INGRESSO A MEDICINA: NUOVE REGOLE, NUOVI DUBBI

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La revisione delle modalità di accesso a Medicina, Odontoiatria e Veterinaria solleva varie domande. Ad esempio, sul modo in cui si costruisce la graduatoria di merito che permette il definitivo ingresso nelle facoltà e sul ruolo della didattica a distanza.

Lo sbarramento resta, ma si sposta in avanti

Il Testo unico adottato dalla Commissione per i disegni di legge inerenti alla modifica delle modalità di accesso ai corsi di Medicina, Veterinaria e Odontoiatria è stato salutato con sentimenti contrastanti da parte dei numerosi attori del sistema della formazione sanitaria.

Sbrigativamente archiviato come “abolizione del numero chiuso a Medicina”, il Testo è molto lontano dal proporre la cancellazione del numero programmato: semmai sposta avanti di un semestre lo sbarramento, che rimane comunque e che terrà conto, nei decreti attuativi, “delle valutazioni del ministero dell’Università e della Ricerca di concerto con il ministero della Salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente tra lo stato, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano”: in pratica una valutazione da cui scaturirà il numero degli studenti iscrivibili al corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia dopo il primo semestre.

Ciò premesso, e fermo restando che un giudizio sull’intera materia potrà essere espresso solo dopo che il governo avrà adottato i decreti legislativi, sarebbe forse utile esaminare con attenzione gli articoli fondamentali del Testo unificato, che mettono comunque paletti significativi ai decreti attuativi. Questo anche in vista degli emendamenti che potranno essere presentati entro il 13 di maggio.

Come si costruisce la graduatoria per l’ammissione al secondo semestre?

L’articolo 2, al comma c) prevede che l’ammissione al secondo semestre sia subordinata al conseguimento di tutti i crediti formativi del primo semestre “svolti secondo standard uniformi, nonché alla collocazione in posizione utile nella graduatoria di merito nazionale”.

Formulazione più vaga sarebbe difficile da ideare:

standard uniformi fra gli ormai oltre 90 corsi di Medicina presenti in Italia sono raggiungibili unicamente nel caso in cui gli esami vengano effettuati in un unico format con quiz a risposta multipla identici su tutto il territorio nazionale;

una graduatoria di merito nazionale come la si intende costruire? Spero nessuno immagini di ottenerla in base ai punteggi conseguiti agli esami di profitto: da un lato, significherebbe mettere i docenti nella sgradevole posizione di renderli responsabili con le loro valutazioni della collocazione nella graduatoria, finendo per distorcere la loro serenità di giudizio; dall’altro lato, significherebbe fingere di non conoscere la estrema difformità che esiste fra le scuole mediche italiane.

Non rimane allora che un nuovo esame a livello nazionale che, a differenza di quanto è avvenuto finora, si svolgerebbe solo ed esclusivamente sulle materie oggetto di insegnamento nel primo semestre, anziché sui cervellotici quiz erogati in passato.

Verso la didattica a distanza?

L’articolo 2, al comma e): la sostenibilità dell’elevato numero di iscritti prevedibili andrebbe raggiunta “attraverso il potenziamento delle capacità ricettive delle università nel rispetto di standard innovativi relativi alla qualità della formazione”.

Non sono sicuro che i legislatori si siano resi realmente conto di quanto il potenziamento possa pesare in termini di costi sugli atenei. Dopo un solo giorno dalla comparsa del Testo, due prestigiosi esponenti del mondo della formazione in ambito sanitario hanno espresso molto chiaramente le loro opinioni: il prorettore dell’Università di Milano, Gian Vincenzo Zuccotti, e il direttore della Scuola Medica dell’Università di Pisa, Emanuele Neri. Entrambi sottolineano la attuale impreparazione delle strutture universitarie a ricevere il numero prevedibile di iscritti al primo semestre. Preoccupazione infondata? Tutt’altro direi, basterebbe solo riprendere in mano lo studio di Maturo e Moretti per comprendere il numero di docenti e ricercatori necessari, al di là della situazione delle stesse strutture ricettive. Il calcolo è molto semplice: per effetto del decreto 1154/2021, che regola il rapporto fra docenti e studenti, dovremmo prevedere di aumentare di 3-4 volte il numero dei docenti necessari rispetto alle iscrizioni attese: un costo enorme, se non insostenibile, per gli atenei.

Ma allora il legislatore, quando parla di “standard innovativi relativi alla qualità della formazione”, ha forse in mente la didattica a distanza? In effetti nel primo dei disegni di legge presentati su questa materia, il Ddl 915, prima firma Bucalo, recitava: “lo stesso [corso] può essere disposto a distanza per le lezioni frontali (…). Gli atenei tradizionali possono avvalersi della collaborazione degli atenei telematici”.

La didattica a distanza diventerebbe così non solo possibile, stante la tipologia dei corsi da erogare, ma addirittura inevitabile, per fare fronte alla attuale scarsezza di docenti e aule.

Chi garantisce la preparazione scientifica del tutor?

L’articolo 2, al comma l, prevede la possibilità per gli studenti di “svolgere un’attività di formazione teorico-pratica anche sotto la guida di tutor individuati tra i medici e sanitari in servizio presso le strutture ospedaliere e territoriali”.

Supponiamo pure che un bravo medico impegnato nell’assistenza in strutture adeguate possa anche essere un bravo tutor, è tuttavia difficile pensare che non vi sia alcun filtro per stabilirne anche la capacità scientifica. Sarebbe corretto prevedere già fin da ora, e in analogia con quanto previsto per le scuole di specializzazione, l’introduzione da parte di Anvur di un indicatore che qualifichi il livello di preparazione scientifica dei tutor, come pure del resto sarebbe opportuno adottare i criteri dell’Agenas per stabilire i livelli di qualità delle strutture assistenziali.

Infine, pur lodando l’invito del Testo unificato a prendere in considerazione l’allineamento dei corsi di laurea con il post laurea (articolo 2, comma f) e a monitorare con il ministero della Salute i fabbisogni del Sistema sanitario nazionale (art. 2, comma g), non possiamo non richiamare il legislatore a una maggiore attenzione verso il collegamento dell’intera materia al drammatico andamento demografico, con il significativo incremento della popolazione anziana e del pressoché totale annullamento della medicina territoriale che si è verificato negli ultimi anni. (lavoce)