UN MARE INVASO DALLA PLASTICA, L’ALLARME DI PRIMIAMO SCHIAVONE DI AMBENTE E/E’ VITA”

0
411

Il nostro mare è invaso dalla plastica. I rifiuti sono una delle principali minacce agli ecosistemi marini e rappresentano un rischio crescente alla biodiversità, l’ambiente, l’economia e la salute. Li chiamiamo rifiuti ‘marini’, ma in gran parte arrivano da terra, da discariche abusive e le pratiche di smaltimento scorrette. Molti li generiamo però noi con le attività ricreative, turistiche e la pesca professionale. Quanta plastica nel mare! La stragrande maggioranza dei rifiuti trovati in spiaggia e sui fondali è in plastica: si stima che, in tutto il mondo, ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscano in mare, e la quantità è destinata ad aumentare.

Il nostro mare è considerato una delle zone critiche del pianeta: nel Mediterraneo la concentrazione dei rifiuti in mare è pari a quella delle cosiddette “isole galleggianti” dell’Oceano Pacifico. La plastica con il tempo si sbriciola – senza però mai sparire del tutto, destinata spesso a esser ingoiata da quegli stessi pesci, crostacei e molluschi che arrivano poi sulle nostre tavole. L’impatto dei rifiuti in mare. Dalle alici alle balene, dalle tartarughe agli uccelli marini, sono almeno 135 le specie marine mediterranee che ingeriscono oggetti di plastica o vi finiscono intrappolati. Il risultato è spesso fatale: alcuni muoiono soffocati, altri per blocco gastrointestinale, altri ancora non riescono più ad assorbire il nutrimento dal cibo. Col tempo la plastica si frammenta, senza mai dissolversi del tutto.

Questa polvere di plastica è un pericolo ancor più insidioso: i frammenti possono essere ingeriti prima dal plancton e poi, via via, da tutti gli anelli della catena alimentare. Ma i rifiuti costituiscono anche un problema economico: si calcola che ogni anno in Europa si spendano 630 milioni di euro per la pulizia delle coste. Da dove vengono? Discariche abusive e mancanza di depuratori sono i principali responsabili dell’accumulo di rifiuti in mare. In Mediterraneo però una importante fonte di rifiuti sono le attività ricreative, turistiche e la pesca professionale. Giocattoli dei bimbi, puntali d’ombrellone, bustine di gelati o caramelle, flaconi di lozione solare vengono dal turismo balneare; esche, lenze, confezioni di pastura sono rifiuti di pescatori ricreativi, mentre reti e retine per le cozze provengono dalla pesca professionale. Impossibile sapere invece chi abbia abbandonato le migliaia di bottigliette, flaconi, sacchetti, mozziconi di sigaretta che appestano le nostre spiagge.

Una cosa però è certa: la maggior parte dei rifiuti sulle nostre coste è di provenienza italiana e spesso locale, come dimostrano le scritte presenti su molti oggetti rinvenuti in spiaggia. Cosa si trova sulle spiagge italiane? Gli oggetti più frequenti sono monouso: sacchetti (di ogni uso e dimensione, da quelli della spazzatura ai sacchettini per fazzoletti), bottiglie e bottigliette di bevande e i loro tappi, bastoncini per le orecchie, mozziconi di sigaretta, palloncini, assorbenti igienici. Moltissimi i contenitori: flaconi vari, taniche, ceste. E soprattutto tanti, tantissimi frammenti di plastica, segno che molti di questi oggetti hanno già iniziato a disgregarsi. Nei monitoraggi sono stati trovati anche molti oggetti insoliti o ‘antichi’: sonde meteorologiche, computer, televisori, telefoni, asciugacapelli, cartelli stradali, una bomboletta di schiuma da barba con il prezzo espresso in lire, una tessera telefonica… L’inquinamento inconsapevole. La sensibilità è cambiata e ormai molte persone non getterebbero mai un sacchetto di rifiuti in spiaggia o in mare. A volte però inquiniamo senza rendersene conto: quel mozzicone di sigaretta gettato senza pensare, sepolto sotto la sabbia o gettato per terra prima di entrare in un locale; quei palloncini lanciati in aria durante le feste patronali o per festeggiare un compleanno. O ancora, l’uso di alcuni prodotti di bellezza che contengono microplastiche… tutti gesti all’apparenza innocui ma che contribuiscono all’inquinamento dell’ambiente marino.

A volte bastano piccoli gesti a fare la differenza! Le microplastiche. Particolare preoccupazione suscitano le microplastiche – particelle inferiori ai 5mm prodotte dalla frammentazione di oggetti, l’usura dei pneumatici e il lavaggio degli indumenti o prodotte espressamente per diversi impieghi. lI Mediterraneo è uno dei mari con la più alta concentrazione al mondo di microplastiche. Questi frammenti possono assorbire e concentrare gli inquinanti disciolti in mare e, grazie alle ridotte dimensioni, sono facilmente ingeriti dagli organismi acquatici più minuti, con il rischio di accumularsi via via nella catena alimentare. Le microplastiche possono quindi avere un impatto sull’ambiente maggiore di quanto le loro dimensioni possano far pensare: per questo sono ritenute una delle sei emergenze mondiali dell’ambiente. Le microplastiche nei cosmetici. Sono quasi un centinaio i prodotti cosmetici in vendita in Italia che contengono microplastiche.

Sono soprattutto scrub, gli esfolianti, che sfruttano la polvere di plastica (in particolare il polietilene) come agente esfoliante per asportare la pelle morta. Uno studio ha dimostrato come un singolo flacone possa contenere fino a un milione e mezzo di particelle di plastica, le cui dimensioni sono così minute da sfuggire ai filtri e quindi finiscono direttamente in mare. Dal 1° gennaio del 2020 in Italia è proibito commercializzarli, la soluzione è semplice: basta guardare l’etichetta e scegliere prodotti che non contengano il polietilene. La Soluzione. Questa non è la soluzione auspicabile poiché il divieto di produzione ovvero la tassazione della produzione di contenitori di plastica “usa e getta”,non costituiscono un disincentivo all’uso ovvero alla dispersione nell’ambiente degli stessi, la soluzione ottimale potrebbe essere la creazione di incentivi al conferimento delle plastiche “usa e getta” mediante bonus fiscali ovvero, come succede in alcuni paesi dove nei supermercati ci sono dei raccoglitori automatici che danno un Euro ogni dieci bottiglie di plastica conferite e funzionano come veri e propri distributori automatici al contrario. Sarebbe una soluzione.

Primiano Schiavone segretario regionale Ambiente e/è Vita Puglia Onlus