PERCHE’ SAN NICANDRO SI CHIAMA COSI’? (SECONDA PARTE)

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La storia vera e propria dei tre Santi Martiri è quindi quella dei protettori di Venafro dove in una basilica fuori città sono sepolti i loro corpi.

Nicandro, con la moglie Daria, e Marciano nacquero in Africa. Valorosi e pronti all’obbedienza scalarono tutti i gradi della Milizia fino a raggiungere le cariche più alte. Poichè l’Italia era depredata e devastata dai Sarnati, Goti e Alani, gli imperatori Diocleziano e Massimiliano, che perseguitarono il Cristianesimo con 4 editti del 303-304, richiamarono da tutte le nazioni dell’impero i più valorosi: così dall’Africa giunsero i capitani Nicandro e Marciano con moglie e figli a seguito. Qui giunti. Abbracciarono subito la fede cristiana. Predicarono il vangelo nella città di Atina e di qui si recarono a Venafro, dove per tre anni si diedero a catechizzare nuovi adepti e a professare la fede di Dio con opere, dottrina e miracoli.

I seguaci dei vecchi culti pagani, vedendo scemare la frequenza e i sacrifici dei loro idoli, corrono a Roma e denunciano Nicandro e Marciano all’imperatore Massimiliano come ribelli all’imperatore romano e sovvertitori del popolo. L’imperatore, di fronte ad accuse così circostanziate, invia a Venafro il preside Massimiano, il quale chiama a sé i due “ribelli” e cerca con ragionamenti, con lusinghe e con minacce di farli tornare sulla vecchia strada.

Ma Nicandro e Marciano non desistono, anzi, si dichiarano pronti a patire anche i supplizi per la fede. Il presidente, conoscendo l’autorevolezza e il prestigio di cui godono i due capitani, decide solo di farli arrestare sperando che col tempo cambino opinione.

Il presidente Massimiliano cerca con tutti i mezzi di far recedere i due capitani, ma vista l’inutilità delle lusinghe, ordina che i due nuovi Cristiani siano sottoposti a supplizi: “vengono lacerati con uncini di ferro e sospesi ad alte travi da carnefici, i quali forano le loro membra con spiedi acuminati, indi li distendono su carboni accesi, battuti con verghe, versano sulle loro piaghe aceto e sale, stropicciando le loro ferite con rottami, con pietre pestano le loro cocche e il volto, gli svellono dalla bocca tutti i denti. Così per un mese continuarono or con uno or con un altro di questi Martiri, furono crudelmente straziati i Santi Martiri”, emana la sentenza di morte, che Nicandro e Marciano accolsero di buon grado.

Un ulteriore grande prova che i due Santi diedero durante il tragitto al luogo della decapitazione. Seguivano il triste corteo con la moglie di Nicandro, Daria, il figlio Pipiniano e la moglie e il figlio di Marciano.

A tale vista chiunque avrebbe ceduto di schianto, ma i Santi Martiri diedero prova di costanza ed eroismo incredibili, aiutati in ciò dall’ammirevole ed altrettanto eroica condotta di Daria che incitava il marito a sacrificarsi per la fede. La moglie di Marciano, invece, cercava di distoglierlo dal marito, scongiurandolo ad avere pietà di sé e del figliolo. A che, San Marciano rispose che se fosse stata più avveduta si sarebbe dovuta rallegrare per la vicina morte perché era prossimo l’incontro con Gesù in cielo.

Giunsero al luogo del martirio giulivi e inneggianti a Dio; il Preside Massimiliano, non riuscendo a tollerare tutto questo, ordina che siano recise le lingue perché i dispregiatori del culto degli dei e subito dopo fa loro tagliare la testa. Questo avvenne il 17 giugno 303.

Dopo il martirio dei due campioni della fede, fu legata anche Daria che era stata lasciata libera bella speranza risultata vana, che spingesse il marito Marciano a distogliere lo sguardo dalla nuova fede. Dopo tre giorni di supplizi le fu recisa la testa. Nella Chiesa Madre c’è una reliquia di San Nicandro: il pollice.

(la prima parte è stata pubblicata ieri)