L’AMARCORD FOGGIANO DI RENZO ARBORE IN UN ARTICOLO DI 40 ANNI FA

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Negli archivi di Byterfly, miglior esempio italiano di repository digitale promosso e gestito dall’Istituto di Ricerca sulla Crescita Economica sostenibile del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IRCrES), ho scovato diverse deliziose «chicche» che a partire da oggi condividerò nella rete di «Memoria coesione futuro», il progetto di Auser Territoriale e Spi Cgil Foggia, che vede tra i suoi partner Lettere Meridiane.

Cominciamo da un bell’articolo di Renzo Arbore, apparso sul numero di gennaio del 1982 di IllustratoFiat, periodico illustrato dell’azienda automobilistica torinese, che aveva da poco aperto nel capoluogo dauno lo stabilimento Sofim.

La redazione del giornale dedicò a Foggia un ampio reportage, accompagnato da un saluto del popolare showman e da altri approfondimenti (tranquilli, vedremo tutto nei prossimi giorni). Con il suo solito tono scanzonato, ma non privo di nostalgia, Arbore ricorda la sua adolescenza foggiana, raccontando alcuni memorabili personaggi e i luoghi come il bar «Cavour bis» e il «Circolo Tre Bis». Un «amarcord» intriso di tenerezza ed affetto verso la città e verso la sua gente. E voi, cari amici e lettori, che ricordate dei luoghi e dei personaggi citati dal grande Arbore? Rispondete commentando il post. Ecco l’articolo, intitolato Renzo Arbore ciao a tutti e «stateve bune, paisà» con le foto e le didascalie originali. (Geppe Inserra)

Non sono mai stato un campanilista sfrenato, portato a dire tutto il meglio possibile dei posti dove sono nato e casomai portato a denigrare con lo stesso pregiudizio altre città o regioni. Penso, insomma, che dopo centoventi anni (in cifre: 120 anni) di Unità, finalmente noi italiani dobbiamo sentirci vicini e simili, anche se… abbiamo personalità qualche volta diverse. Ciononostante approfitto dell’ospitalità di questa rivista per ringraziare, seppure in ritardo, i miei amatissimi conterranei, tutti quei lavoratori che evidentemente ricambiano la stima e la simpatia che il modesto sottoscritto riserva per loro. E li ringrazio di una cosa ben precisa: il successo torinese del film «Il pap’occhio», la mia prima «fatica» cinematografica che, proprio a Torino, ha battuto alcuni record precedenti in fatto di successo di pubblico.

Il primo «artista» che ricordo si faceva chiamare «il figlio del cosmo». Era basso, pelatino e declamava poesie dovunque venisse «issato». Nel senso che materialmente noi ragazzi, incontrandolo, gli chiedevamo di declamarci una sua poesia sulla pedana del Monumento ai Caduti (allora ancora in piazza Giordano…) o al centro della fontana del piazzale della stazione. In più, si raccontava che il tipo avesse piantato nel suo «basso» (la casa a pianterreno dove viveva) un lunghissimo palo che ogni giorno martellava perché… «arrivasse al centro della terra».

Insomma, era un’amicizia strana che noi ragazzi eravamo specializzati a combinare, mescolare con altri tipi dello stesso genere. Così, presso il bar «Cavour bis» (un nome che era già un programma…) costui si incontrava con Gino, sedicente «inventore dell’acqua tiepida»… Nel senso che andava raccontando che era stato lui che aveva scoperto, un giorno, che due litri d’acqua calda più due litri d’acqua fredda fanno quattro litri di acqua… tiepida.

Il bar biliardo «Cavour bis» era affollato di tipi così, casomai mischiati ai musicisti, una sorta di piccola «galleria» delle grandi città. Ci si incontrava e si parlava di musica e di matrimoni.

Insomma, tutti lì. O lì a fianco, dove la crema dei musicisti sostava negli scantinati del «famoso» Circolo Tre Bis, un circolo popolato da artisti e capitanato da un frenetico, infaticabile ed entusiasta personaggio: Tonino De Mita, l’attuale proprietario nonché animatore di un caffè famoso della mia città: Chez Tony.

Tonino era pervaso dal Sacro Fuoco dell’Arte, gli piacevano la Prosa, la Musica, la Pittura e accoglieva a braccia aperte chiunque sapesse declamare alla meno peggio due versi, strapazzare uno strumento musicale, imbrattare una tela. Uso il passato, a proposito di De Mita, ma faccio male, perché credo che in fondo quelle «molle» di allora sono le stesse che gli «impongono» oggi di ospitare festival di jazz sul «suo» marciapiedi, di non far pagare gli artisti che ospita nel suo bar e via dicendo.

E fu nel Circolo Tre Bis che conobbi gli amici più importanti della mia adolescenza, quelli che ancora conservo e che riabbraccio con gioia ogni volta che vado giù. Anche loro veri e propri personaggi, dall’ultimo «vitellone» (ormai sconsolato, a «caccia» di donne che non lo guardano più…), al «tipo eccentrico», irriducibile esecutore di scherzi feroci. E se alla radio e alla tivù ho inventato qualche situazione e alcuni curiosi personaggi lo devo soprattutto a loro. A «quelli di giù», quelli della mia città.

Ciao a tutti e… «stateve bune», paisà…

Renzo Arbore

(letteremeridiane)