Scusate se disturbo con questo mio intervento sull’ opportunità di adeguare “a costo zero” il nostro impianto della pubblica illuminazione cittadina ritenuto di essere proprio a causa della scarsa o inesistente manutenzione negli anni “inadeguato”. Su questo argomento che resta sotto gli occhi di tutti, tutti i giorni dell’anno avevo recentemente pubblicato su questo blog una cronistoria su come era nato ed evoluto nei decenni questo importantissimo servizio.
Tanto da doversi parlare di un vero e proprio “obbligo” di provvedere entro il 2020, sia poiché risulta costosissimo per le innovazione introdotte sull’uso di lampade al LED rispetto alle vecchie lampade ad incandescenza oppure ai vapori di mercurio, sia per la scarsa o inesistente innovazione e manutenzione avutasi in questi ultimi dieci/venti anni, nonché per essere fonte di “inquinamento“ .
Facciamo un passo indietro sugli eventi che hanno caratterizzato la storia amministrativa degli appalti e soprattutto sulla inadeguata (e sotto molti aspetti perversa) procedura del “fai da te” seguita dalle passate amministrazioni sulla scellerata gestione “a consuntivo“ di questo impianto soggetto a frequenti ed improvvise interruzioni.
Tanto da essersi proceduto arbitrariamente e senza gara ad affidamenti temporanei a diverse imprese per un periodo limitato di sei mesi, giustificati dall’urgenza in evidente dipendenza del “non fare” e di non predisporre per tempo gli atti progettuali di gara e di capitolato.
Dare così oggi del “buoni a nulla” a tutti coloro che a vario titolo (e senza alcuna e seppur minima “competenza professionale”), l’hanno direttamente ed indirettamente gestita attraverso il proprio parere tecnico, sarebbe di già il riconoscimento di un merito pari pressappoco allo “0”.
Pure sarebbe da chiedere a costoro:
- che fine abbia fatto il precedente contratto di appalto “a costo zero” di Project Financing sull’adeguamento degli impianti di “Pubblica illuminazione” che prevedeva l’uso di lampade al LED anche attraverso l’utilizzo di nuove fonti energetiche ;
- che sorte abbia avuto la realizzazione del progetto appaltato e quanto ne sia stato già realizzato e con quali esiti collaudato;
- che sorte abbia avuto il successivo contenzioso giudiziario avviato dalla società affidataria contro il Comune per la rescissione anticipata del contratto e quali i concreti vantaggi avutisi in termini di costi e risultati;
- che sorte abbia avuto il misero tentativo di riavviare, sulla scorta di un fantomatico nuovo progetto un secondo appalto.
Con il mio precedente articolato dicevo in sintesi come, di pari passo con l’evoluzione e la trasformazione delle politiche urbane, gli Enti Locali, già a partire dagli anni novanta, avessero progressivamente acquisito il ruolo di promotori dello sviluppo locale, diventando parte attiva della crescita economica del proprio territorio e non passiva come da noi avviene sovente da improvvisati imprenditori e professionisti del settore energetico.
Allo stesso modo, per gli scarsi risultati ottenuti in alcuni territori, lo stesso appalto di lavori pubblici ha subìto e continua a subire una forte spinta fatta di innovazioni rispetto al passato: da semplice “mezzo” di realizzazione di un manufatto si è man mano avvicinato al concetto di “ servizio per i cittadini ”, al fine di soddisfare i fabbisogni ed i desideri della collettività amministrata.
Quindi, dall’ esigenza di ammodernamento del Paese e dalla sempre più crescente “carenza di fondi pubblici ed investimenti”, è nato il ricorso da parte di molti Comuni Europei il “Project Financing” (o finanza di progetto), definito dal legislatore come “la realizzazione di opere pubbliche senza ulteriori oneri finanziari per la pubblica amministrazione”.
Infatti questo sistema di finanziamento prevede che “le amministrazioni aggiudicatrici possono, in alternativa all’affidamento mediante concessione ai sensi della parte III del Codice (ex art. 183, d.lgs n. 50/2016), affidare una concessione ponendo a base di gara il progetto di fattibilità, mediante pubblicazione di un bando finalizzato alla presentazione di offerte che contemplino l’utilizzo di risorse totalmente o parzialmente a carico dei soggetti proponenti”.
Il Project Financing, come dicevo sopra, è un’operazione di finanziamento di lungo periodo (dieci/venti anni), in base alla quale i flussi di cassa che sono previsti dalla gestione dell’opera garantiscono “il rimborso del denaro concesso”. La peculiarità più importante del Project Financing è rappresentata dal coinvolgimento di privati non solo nella realizzazione e nella gestione delle opere, ma anche nell’accollo dei loro costi, che può essere parziale o totale a seconda della particolarità dei casi che possono verificarsi. Nel caso di lavori pubblici o di lavori di pubblica utilità, ciò avviene previa pubblicazione di un bando che preveda un progetto di fattibilità predisposto dall’amministrazione aggiudicatrice, gli operatori economici presentano le proprie offerte, riguardanti il promotore finanziario accreditato, l’esecuzione e gestione dell’opera in regime di qualità.
Non c’è alcun dubbio che, dopo l’entrata in vigore del nuovo Codice appalti, la realizzazione delle opere pubbliche in Project Financing si sia resa ancora più ardua, onde porre rimedio alle “storture“ che, negli anni, si sono verificate in Italia e specialmente qui da noi, vale a dire per “operazioni poco oculate e mal studiate” ( i termini adoperati sono come sempre voluti e …benevoli) .
ll d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 dedica al project financing, gli artt. 183 ss., prevedendo numerose differenze rispetto al previgente art. 153 del d.lgs. 163/2006, citato da alcuni imprenditori anche per le modifiche successivamente introdotte dal d.lgs n. 56/2017.
C’è da dire, rispetto a quanto sostento dai richiedenti l’affidamento diretto “a costo zero” del servizio di pubblica illuminazione da adeguare con l’utilizzo di lampade al LED, nuovi quadri di distribuzione, nuove linee elettriche , ecc., ecc., che il nuovo codice degli appalti ha profondamente riformato le norme sulla progettazione nelle diverse fasi e fino all’esecutivo.
Con riferimento al contenuto delle offerte (art. 183, comma 9), si prevede che i concorrenti “qualificati” debbano presentare un progetto definitivo, una bozza di convenzione, un piano economico-finanziario asseverato da un istituto di credito o da una società di servizi o da una società di revisione, nonché la specificazione delle caratteristiche del servizio e della gestione.
Come si vede, spetta come sempre al Comune di San Nicandro, definire le scelte e le procedure da seguire nell’appalto, facendo tesoro dell’esperienza “negativa” del recente passato, dove non sempre ciò che appare nella realtà delle cose poi è, specialmente qui da noi.
E, dove regna sovrana la “non cultura”, in assenza di professionisti ed esperti qualificati di settore, specialmente in assenza di una compiuta rilevazione sulle effettive condizioni degli impianti esistenti rispetto alla normativa vigente per la costruzione e la manutenzione sistemica degli impianti elettrici e di pubblica illuminazione, in continua evoluzione qualitativa.
Vedremo come finiranno le proposte fin qui avanzate e quelle che da parte di altri seguiranno e soprattutto quali saranno i controlli e le garanzie di operare in assoluta “sicurezza” con mezzi e personale proprio.
Gianni Della Torre