SAN NICANDRO: “LA LENGA N’ TE’ OSS,’ MA OSS’ ROMP’”

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Continua una nuova serie di articoli che parlano sui modi di dire e degli aforismi locali per capire e analizzare la quo ed offrire una visione chiara, lucida e trasparente della condizione umana in cui ognuno di noi può legittimamente dedurre o trarre da ciascuno di essi la considerazione che gli sembrano più ovvie in riferimento ai tempi, alle usanze, ai problemi, ai comportamenti e agli altalenanti rivolgimenti che la società sta attualmente vivendo. Gli articoli sono tratti dal libro “Voci di Capitanata” di Donato D’Amico.

Il detto di oggi è: “La lenga n’ tè oss’, ma oss’ romp”, cioè “La lingua non ha ossa ma rompe le ossa”.

L’aggressione fisica (intendi). “colluttazione” è certamente da bandire come mezzo di risoluzione di eventuali controversie. Viviamo in uno Stato democratico e ben altre strade da percorrere per salvaguardare e rivendicare diritti w interessi le si da terzi. Diciamo che in passato il passaggio dall’incontro fisico allo scontro fisico è stato piuttosto frequente. Per un nonnulla si veniva alle mani. A volte, per un’occhiata male interpretata, per una smorfia rappresentata, per una piccola offesa ricevuta erano botte da orbi. E tuttavia, nonostante contusioni e ferite, che solitamente la colluttazione fisica comporta, peggiore è la violenza verbale (aggressione morale) la quale, tra maldicenze, minacce, rimproveri, insulti ed ingiurie d’ogni genere, ben più gravi lacerazioni apre nel cuore dell’uomo, soprattutto quando gli affronti subiti intaccano il suo onore e la sua reputazione. Infatti, le “insinuazioni” (illazioni, maldicenze, diffamazioni, denigrazioni, calunnie, ecc) screditano e squalificano l’uomo e ne deturpano l’immagine. In ogni caso, lo scambio delle invettive è reciproco e i contendenti, nonostante una differente mole fisica, che farebbe la differenza in caso di colluttazione, combattono, come dire, ad armi pari, salvo, poi a rispondere in sede penale per gli epiteti attribuiti da ciascuno della controparte.

Ma il significato del proverbio non è solo questo. La lingua che “rompe le ossa”, cioè, la lingua che compromette il decoro e la dignità dell’uomo, è quella della “chiacchiera” in modo velenoso e subdolo. Si tratta della lingua che esprime odio, rancore e malevolenza, ma in modo ingannevole e fraudolento.

Per spiegare meglio il nostro concetto, cerchiamo di raffigurarci plasticamente una donna ed un uomo sornioni (poco espressivi, dissimulatori). Questi, in modo sinistro e losco, lasciano trapelare, qua e là, parole e frasi appena abbozzate o ingenerosi apprezzamenti a danno di malcelate persone di cui intendono colpire la rispettabilità e la professionalità; ecco, è questo il modo peggiore di ferire l’uomo. Non c’è arte più subdola e maligna. Solitamente i motivi di tanto livore non si conoscono (anche se immaginabili), ma noi pensiamo che nessuno sia oggi disposto a raccogliere le confessioni di persone tese a deturpare, a ragione o a torto, l’immagine del proprio simile.

Ora, per concludere, siccome noi abborriamo il ricorso al linciaggio morale, perché ben altre sono le strade da percorrere per la rivendicazione dei propri diritti, l’unico consiglio che sommessamente intendiamo suggerire ai nostri lettori è quello di non fidarsi di chi alberga nel proprio animo sentimenti di ostilità e di malignità per i propri simili. Non c’è gelosia o rivalità che regga: il valore e la grandezza dell’uomo risiedono innanzitutto nella rettitudine dei suoi atti e del suo comportamento. Per questo noi auspichiamo sempre gentilezza di modi, espressioni cortesi, garbo e amabilità con tutti. E’ un atteggiamento che si pone pienamente in sintonia con l’etica esistenziale della persona socialmente e moralmente dotata.