LA PRIMA GUIDA TURISTICA DEL GARGANO IN “OSPITALITA’ ITALIANA”

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Quella che state per leggere oggi è tra le più antiche guide turistiche del Gargano, forse la prima. La scrisse nel 1933 Ester Loiodice per il numero doppio della rivista Ospitalità Italiana di cui fu curatrice, firmando personalmente l’editoriale ed alcuni articoli, tra cui quello, davvero molto bello, intitolato Nel regno delle leggende e dei fantasmi, in cui conduce il turista alla scoperta dei luoghi più fascinosi e misteriosi del Gargano, con uno sguardo particolare alle grotte di cui è cosparso il territorio del promontorio.

Insegnante, ricercatrice, pioniera dello studio e della valorizzazione delle tradizioni popolari (fu la promotrice e la curatrice della sezione del museo civico dedicata alle tradizioni popolari), Ester Loiodice fu una instancabile animatrice culturale. Si deve a lei l’acquisto, da parte della Provincia di Foggia, della imponente biblioteca privata di Nicola Zingarelli, consistente in quasi 10.000 volumi che l’illustre filologo cerignolano volle fossero ceduti alla nascente Biblioteca Provinciale di Foggia dopo la sua morte.

La biblioteca possiede una sua ampia collezione di fotografie, che vennero raccolte proprio per Ospitalità Italiana.

L’articolo si segnala per la sua modernità. L’autrice evita una rappresentazione convenzionale ed oleografica della Montagna del Sole, preferendo concentrarsi su aspetti paesaggistici insoliti, come le grotte. Ospitalità Italiana si occupò anche di altri aspetti del Gargano, ma lo scritto di Ester Loiodice, corredato da fotografie decisamente originali, è particolarmente interessante, per il riuscito tentativo di declinarne le caratteristiche più suggestive e meno note.

La pubblicazione fa parte della serie di post che Lettere Meridiane sta dedicando al numero speciale di Ospitalità Italiana nell’ambito di Memorie Meridiane, la rubrica del blog che regala ad amici e lettori gadget digitali sul nostro passato e la nostra identità. Per guardare le immagini ad una maggior risoluzione, cliccate sulla miniatura e tenete premuto. Per sfogliare o scaricare l’articolo nel suo formato originale, utilizzate il visore alla fine del testo. Alla fine, gli articoli di Ospitalità Italiana già pubblicati. Buona lettura.

NEL REGNO DELLE LEGGENDE E DEI FANTASMI

Tuffata l’anima, nella serenità d’una notte lunare e ritemprate le stanche membra, il turista, di buona lena, riprenda il suo andare e, dal regno dei viventi, muova verso quello sotterraneo.

Le titaniche canzoni e i millenari carmi riudirà soffusi di mistero, e il selvaggio e l’orrido, di attrattiva scientifico-artistica, delle viscere garganiche, ammirerà nel loro fascinoso incanto.

Sia che tenda verso la solennità maestosa del mare o preferisca la silvestre pace, il turista potrà prendere la via dell’Adriatico o quella del monte, partendo da Manfredonia o dal Capoluogo.

Movendo da Foggia, sulla rotabile per Manfredonia, incontrerà il Palazzo della Pianara, che ben meriterebbe la dichiarazione di monumento nazionale. Dopo qual-che chilometro, sulla sinistra, verso l’interno, scorgerà i ruderi dell’antica Arpi; e poi gli avanzi del monumento nazionale: S. Leonardo; e più avanti ancora, all’altezza di Siponto, le Catacombe.

Da Manfredonia, nostalgica di bianche vele, cui danno pittoreschi toni le mille e mille figurazioni policrome dell’anima marinara, il turista guadagnerà il largo col piroscafo che fa servizio bisettimanale. L’ultimo tratto del Tavoliere onusto gli porgerà il suo saluto e il periplo garganico inizierà il suo profilo col sorriso delle scogliere arcuate e la leggiadria delle punte susseguentisi ed olezzanti di salsedine e d’alghe salutari.

Esemplari scavati dell’età del bronzo ora al Museo Civico di Foggia

Degraderà, dall’alto di Monte S. Angelo, verso le prime pendici e lungo i mandorleti e gli uliveti, il sinuoso nastro stradale, che s’allineerà, poi, tra le verdi forre dei fichi d’India, di Macchia. Da lungi, Coppa Nevigata solleticherà la curiosità del turista con i suoi ricordi dell’età del bronzo; più avanti la «Spelonca di Occhiopinto », con le sue ventiquattro gallerie della lunghezza di seicento metri, con burroni e caverne, proseguenti in altre immergentisi nelle viscere della colonna sub-appenninica garganica, ed i suoi rinvenimenti litici preistorici e le belle stalattiti e stalagmiti. Più largo, intanto, si farà il respiro sull’Adriatico e le sue irridescenze di lapislazzuli, di verde antico e d’oltremare, mentre rinvigoriranno il suo spirito carezzeranno la pittoresca costa. Scogliere a picco, antri seminascosti, stratificazioni aride, preparati quasi apposta per farne studiare l’evoluzione geologica, dirupi pittoreschi, strapiombi di alpina memoria, uscite di valli ubertose, rispecchiantisi, superbi, nelle sottostanti acque s’appresteranno allo sguardo, mentre le leggende s’affolleranno con potenza rievocatrice, tanto più carezzevoli quanto più animate dalla suggestione dei millenni e dall’arcano della natura. Nella ricca visione panoramica l’occhio salterà da l’uno a l’altro cocuzzolo finché Monte Saraceno, ripresenterà il quadro dell’Eroe della Disfida, precipitante nel gorgo dell’Amarissimo. Più avanti, «l’aura movesi ed olezza» ed il piroscafo, lievemente beccheggiando, sosterà.

Sulla strada statale Mattinata-Viesti «Le Ripe rosse»

In un battello, il turista raggiunga la costa e, sicuro sulle acque profonde, imbocchi la prima di un interessante gruppo di Grotte. Nella più pura visione di quiete vedrà la Grotta dei Colombi con le sue acque dalle tinte azzurrognole, evanescenti. A questa seguirà quella del Purgatorio o dei Morti, come alcuni vogliono denominarla. Chiare e fresche acque lo culleranno, riflettendo il cristallino fondo di roccia; e lo spirito delle deità marine, secondo alcuni, o le anime dei marinai, che osarono profanare la religiosità dello speco, secondo altri, o infine, l’ombra serena dei pescatori che, per disgrazia in quei gorghi naufragarono, gli ripeteranno il verso eterno della eterna vita. Riflessi opalini e di ocra, violacei, rossastri o azzurrognoli, intrecciandosi con le iridescenze dell’artistico soffitto lo involveranno, emozionandolo ed elevandolo. Ma, la fiammella oscillante sulle nicchie, che lo stillicidio ha rimarcato sulle pareti, sprizzando nuovi bagliori d’amore sui Trapassati, gl’insegnerà, non, « come l’uom s’eterna », ma come il senso del divino sia commisto e connaturato in tutte le cose.

Le prime pendici del Gargano verso Manfredonia

Favoleggiando ognora di divinità e di chimere, il turista passi oltre e raggiunga la successiva Grotta dei Pipistrelli. Quivi, sull’ingresso, ammirerà le poderose contorsioni di un annoso tronco fossilizzato, che stende le sue rame capricciose su per il costolone, in parte roccioso, in parte ombreggiato dai cerri e dai pini. Nuovo gioco di luci lo attende, tra un nuvolo fitto di pipistrelli scattanti dalle anfrattuosità e dalle volute delle stalattiti brillanti, sfiorandogli il capo immerso nella deliziosa frescura. Un attimo di sconcerto, forse, lo prenderà, ma la poesia virente della gemma mirifica, subito lo compenserà con le sue sensazioni salutari.

Viesti, le grotte

La Grotta delle Fate pronta, tra le rigidezze della costa proseguente a picco, non gli distruggerà la visione incantevole delle precedenti. Anch’essa lo attenderà con la sua marmorea e lucente volta e le pareti ricontanti le epoche millenarie. «Il carminio, il violetto, il giallo, il verde, il bleu, si sono stemprati pazientemente, torno torno, e danno all’aria una trasparenza luminosa come di raggi di sole che passino attraverso un prisma. In fondo, dove pompeggia sugli altri colori un violetto vividissimo, v’ha qualcosa di conforto che pende e sembra un candelabro; è una bella stalattite, e non la sola, poiché a un certo punto la volta, è tempestata di penduli massi calcarei dalle forme strane e bizzarre».

Poche remate verso l’esterno e un’altra sorpresa l’attende: la fantasmagoria della Grotta Campana, più ampia e più alta delle precedenti. Essa trae il suo nome dalla sua forma, e, da qualcuno, è chiamata anche la «Rotonda e il Pantheon garganico». Solo la fisionomia di uno spirito eletto può, d’un tratto armonizzare con quella che suscita la policromia dei riflessi dell’antro, creata da un verso dall’azione secolare dell’onda, e dall’altro, dalle acque filtranti attraverso la grotta, or levigata, or cesellata. Sono effetti magici, che solo l’istantanea tavolozza di un artista o l’espressione di un poeta-fisico possono cogliere, sempre relativamente. Spettri, figure marine, personaggi allegri che la fantasia umana crea a servizio di certi momenti psicologici trovano balenii di vita nel fluttuante vigore delle tinte azzurre e nel corteggio delle stalattiti della volta già in forma di pendagli, di grappoletti, di frange. È l’incanto della famosa Grotta Azzurra che, con espressione meno passionale, si trasferisce in quella Campana.

Stupefatto, il turista torni al suo piroscafo e prima di continuare nell’ammirazione degli altri antri, delle caverne, delle scogliere e dei pendii or lussureggianti ora rocciosi, sappia che la «Natura varia nei suoi portenti » gli ha approntato un godimento un po’ diverso, ma parimenti interessante.

L. Schingo: La rupe di Peschici

Verso l’antica Matinum, in prossimità della biancheggiante Mattinata, là ove il verde della Piana omonima s’infittisce, alcuni ipogei scavati nel calcareo tenero, ed una necropoli della seconda età del ferro gli renderanno alcuni conti sulla esistenza dell’uomo primitivo garganico. Oh, che cosa troverà se sarà un appassionato investigatore della remota età umana! Vi troverà angoli che attendono ancora il primo visitatore!

Proseguendo lungo la costa, il turista incunei lo sguardo tra le fitte boscaglie e noti sul suo taccuino che, in linea d’aria, nell’interno, sulla rotabile Mattinata-Vieste, un panorama di meraviglioso effetto glielo riserbano le così dette «Ripe Rosse>. Nuovi tesori, la Natura custodisce nelle sottostanti Grotte.

Il piroscafo avanza. Il rullio impresso ai suoi fianchi dalle acque addita la volta del Capo. Vieste, infatti, protesa sulla marina, saluta con i suoi ricordi il visitatore. In uno splendore di natura, tra un succedersi di maliose marine, di boschi e di pinnacoli, di giardini e di frutteti, e tonalità da presepe il versante nord del Gargano si affaccia, ridente. Che bellezza! Casette sperdute tra le verzure; borghi appollaiati qua e là, sulle falde lussureggianti, gelosi quasi della loro verginità; torri vagheggianti memorie passate; profili di badie e di chiesette; ruscelli correnti con grazia civettuola tra le rocce e le macchie verdeggianti; canti dolci, profumi di zagare e di pinete, tutto un panorama estasiante affascinerà il turista e lo porterà lontano lontano nel regno delle favole «del buon tempo antico».

E tra Peschici e Rodi, la bella spiaggia di S. Menaio, trionfante ora della Ferrovia Garganica. Qui sosti; e dalla Torre del Bellariva, in un sereno tramonto, come insogno, goda l’incantevole vista delle leggendarie Diomedee o Tremiti; ascolti la voce che giunge dalla italianissima Dalmazia, e fonda il suo al fremito sommesso dell’Adriatico che, sulla sinistra, vede giganteggiare i massicci del Gran Sasso e della Maiella.

Ristoratosi e rifattosi della stanchezza del giorno innanzi, indossi la veste del paleontologo e faccia qualche escursione nella zona archeolitica e protoneolitica, in quel di Peschici, a Calinella, a Macchia di Mare, a Vico, ad Ischitella. E tra i ricordi dei primitivi rinvenimenti litici colga la novità che la costanza e l’abilità del Rellini hanno messo in luce. «Ho esplorato – scrive l’illustre Professore – (nel maggio ultimo) oltre cento tra caverne, doline, botri, grave ed ho trovate tracce preistoriche in venti località.»

«Soprattutto degno di nota è l’abitato trogloditico – pre-protostorico – che ho scoperto a Punta Manacorre, presso Peschici. Ho scavata una caverna, in gran parte crollata (Grotta Lina); sono in corso gli scavi nel Grottone di Manacorre. Anche in queste caverne è stata messa in luce una stratigrafia regolare».

Peschici, abitazioni scavate nella roccia

Si tratta specialmente di resti abbondantissimi di una rozza ceramica; di punteruoli di osso; di macine; di relitti del lavoro. Non manca qualche pugnale e qualche anello di bronzo o qualche capeduncola monoansata, oggetti questi trovati insieme con numerosi scheletri trovati finora sul Gargano. «Possiamo intanto dire – prosegue il Rellini – che siamo in presenza di una speciale fase della cultura primitiva che si attarda sul Gargano quando qui giungevano le prime correnti civili transadriatiche all’alba del VI secolo A. C.; i tempi in cui si localizzava sul Promontorio il mito dell’argivo eroe Diomede e appresso quello di Calcante e di Podalirio»

Cagnano Varano – Grotta di San Michele

E quando queste zone l’avranno soddisfatto continui per le altre contrade di Monte Grande, del Bosco Umbro, di Coppa d’Ischio, dei Cappuccini e del lago della Fara, in quel di Vico; di Carpino, del Devia e del Varano e delle così dette Camerata, Fischino e Pontone, in quel di Lesina. Nella zona preistorica del Varano non trascuri la Grotta di S. Michele a quattro chilometri dal paese. Vi potrà accedere dalla carozzabile comunale, che si allaccia alla statale Cagnano-S. Nicandro, a circa un chilometro e mezzo dall’abitato. In quello scenario di stalattiti e di stalagmiti la tradizione vuole che, nel 490 dell’Era Cristiana, apparisse l’Arcangelo e che di là movesse, poi, alla volta di Monte S. Angelo. Nell’interno, tra una breve fuga di colonne a serpentino e le variegate decorazioni degli sfrangiati stalattitici si nota un altare, di recente costruzione, ed una vasca detta di S. Lucia, le cui acque sanano affezioni dell’occhio. Se il turista capiterà colà nel pomeriggio dell’8 maggio non disdegni di trattenersi tra i pellegrini susseguentisi dal 1500 in poi con rinnovata fede e devozione per il miracoloso Arcangelo e divida con loro e col numeroso popolo cagnanese, che in quel pomeriggio si riversa nel circostante bosco, a consumare, tra canti e classiche tarantelle ed altalene, le succulente colazioni, di sapore tutto paesano.

Se non vorrà fermarsi oltre prenda la Garganica e dopo aver lasciato su un lato S. Nicandro Garganico, caratteristico con i suoi tetti degradanti e il simpatico aspetto da presepe, vada a S. Marco in Lamis. Poco lungi, nella Grotta di Monte Nero, ritroverà lo spettacolo stalattitico che lo farà trasognare. Ancora qui, ma senza il fascino del mare, ritroverà veli e trine, merletti e tendine; figurazioni meno poetiche, ma più robuste; personificazioni mitiche e giochi di luci, quando il sole s’infiltrerà dall’ingresso.

Qualche giorno sarà passato e potrà ritornare al Capoluogo.

ESTHER LOIODICE (Beppe Inserra)