UN RICORDO INDELEBILE. IL 27 GENNAIO E’ IL GIORNO DELLA MEMORIA

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Il grottesco si mischia al dramma. Non poteva che essere Woody Allen a perpetrarlo nella sua pellicola del 1997 “Harry a Pezzi” dove uno dei personaggi, Burt, chiede al protagonista Harry: “Ti importa dell’olocausto o pensi che non sia mai successo?”, di tutta risposta Harry controbatte: ” Non solo so che abbiamo perso 6 milioni di ebrei, ma quello che mi preoccupa è che i record sono fatti per essere battuti”.

Forte, cinico, tremendo, a modo suo il cineasta statunitense intende porre l’accento su quello che è stato uno dei più grandi mali del XX secolo, l’Olocausto.

Dalla metà proprio del XX secolo con il termine Olocausto si indica, per antonomasia, il genocidio compiuto dalla Germania nazista e dai suoi alleati nei confronti degli ebrei d’Europa. Esso consistette nello sterminio di un numero compreso tra i 5 e i 6 milioni di ebrei, di ogni sesso ed età. L’Olocausto in quanto genocidio degli ebrei è chiamato anche con il nome di Shoah (in lingua ebraica “catastrofe”, “distruzione”).

Il Giorno della Memoria è una ricorrenza internazionale celebrata il 27 gennaio di ogni anno come giornata in commemorazione delle vittime del nazismo, dell’Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati.

La data non è casuale ma ricorda il 27 gennaio 1945, quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa, nel corso dell’offensiva in direzione di Berlino, arrivarono presso la città polacca di Oœwiêcim (nota con il suo nome tedesco di Auschwitz), scoprendo il suo tristemente famoso campo di concentramento e liberandone i pochi superstiti. La scoperta di Auschwitz e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono compiutamente per la prima volta al mondo l’orrore del genocidio nazista.

Inizialmente, vale a dire sino allo scoppio della guerra, apparentemente l’obiettivo principale del nazismo e di Hitler consistette nel rendere il Reich judenfrei vale a dire “libero dagli ebrei”. Il sistema prescelto per “ripulire” la Germania dagli ebrei fu, in questa prima fase, costringerli ad emigrare.

Riuscire a far emigrare circa 540.000 ebrei apparve impossibile. Ad ogni espansione della Germania nazista il numero degli ebrei cresceva e le nazioni estere non furono in grado o non vollero assorbire l’ondata di emigrazione ebraica proveniente dal Reich. La soluzione “emigrazione” alla vigilia della guerra appariva sostanzialmente fallita.

Nacque allora l’idea di ampliare il concetto stesso di deportazione trasferendo forzatamente in un luogo distante gli ebrei tedeschi. In piena guerra il problema si aggravò ulteriormente. L’invasione del Belgio, dell’Olanda, della Francia, della Danimarca e Norvegia fece aumentare ulteriormente il numero degli ebrei caduti nelle mani del nazismo. L’obiettivo prioritario, rendere “judenfrei” la Germania si allargò a dismisura: si trattava ora di rendere judenfrei l’intera Europa.

La soluzione non poteva più essere quella di far emigrare gli ebrei all’estero. Si fece così strada un’altra soluzione: deportare gli ebrei europei all’Est concentrandoli nei territori polacchi occupati. In questa operazione di concentramento dovevano essere coinvolti ovviamente anche gli ebrei polacchi.

Creare in Polonia dei grandi ghetti apparve la soluzione più appropriata. Ed ecco che si ritorna ai campi di sterminio ed ad Auschwitz

Per celebrare la Giornata della Memoria sono previste cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione su quanto è accaduto al popolo ebraico e a tutti i deportati nei campi nazisti in modo da conservare la memoria di un tragico periodo della storia affinché simili eventi non possano accadere mai più.

Insomma per non dimenticare.

C. Crispino- Università Studi Napoli Federico II)