VACCINAZIONI IN FARMACIA?

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The doctor prepares the syringe with the cure for vaccination.

Ad oggi il vaccino antinfluenzale “non è assicurato a quella fascia di popolazione attiva del Paese, che poi è la popolazione che lavora, che va in giro, che ha contatti sociali più degli altri”. È una problematica che può scatenare “una pandemia di panico tra la gente”. È quanto ha dichiarato il segretario nazionale di Federfarma Roberto Tobia.

I dati di contagio delle ultime due settimane indicano una ripresa della pandemia in Italia, mantenendosi per ora intorno ai 5mila nuovi contagi, ma con caratteristiche diverse dalla primavera scorsa. Il ruolo delle farmacie potrebbe essere centrale nell’affrontare questa fase, così come è stato già dimostrato durante il lockdown.
“Nei confronti del paziente Covid, la farmacia ha già svolto un ruolo importante, e continua a svolgerlo” conferma Tobia, “perché nel periodo del lockdown, le farmacie sono rimaste aperte e hanno svolto anche un’importante attività di consegna a domicilio sia di farmaci che di presidi medici”. Il segretario di Federfarma ricorda, infatti, gli accordi stipulati con la Croce Rossa e con le Forze dell’Ordine. Ora, per favorire una più ampia copertura vaccinale, le farmacie si sono rese disponibili per la somministrazione del vaccino antinfluenzale.

“Ma un regio decreto del ‘34 impedisce la presenza del medico in farmacia. E per consentire al farmacista di effettuare la somministrazione, è necessaria un’apposita norma di legge” spiega Tobia. “Poter somministrare il vaccino in farmacia sarebbe un’importante innovazione che agevolerebbe l’accesso a questo servizio su tutto il territorio, anche nei piccoli centri. Proprio per questo motivo, in Europa sono 14 i paesi dove il vaccino antinfluenzale si può fare in farmacia”.

In merito alla quantità di dosi di vaccino antinfluenzale a disposizione nelle farmacie per la popolazione attiva, Tobia parla di due soluzioni possibili: “La prima è quella che le regioni rimodulino le quote acquisite dalle industrie farmaceutiche per i soggetti a rischio. Il ministro della Salute è stato chiaro: in un documento inviato alla conferenza Stato Regioni aveva chiesto una quota individuabile tra il 5 e il 10% delle dosi acquisite da trasferire alle farmacie, tenendo conto che, in media, circa il 10% dei vaccini prenotati dalle Regioni resta inutilizzato e viene restituito alle aziende. La conferenza delle Regioni ha concesso una percentuale minima dell’1,5%. Alcune regioni, come Emilia Romagna, Lazio e Campania, accogliendo la richiesta di Federfarma hanno fatto di più”. “Un altro canale di approvvigionamento potrebbe essere rappresentato dall’importazione dall’estero,” ha concluso il segretario di Federfarma.