SAN NICANDRO: “TE’ LA LENGA CA TAGGHJA, COSC’ E SCOSC’”

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Continua una nuova serie di articoli che parlano sui modi di dire e degli aforismi locali per capire e analizzare la quo ed offrire una visione chiara, lucida e trasparente della condizione umana in cui ognuno di noi può legittimamente dedurre o trarre da ciascuno di essi le considerazioni che gli sembrano più ovvie in riferimento ai tempi, alle usanze, ai problemi, ai comportamenti e agli altalenanti rivolgimenti che la società sta attualmente vivendo. Gli articoli sono tratti dal libro “Voci di Capitanata” di Donato D’Amico.

Il detto di oggi è: “T’è la lenga ca tagghja, cosc’ e scosc’”” cioè “Ha la lingua che taglia, cuce e scuce”.

È vero che l‘uniformità è sinonimo di monotonia e tutti e due insieme finiscono per appiattire e avvilire qualità e caratteristiche, atteggiamenti e sentimenti umani. Però è anche vero che approdare all‘antipode e professare apertamente l‘arte dell’esecrazione, del vituperio e della diffamazione, ci sembra un‘azione vergognosa e spregevole da condannare con forza.

Molta gente professa l‘esecrazione in modo infido è sleale, ma a costoro la locuzione ricorda che propalare pettegolezzi, falsità e maldicenze è un‘arte subdola che non ripaga mai nessuno. Infatti, il buon senso vuole che se proprio ricorre la necessità di tutelare i nostri diritti, difendere i nostri interessi, salvaguardare la nostra reputazione e il nostro onore, proteggerci da frodi e insidiosi inganni, bene, tutto questo non li possiamo perseguire e ottenere ricorrendo non alla denigrazione, all‘infamia, ma, molto più semplicemente, affidandoci alle normali vie giudiziarie. Sta di fatto, però, che molta gente “taglia, cuce e scuce” nascostamente e slealmente, in modo subdolo e irresponsabile. Dunque, chi pratica quest‘arte sleale, fraudolenta e viscida opera una demolizione silenziosa della persona per cui l povero malcapitato si ritrova alfine danneggiato nella considerazione e della dignità personale, tanto da pagarne uno scotto e un discredito sociale difficilmente recuperabili.

Ora, siccome nelle piccole comunità avvenimenti e accadimenti viaggiano a velocità ultrasonica, ecco che tutto quanto inerisce particolari situazioni o determinate persone diventa oggetto di debiti interventi da parte di personaggi poco scrupolosi e niente affatto raccomandabili. Avviene così che la solita lingua sacrilega fa piazza pulita di tante persone perbene, turba la serenità e la tranquillità delle famiglie, compromette l‘onore e la reputazione di tante donne oneste, rovina economicamente uomini retti e coretti. Adoperare la lingua velenosa e serpentina per deglutire o vomitare veleno addosso agli altri e con ciò nuocere al buon nome, alla carriera, al decoro e alla signorilità di persone e famiglie onorate e rispettate, significa collocarsi ai margini della società e della civiltà, esporsi volontariamente al disprezzo delle genti. Tagliare, cucire e scucire sulla onorabilità delle persone; mistificare sull‘altrui buona fede; simulare con la mente e con il cuore e al tempo stesso, dissimulare il contrario con gli atti, bene, tutto questo sa di turpitudine e di bruttura morale.

Purtroppo, vi sono ancora persone che utilizzano la lingua per seminare discordie, spargere zizzania, creare malumori ed inimicizie. Guardiamoci attentamente da sofferte persone. Se possiamo, emarginiamole. Facciamo sentire loro tutto il peso della disistima, del disprezzo del prossimo. È una strada che possiamo singolarmente percorrere se vogliamo bonificare quella parte di società malata di gretto egoismo e meschino protagonismo.