INSEDIAMENTI MEDIOEVALI SCOMPARSI DEL GARGANO: DEVIA

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Di Devia si ha un primo cenno nel 1032 quando il vescovo di Lucera Giovanni concesse all’Abbazia di Santa Maria di Tremiti la chiesa di S. Maria “iuxta litus mare in tertinentiis de castello Devia” che doveva trovarsi ad Ovest di Torre Mileto.

Nei decenni successivi Devia appare abitata da numerose famiglie slave che detengono un potere economico e politico non indifferente, i cui maggiorenti compaiono spesso nella documentazione dell’epoca con l’attributo di Juppano, equivalente a capo della comunità.

Il primo senior normanno di Devia è il conte Roberto, figlio di Costante, ricordato in una donazione all’abbazia di Tremiti del marzo 1051, nella quale i “bonos homines de civitate Devia” vengono distinti in “maiores, mediani et minores”.

Nel secolo successivo il feudo di Devia appare unito a quello della vicina Sannicandro, un centro che, trovandosi in posizione più interna e meno esposta alle incursioni slave e saracene, accolse gradatamente le popolazioni che abbandonavano le gorgate prossime al litorale.

Scomparve così il villaggio di Maletta, i cui resti si vedevano fino a qualche decenno fa a Torre Mileto, mentre Devia, perduto l’appellativo di castrum, nel ‘200 era in piena decadenza, tanto che nei primi decenni del secolo successivo non era più in grado di pagare autonomamente le tasse e rimase ben presto abbandonata.

Attualmente rimane una chiesa romana dedicata a S. Maria, recentemente restaurata e interessante anche per un ciclo di affreschi bizantineggianti, circondata da ruderi di vari edifici e di un tratto delle mura.

Vittorio Russi