NOTIZIE DALL’ITALIA. MORTI IN MARE: LA “COLPA” E’ DI SALVINI O DELLE ONG?

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TOPSHOT - A deflated rubber boat in seen at the sea, after the Libyan Coast Guard intercepted migrants aboard, some 25 nautical miles off the Libyan coast on May 8, 2018. - Italy's coast guard granted authorization for 105 migrants rescued at sea by a Spanish NGO Open Arms to transfer to the Aquarius after nearly two days of diplomatic standoff. Rome decided on May 7 evening to allow 105 migrants to land in Italy following an ordeal that saw them kept at sea while the Italians and British stalled on a decision. (Photo by LOUISA GOULIAMAKI / AFP) (Photo credit should read LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images)

Matteo Salvini è tornato a parlare di morti in mare, questa volta in riferimento alla recente disgrazia avvenuta al largo della Libia che ha causato la morte di 117 persone. Durante un suo intervento a Porta a Porta del 10 gennaio 2019, il Ministro dell’Interno aveva affermato che nell’ultimo anno erano deceduti 23 migranti rispetto ai 210 nel 2017, evitando di citare tutti gli altri. C’è un motivo, ma prima bisogna conoscere il fenomeno.

Introducendo il discorso immigrazione a Porta a Porta, Salvini aveva dichiarato il suo interesse a interrompere il traffico di esseri umani, tra slogan come «porti chiusi» e la campagna contro le Ong. Queste ultime, secondo il Ministro, sono la causa dei morti in mare perché la loro presenza invoglierebbe gli scafisti a proseguire i loro loschi affari. I trafficanti, però, continuano ad organizzare i viaggi anche senza le operazioni umanitarie.

Il Governo Conte si è insediato il primo giugno dello scorso anno e poco dopo lo slogan «porti chiusi» si è concretizzato con il caso della nave Aquarius bloccata a 35 miglia dalle coste italiane con oltre 600 persone a bordo, di questi 123 minorenni, undici bambini e sette donne incinte.

All’epoca non esisteva ancora la SAR libica, ufficializzata sul sito Imo.org il 27 giugno 2018 nonostante le coste libiche non siano considerate “porto sicuro”, responsabilizzando di fatto le forze militari locali. Le ONG, a seguito delle politiche attuate nei mesi precedenti, si erano in gran parte allontanate da quello specchio di mare. Le carenze nell’azione della Guardia costiera libica sono evidenti da subito. Due giorni dopo, il 29 giugno, i militari tripolini hanno recuperato ad est della capitale 16 superstiti di un gommone, con a bordo circa 120 persone. Insieme a loro, i corpi di tre bambini ritrovati in mare (sfruttati poi per diffondere bufale e teorie di complotto contro l’immigrazione) e circa 100 dispersi che hanno contribuito all’aumento vertiginoso dei casi registrati nel mese di giugno 2018.

A conti fatti, il numero degli sbarchi dalla Libia sono sensibilmente diminuiti, dai 119.369 del 2017 ai 23.370 del 2018, così come il numero dei morti e dispersi, da 2.873 a 1.311. In termini assoluti potrebbe risultare un’ottima notizia, ma è altrettanto vero che le percentuali dei morti e dispersi rispetto agli sbarchi sono sensibilmente aumentate. La traversata, dunque, è diventata più pericolosa di prima, un fenomeno che non va ignorato e vanno compresi i motivi che, secondo l’UNHCR, sono dovuti alla mancanza di ricerche e soccorsi nell’area del Mediterraneo attraversata da barconi e gommoni.

Le ONG erano già state “allontanate”, anche se non del tutto, da ben prima dell’insediamento di Matteo Salvini al Governo. Come spiegato da Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (Ispi), i fattori che hanno portato a una diminuzione degli sbarchi e in proporzione un aumento del morti sarebbero tre: le ONG sono coinvolte di meno nei salvataggi, le altre navi civili tendono a non intervenire per il timore di venire bloccate per giorni andando contro i loro interessi economici (lo stesso accade anche con le navi militari italiane come la Diciotti), infine la Guardia Costiera libica non ha i mezzi e non è in grado di fronteggiare il fenomeno da sola. In merito alla teoria diffusa sulle ONG viste come “taxi del mare” (termine coniato da Luigi Di Maio durante la campagna elettorale), secondo i dati riportati dall’Ispi non esiste una correlazione tra la loro attività di soccorso e gli sbarchi nelle coste italiane.

Nel 2017 c’è stato un calo sensibile degli sbarchi rispetto agli anni precedenti, così come delle partenze, proprio durante il mandato del Ministro dell’Interno Minniti (12 dicembre 2016 – 1º giugno 2018). Durante il mese di luglio 2017 aveva stretto accordi con le autorità e le milizie libiche per la gestione dei flussi, da allora il numero degli sbarchi calò vertiginosamente. Secondo l’ONU questa scelta avrebbe costretto i migranti a subire i maltrattamenti all’interno dei centri di accoglienza libici, ponendo insieme agli altri dati una situazione in cui le politiche di deterrenza abbiano diminuito gli sbarchi e aumentato i drammi umani.

Dopo aver letto tutti questi dati osserviamo che lo slogan “porti chiusi” è un falso perché il blocco non è mai accaduto. Come ben riporta Pagella Politica, da giugno a dicembre 2018 gli sbarchi sono continuati fino a toccare le 9.940 persone. Da quando è scoppiato il caso dei 49 migranti a bordo della Sea Watch, il 21 dicembre, nel nostro Paese ne sono sbarcati 160.

In merito al famoso cartello mostrato a Porta a Porta da Salvini, da dove viene quel dato? Non è la prima volta che sentiamo parlare dei 23 decessi, riportati dai media il 18 novembre 2018 citando “fonti del Viminale” e facendo riferimento ai corpi recuperati nella porzione del Mediterraneo di competenza italiana. Nessun dato riguardo i dispersi, gli unici reperibili sono quelli conteggiati da UNHCR nel Mar Mediterraneo centrale (la rotta verso l’Italia) che all’epoca toccavano le circa 1.252 unità. Quando invece vengono citate le ONG vengono considerati anche i dati relativi alle aree non di competenza italiana.

Detto questo, la situazione è la seguente:

  • durante la trasmissione Porta a Porta è stato riportato un sottoinsieme dell’intero fenomeno migratorio (l’area di competenza italiana);
  • facendo riferimento alle ONG il Ministro Salvini considera anche altri sottoinsiemi, addossando loro delle colpe nonostante non venga riscontrata una correlazione tra le loro attività e gli sbarchi in Italia;
  • durante l’intervento in onda su Rai1 non viene spiegato come è cambiato il fenomeno migratorio tra il Governo Gentiloni e il Governo Conte (come l’aumento della pericolosità della traversata);
  • non è possibile dare le colpe a Matteo Salvini per l’aumento delle percentuali di morte in mare siccome è il risultato ottenuto dalle politiche del suo predecessore, così come la diminuzione delle partenze e degli sbarchi;
  • i porti non sono stati affatto chiusi, salvo per le ONG per motivi politici dettati dalla linea leghista.

(openonline – David Puente)