UN PO’ DI CULTURA TRADIZIONALE: IL PASTORE E LA PACCHIANA (1^ PARTE)

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“Gonna a fittissime pieghe di panno scuro, bordate in fondo di una o più fasce colorate o d’oro…”. Queste erano le parole dello scrittore Michele Vocino quando comincia a parlare del costumo della Pacchiana. Ne fa una descrizione avvincente per esaltare la bellezza e la preziosità. Lo stesso dicasi per il Pastore.

Oggi molte cose si sono dimenticate ed altre le inventano proprio perché non conosciamo bene le due “maschere tradizionali”. E’ comunque improprio parlare di maschere perché gli abiti del Pastore e della Pacchiana erano i costumi abituali dell’epoca della gente di San Nicandro Garganico, quindi non figure costruite ma rappresentazioni vere di una realtà che non esiste più.

Quando si parla di Pacchiana si vuole intendere tutto il vestito da cerimonia, anche se la “vunnedda” (gonna) era normalmente usata tutti i giorni anche per i lavori domestici. Durante le funzioni funebri, per la messa, per la visita dei Santi Sepolcri il giovedì santo, le donne indossavano “u cutredd” bianco ed a volte marrone, mentre le altre soltanto la “vunnedda”. Si è parlato per le vedove di “pacchiana nera”. E’ un termine in esatto e forse ci si voleva riferire al “colore” della vedovanza. La vedova aveva le maniche di seta nera ed il fazzoletto nero in testa. Al corpetto della Pacchiana i bordi venivano sostituiti con strisce di velluto- Il grembiule (Z’nal) era nero con delle fasce argentate. Si dice che, a volte, le donne non volevano vestirsi tutte di nero per non essere “adescate” dagli uomini.

Il vestito del Pastore veniva usato solamente da coloro che esercitavano questo tipo di attività; gli altri, invece, cioè i “massar”, artigiani, ecc.. indossavano il normale vestito con giacca, pantaloni, bombetta o cappello. I Pastori, per la loro attività, usavano il “guardamacchj”, ossia un “sovrapantalone” di pelle di capra che poteva essere indossato da entrambi i lati. Infatti, quando faceva caldo il pelo veniva messo all’esterno; al contrario quando faceva freddo. Questo indumento veniva legato dietro le gambe con stringhe di pelle. Anche la giacca era della stressa pelle di capra, senza maniche con delle stringhe di pelle sul davanti per chiuderla. Ai piedi portavano i “zambitt”, ossia scarponi di pelle di maiale che erano tenuti da stringhe di peli di capra tessuti.

Il Pastore usava per il suo lavoro il bastone (n’gin) che serviva per spingere gli animali nella stalla ed anche peli di capra per mingere le capre. Dietro le spalle portava il “tascappan” o “pan’ttera” ove venivano messi “u’ sicchj’ttedd” (bicchiere) per bere, il pane, “u’ rupp’tedd” (specie di bicchiere) di legno e recipiente di latta o stagno che serviva per mettere il latte. (CONTINUA)

Il Direttore

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