LA “COMUNITA’ PARROCCHIALE” PRIMA, DURANTE E DOPO IL COVID-19

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Gentile Direttore,

nulla sarà come prima, dallo scoppio del Conavid19 nelle nostre comunità parrocchiali. Il virus ha fatto emergere, anticipandole di oltre 10 anni, contraddizioni e debolezze nel considerarci “protetti” dall’appartenenza a Cristo!

Non dimostrando agli “altri” che lo stile di vita proposto dal Vangelo, è lo scudo dai fallimenti della secolarizzazione delle condotte individuali e collettive.

Allo stesso tempo la diminuzione delle nascite, anzi il suo zero assoluto, pone il problema della conduzione spirituale delle parrocchie da parte di preti e suore.

Gli abitanti cattolici (fedeli) inseriti in più parrocchie della stessa zona o rione, sono diminuiti di numero da assegnare un solo parroco a più unità pastorali. Anche per la perdurante quanto preoccupante crisi vocazionali.

Da qualche anno vi si celebrano funerali (per invecchiamento) al ritmo di un centinaio all’anno e nascite vicine allo zero e le abitazioni (liberate) non ereditate dai figli, vengono assegnate quasi tutte a stranieri, in maggioranza non cattolici.

Non solo la ridotta presenza di fedeli cattolici, ma il virus ha imposto il distanziamento delle presenze nelle celebrazioni religiose, riducendole alla metà, con il timore assuefazione nel futuro.

Le nostre certezze devono essere riviste, rimodulandole, nel coadiuvare il Parroco con atti concreti e reali, se non si vuole lo spopolamento delle celebrazioni cristiano – cattoliche. Così come oggi, purtroppo, si nota.

ll rischio pericolo, poi, della islamizzazione delle nostre comunità sta nel fatto che il modello di vita del Vangelo, sia sostituito da altri devastanti per la vita umana, come è sotto gli occhi di noi tutti.

Michele Russi