SAN NICANDRO: “LA VOCCA E’ STRETTA, MA C’ CAP LA CASA CH’ TUTT’ U TITT’”

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Continua una nuova serie di articoli che parlano sui modi di dire e degli aforismi locali per capire e analizzare la quo ed offrire una visione chiara, lucida e trasparente della condizione umana in cui ognuno di noi può legittimamente dedurre o trarre da ciascuno di essi le considerazioni che gli sembrano più ovvie in riferimento ai tempi, alle usanze, ai problemi, ai comportamenti e agli altalenanti rivolgimenti che la società sta attualmente vivendo. Gli articoli sono tratti dal libro “Voci di Capitanata” di Donato D’Amico.

Il detto di oggi è: “La vocca è stretta, ma c’ cap’ la casa ch’ tutt’ u titt’” cioè “ La bocca è stretta , ma vi entra la casa con tutto il tetto”.

Noi pensiamo che la maggior parte degli uomini sia piuttosto pessimista anziché no. E’ un concetto che noi desumiamo facilmente dai discorsi che denunciano sempre insoddisfazione e frustrazione. Vogliamo dire che gli uomini non trascurano occasione per confessarci di essere scontenti e insoddisfatti della loro vita. Per loro il bicchiere è sempre mezzo vuoto. Essi vorrebbero avere sempre di più perché ciò che hanno non gli basta mai. C’è tanta tristezza di spirito in questa incontentabilità dell’uomo! Nell’ambito di questa filosofia della vita (la ricerca dell’eccesso) probabilmente connaturata alla natura della persona, ma talvolta seguita anche per mera ostentazione di lusso, non mancano “i rigoristi” ad oltranza, cioè, persone che più delle altre manifestano certe propensioni, quali la cupidigia e l’avidità che certamente non costituiscono una dote naturale dell’uomo, tanto meno una sua pregevole virtù. L’uomo ha sempre sentito la necessità di divorare e di accumulare denaro e ricchezze, in ciò inconsciamente sospinto da questo serpeggiante pessimismo che sin dai tempi di Adamo pervade la coscienza dell’uomo.

Ma il grosso guaio di cui bisogna prendere atto è che l’umanità non si è affatto redenta da questa condizione di egoismo, tant’è che, oggi come ieri, sono ancora molti che cercano di approfittare delle favorevoli condizioni e di sfruttare ogni possibile occasione per soddisfare la loro sete di guadagno, il loro ingordo desiderio utilitaristico e di comodo, questa loro eccessiva e smodata avidità di “arraffare” tutto, a piene mani, ad ogni costo e in tempi brevi. Evidentemente l’altruismo, come generosità e sacrificio di sé per il prossimo, non ha mai costituito una valida alternativa alle brutture del mondo. E di questo tutti dovremmo vivamente rammaricarci e vergognarci.

Ciò che manca al mondo di oggi è la cultura dell’altro (come conoscenza) e per l’altro (come disponibilità). Dunque, a nostro avviso, la conoscenza e la disponibilità dovrebbero costituire i termini di riferimento della civiltà del terzo millennio. Come dire, scoprirci l’un l’altro, vicendevolmente, e marci reciprocamente, senza alcuna condizione, dovrebbe costituire per ciascuno di noi un imperativo categorico comportamentale di prim’ordine, ovvero la dimensione culturale dell’uomo: dell’uomo proiettato a vivere l’avventura di un millennio certamente ricco di scoperte grandiose insospettabili, ma proprio per questo anche gravido di sorprese senza fine.