autentici baluardi del patrimonio culturale e storico delle nostre località e fedeli custodi delle più antiche tradizioni. Infatti esse, da sempre, sono le principali custodi dei tesori dell’arte e delle tradizioni popolari; dalle ballate ai canti dialettali, alle ricette, alla gastronomia popolare. Ricercare, mantenere, valorizzare queste memorie promuovendo manifestazioni, feste, iniziative, eventi di diverso genere alla continua scoperta di suggestioni ed itinerari che mettono in luce tutte le bellezze, le bontà naturali e la genuinità dei prodotti della terra, è da sempre obiettivo comune a tutte le Pro Loco. Sta di fatto che in un territorio comunale, provinciale, regionale gli eventi e le manifestazioni più significative sono quelle promosse dalle Pro Loco; anche perché sempre presenti sul territorio, rappresentano la continuità rispetto alle iniziative promosse da privati o enti pubblici che programmano limitati nel tempo.

Questo mio sfogo non è mirato ad eleggere la Pro Loco Sannicandro quale unica associazione preposta ad eventi di qualsiasi genere, ma come invito, da quando ci siamo costituiti, alle varie associazioni a collaborare avendo tutti un unico obiettivo. E’ giusta la domanda che ti fai: “Cosa bolla in pentola per il Carnevale 2016?”, forse vi è anche la risposta. La nostra associazione è, come una pentola (metaforicamente parlando) dove bollono tante idee confortate anche dall’esperienza di questi anni che ci ha fatto constatare come personaggi come “Tr’ppetta” e Cusumicchj” ce ne sono tanti tra i nostri giovani che andrebbero incoraggiati e sostenuti.

Relativamente poi all’invito ai partecipanti ai veglioni di rallegrare le strade cittadine, sarebbe davvero spettacolare vedere i nostri compaesani, con indosso gli abiti nuovi confezionati per l’occasione, sfilare per le strade e animarle con la loro allegria. Così come andrebbero coinvolte le scuole di ogni ordine e grado e far sì che il nostro patrimonio culturale non si perda nel tempo ma ritrovi nelle nuove generazioni il vigore e l’entusiasmo del passato. La Pro Loco vorrebbe scoperchiare questa pentola ma l’impossibilità economica e la mancanza di cooperazione delle associazioni operanti sul territorio fanno sì che la pentola resti ancora chiusa.

Spero che questa mia possa sensibilizzare in qualche modo gli enti preposti e tutti coloro che vogliono per rivivere il nostro Carnevale. Cordialmente.

IERI SERA LEO BONFITTO CON RANIERI SU RAI 1

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Chi ha visto ieri lo spettacolo musicale “Sogno e son desto 3”, in prima serata su Rai1, condotto da Massimo Ranieri ha potuto notare nel corpo di ballo Leo Bonfitto. Con le coreografie di Bill Goodson, l’artista sannicandrese si sta affermando sempre più nel mondo straordinario del balletto come si evince dalle tante apparizioni televisive in trasmissioni di successo e dalle continue tournée in giro per l’Italia e all’estero.

A Leo un grande “in bocca al lupo” dalla nostra cittadina e dallo staff di Civico93 a cui è legatissimo.

IL GARGANO D’INVERNO SUL CORRIERE DELLA SERA

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Passeggiare nell’immensa distesa di faggi, rapiti da un silenzio surreale, interrotto di tanto in tanto dal rumore delle foglie sollevate da un capriolo, esemplare protetto di cui si scorge in lontananza soltanto il profilo. L’immagine di pace e di totale immersione nella natura arriva dalla Foresta Umbra, nel cuore del Parco Nazionale del Gargano. Un posto incantato d’estate come d’inverno, quando in più circostanze la neve rende il paesaggio quasi fiabesco. Come dare torto a Giuseppe Ungaretti quando scriveva che “nella Foresta Umbra sembra che le stagioni si siano incantate in sull’ora di sera; con caprioli, lepri, volpi che vi scappano di fra i piedi; con ogni gorgheggio, gemito, pigolìo d’uccelli”?! E’ l’inverno la stagione che, forse più delle altre, fa conoscere il Gargano in tutta la sua diversità: non solo mare e spiagge meravigliose, ma anche paesi dai vicoli che profumano di pancotto e fave e cicorie, laghi e lagune sulle cui acque danzano migliaia di uccelli svernanti. Un insieme di luoghi dal grande potere spirituale ma dove è possibile anche praticare gli sport più vari. “Il Parco del Gargano – spiega il presidente Stefano Pecorella – è una delle aree protette più importanti a livello nazionale ed europeo, con un territorio dai  paesaggi incredibilmente vari. Si va dalle zone umide di Manfredonia e del Lago Salso alla steppa pedegarganica di San Marco in Lamis e San Giovanni Rotondo, dalla zona boscata della Foresta Umbra e Bosco Quarto a quella delle lagune di Lesina e Varano, passando per la fascia costiera di Mattinata, Peschici, Vieste e RodiSi tratta – continua Pecorella – di un territorio di 18 comuni con una popolazione di oltre 200 mila abitanti. Il Gargano, che vanta anche cinque presidi Slow Food, è il monte più vario che si possa immaginare e che merita di essere visitato in ogni periodo dell’anno. E’ importante far conoscere la vera bellezza di un’area protetta che non è soltanto la natura ed il paesaggio ma enogastronomia, cultura, valori tradizionali della religione”. Il Gargano è anche la destinazione ideale di tanti sportivi che hanno la possibilità di scegliere tra il deltaplano (dal parapetto naturale di Rignano Garganico), il kite-surf sui litorali ventosi di Vieste, il diving alle Isole Tremiti, il trekking ed il cicloturismo attraverso i sentieri del Parco nazionale del Gargano e della Foresta Umbra, la vela grazie alla rete dei porti turistici. Tutto questo fa del Gargano la destinazione ideale del turismo attivo, nella cui categoria rientrano tutte le tipologie di fruizione turistica a basso impatto ambientale e che implicano un impegno del visitatore in diverse attività. Si tratta di una nuova strategia di sviluppo legata ad un’offerta turistica innovativa. “Il nostro territorio – conclude Pecorella – ha tutte le carte in regola per attirare visitatori in ogni periodo dell’anno. D’estate il mare, in primavera le ottanta specie di orchidee, in autunno i colori da tavolozza della Foresta Umbra, in inverno le incantevoli zone dell’entroterra dove si possono degustare piatti della cucina tradizionale”.

FOGGIA, PRETE PEDOFILO CONFERMA CONDANNA

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Condanna confermata per don Nicolangelo Rossi, il prete salesiano di 85 anni, beccato per pedofilia durante la sua permanenza alla parrocchia “Sacro Cuore”, rione Candelaro di Foggia. L’uomo, originario della Campania, secondo la giustizia ha commesso molestato sessualmente su una bambina e condannato a un anno e sei mesi. La Corte suprema ha rigettato, dunque, il ricorso presentato dal difensore del prete che chiedeva l’annullamento della condanna. Il prete fu arrestato a maggio del 2007 e messo ai domiciliari per alcuni mesi. Ha sempre protestato la sua innocenza ma invano. In primo grado infatti, fu condannato a 2 anni, 2 mesi e 10 giorni per una delle 4 imputazioni contestate dalla Procura. Sentenza del Gup del Tribunale di Foggia datata 13 maggio 2011. Invece fu assolto dall’accusa di aver molestato altre tre bambine sempre durante le confessioni. Le bambine ridimensionarono notevolmente le proprie accuse dopo iniziale denuncia. Le dichiarazioni della ragazzina, all’epoca 11enne (molestata la sera del 21 luglio 2006), vennero definite “intrinsecamente credibili e attendibili e i suoi genitori non erano affatto alla testa di un complotto, né erano anticlericali, né volevano attaccare l’istituzione ecclesiastica, né pretendevano lauti risarcimenti per il danno subìto dalla loro figlia o per mettere a tacere quanto accaduto”.

Don Nicolangelo Rossi, Pesco Sannita (Bn), sacerdote salesiano nato il 9 ottobre 1931 residente a Vico Equense (Napoli). È lui il protagonista di una vicenda che tenne banco soprattutto tra il 2006 e il 2007.

Dai ragazzini era definito come “quel prete anziano, un po’ gobbo e con pochi capelli”. Ma alcune delle bambine che all’epoca frequentavano la chiesa “Sacro Cuore”, lo ricordano per ben altri motivi. Una di loro raccontò di essere stata molestata durante una confessione. Don Nicola la faceva stare in piedi toccandola sul costato, sulla coscia e accarezzandola sulla guancia. La minore affermò di essere stata toccata in quell’occasione anche nell’interno. Spiegò che durante la confessione, svolta in occasione del ritiro spirituale, si inginocchiò poggiando la testa fra le gambe del sacerdote. Poi, una volta in piedi, mentre recitava l’atto di dolore, don Nicola con la stessa mano che poneva all’altezza dei suoi genitali, la toccò sul viso e nelle parti intime sulla tuta che indossava. (immediato)

IL TEATRO A SAN NICANDRO, E’ AVANGUARDIA 2.0

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Qualcuno lo ha rinominato Teatro2.0, questo teatro che ha ancora tanto da dire e che non si arrende di fronte alla noncuranza di chi della cultura dovrebbe fare un’arma, di distruzione sì, ma soltanto delle brutture sociali e del male del secolo: l’indifferenza. Nell’epoca in cui “2.0” è sinonimo di tecnologia, velocità, social network e rapporti umani sempre meno umani, a San Nicandro Garganico il Teatro2.0 ha riscosso un encomiabile successo alla sua prima presentazione. Non un grande palco con quinte e sipario ma una sala ricevimenti, debitamente allestita, e l’entusiasmo di 15 attori che hanno coinvolto e travolto il pubblico attraverso gli esilaranti quadri di una commedia tra le piú celebri della tradizione napoletana. “Il progetto di “Miseria e Nobiltà” è nato quasi per gioco, tra la voglia di ritornare alla prosa e, al contempo, il timore di non avere una location adeguata per la messa in scena dopo la recente chiusura del nostro CineTeatroItalia”, racconta Antonella Squeo, presidente dell’Associazione Culturale Prospettive Artistiche. “A questo proposito, a nome dell’Associazione tutta, ringrazio i gestori della Sala Ricevimenti “Villa Florio” che hanno accolto di buon grado la nostra proposta e hanno messo a completa disposizione degli artisti gli eleganti ambienti della villa, supportando la nostra iniziativa con estrema gentilezza ed ospitalità”. L’entusiasmo del pubblico è stato tale da sollecitare la proposta di una replica nelle prossime settimane. L’appuntamento è per martedì 26 gennaio presso la Sala Ricevimenti “Villa Florio”, San Nicandro Garganico (FG). Porta ore 20.30, sipario ore 20.45

Per info e prevendita 328 359 5844