In Italia la sanità ha diversi problemi. Tra di essi c’è quello delle liste d’attesa, che il cittadino paga a caro prezzo. Queste, infatti, sono spesso lunghissime e costringono i cittadini che hanno necessità di sottoporsi ad esami di laboratorio, ad esami di diagnostica strumentale o a interventi chirurgici non urgenti a ricorrere a strutture private, con notevole aggravio di costi.
In realtà, però, un decreto legislativo del 1998, precisamente il numero 124, detta delle direttive ben precise in materia di liste d’attesa. In particolare, il comma 10 dell’articolo 3 sancisce che le Regioni sono tenute a disciplinare i criteri secondo i quali i direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e ospedaliere devono determinare i tempi massimi che possono intercorrere tra la data in cui una prestazione viene richiesta e quella in cui la stessa è erogata. Tale termine non solo dovrebbe soggiacere a un’adeguata pubblicità ma andrebbe anche comunicato all’assistito al momento in cui questi presenta la domanda della prestazione.
Ciò posto, il medesimo articolo 3 prevede, peraltro, la possibilità per l’assistito di chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero-professionale intramuraria nel caso in cui l’attesa si prolunghi oltre il predetto limite massimo. Addirittura, ma solo in subordine, deve ritenersi possibile ricorrere anche a prestazioni interamente private come tutela rispetto all’inadempienza dell’amministratore.
In entrambi i casi, la differenza di costi è posta a carico dell’azienda unità sanitaria locale di appartenenza e dell’azienda unità sanitaria locale nel cui ambito è richiesta la prestazione. Il cittadino si fa carico, invece, del solo costo del ticket.
Per ovviare a tale “dovere”, molte ASL stanno ricorrendo ad un illegittimo escamotage: quello di bloccare le liste d’attesa, non accettando le prenotazioni dei cittadini che vengono poste nella condizione di “attesa di entrare nella lista di attesa”.
Se, quindi, ci si trova di fronte a una lista d’attesa bloccata, è chiaro che si è dinanzi ad una situazione in cui l’azienda sanitaria non è in grado di ottemperare al suo dovere di garantire un’adeguata tempestività delle prestazioni da rendere. Si tratta, in altre parole, di uno dei casi che danno diritto ad usufruire delle prestazioni in regime intramoenia o, in subordine, in regime privato pagando il solo costo del ticket e ponendo la differenza a carico della ASL.
Fac simile istanza per la prestazione in regime di attività libero-professionale
Egr. Dir. Gen. dell’Azienda Sanitaria _____
Oggetto: istanza per usufruire di prestazioni in regime di attività libero-professionale
Io sottoscritto ___________ nato a ___________ il _____________ e residente in _______________ via ___________________ n. __ (C.F.: _____________________)
Premesso che
– in data _________ il medico dott. _________ mi ha prescritto il seguente accertamento _______;
– in data __________, dopo aver tentato di prenotare il predetto accertamento, mi è stata comunicata l’impossibilità di procedere alla prenotazione prima del _________;
– il predetto accertamento è tuttavia urgente e non può essere differito così a lungo;
– in forza del d.lgs. n. 124/1998 è mio diritto conoscere i tempi massimi intercorrenti tra la richiesta di prestazioni e la loro erogazione e usufruire, nel caso di impossibilità di rispettare i predetti tempi, di attività libero-professionali in regime intramoenia.
Tutto ciò premesso,
chiedo
che la prestazione da me richiesta sia resa in regime di attività libero-professionale intramuraria con onere a carico del servizio sanitario nazionale e che mi venga fornita tempestiva comunicazione in merito, avvisando che in difetto, la predetta prestazione verrà effettuata privatamente con successiva richiesta di rimborso a carico di codesta azienda.
Luogo, data e Firma
Allegati:
- Copia richiesta di prestazione
- Copia comunicazione CUP
Valeria Zeppilli (Studio Cataldi)