L’EX ILVA A TARANTO

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Non si comprendono bene i motivi del “fallimento” degli imprenditori Indiani dell’ex Ilva di Taranto. Lo scudo fiscale e penale tolto dal contratto e la pretesa di far chiudere lo stabilimento siderurgico in nome della salvaguardia della salute, appare illogica ed insensata, tanto da far scappare gli investitori dall’Italia governata da incapaci. Non si possono imporre agli imprenditori di bonificare lo stabilimento per errori commessi da altri in oltre quaranta anni di attività. Come anche la pretesa avanzata a quei tempi di far costruire le case dei lavoratori a ridosso dell’imponente polo industriale che assicura posti di lavoro a mezza Italia.

Certi governanti, specie pugliesi, impongono regole assurde: no al gasdotto di Melendugno che assicura la fornitura di gas alla Puglia, all’Italia e all’Europa. No all’espianto di alberi di Ulivo affetti dalla Xilella fastidiosa. No sempre no a tutto e poi pretendere posti di lavoro! Pretese assurde quanto dannose per l’economia del Paese. Gli imprenditori non possono essere obbligati a rimetterci il loro capitale se ostacolati da una visione assurda della politica e dalla deludente amministrazione del bene comune.

L’Italia del Nord, molto più pratica nelle decisioni, insegna che non si possono ottenere risultati sociali ed economici da una politica scellerata e da pretese tanto assurde quanto irragionevoli.

I partiti al Governo dovrebbero prendere decisioni sagge e non pensare solo al consenso popolare che poi diminuisce di fronte all’incapacità di dare risposte concrete ai cittadini.

Michele Russi