Nella prima mattinata odierna i Carabinieri della Sezione Operativa della Compagnia di Cerignola hanno dato esecuzione ad una ordinanza di custodia in carcere emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Bari, su richiesta della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, nei confronti di C. F., cl. ’68, di Trinitapoli, contiguo al clan mafioso C.-G., gravemente indiziato di essere stato uno degli autori materiali del duplice tentato omicidio, avvenuto a Trinitapoli il 10 maggio 2014, ai danni di B. M. e S. M., noti pregiudicati di Trinitapoli ritenuti affiliati al clan D. R.-M.
Dai primi riscontri acquisiti dai Carabinieri nell’immediatezza dell’accaduto, il C., alla guida di una Fiat Stilo, affiancò le due vittime mentre percorrevano, a bordo di una Lancia Y, la Strada Provinciale 62 che collega Trinitapoli a Cerignola, esplodendo nei loro confronti numerosi colpi di fucile cal. 12 caricato a pallettoni. I sicari non riuscirono nel loro intento poiché le vittime, nonostante le ferite subite, riuscirono a fuggire, prima in auto e poi a piedi attraverso le campagne. Un “copione” tipico negli agguati tra appartenenti a gruppi mafiosi contrapposti.
Nel corso del sopralluogo effettuato sulla scena del crimine i Carabinieri rinvennero e repertarono numerose tracce utili alle attività investigative, tra cui un berretto con visiera, rivelatosi poi fondamentale. Da quel berretto, infatti, i Carabinieri del Raggruppamento Investigativo Scientifico di Roma estrapolarono un unico profilo biologico, che fu poi, grazie alle risultanze investigative emerse, messo a confronto con quello del “sospettato”.
La comparazione, risultata positiva, confermava i già solidi sospetti sul C., che fu sottoposto ad un monitoraggio tecnico estremamente stringente, fino a cogliere la sua ammissione in un momento di confidenza con la moglie, colto dallo sconforto per la grande pressione investigativa esercitata su di lui.
E’ importante sottolineare che anche in questo ambito territoriale è ormai conclamata la natura mafiosa dei sodalizi in contrapposizione. Infatti, aderendo all’impostazione della DDA, il GIP ha riconosciuto la sussistenza dell’aggravante di mafia di cui all’art. 416 bis.1 c.p., sia per le spregiudicate ed eclatanti modalità operative che per il contesto criminale in cui si è inserito l’agguato.
Infatti come questo grave fatto di sangue si inserisce nell’ambito di una più vasta contrapposizione armata tra il clan C./G. e il clan M./D. R. che, dal 2003 ad oggi, si sono contesi, sul piano militare, il controllo egemonico del territorio di Trinitapoli.
In tale ambito vanno inquadrati il tentato omicidio di C. C. D. del 3.10.2003; l’omicidio di S. S. e il contestuale grave ferimento d M. M., alias “Milù” del 30.9.2004; il tentato omicidio di M. M. del 04.02.2008; il duplice tentato omicidio di M. M. e di M. R. del 22.02.2008; il duplice tentato omicidio di M. M. e del genero S. L. del 25.02.2008, l’omicidio di C. A. (a soli 15 giorni di distanza dal tentato omicidio di B. e S.); l’omicidio di B. S. del 12.1.2015 e, da ultimo, l’omicidio di D. R. P. del 20.1.2019.