IL LOCKDOWN? MEGLIO SE MIRATO E LOCALIZZATO

0
367

Misure restrittive temporanee e adottate per singoli comuni o sistemi locali del lavoro possono aiutare a ridurre la diffusione del coronavirus senza penalizzare troppo l’attività economica. Lo mostra uno studio sulle zone rosse istituite il 9 marzo 2020.

Come affrontare la seconda ondata della pandemia. Con l’inizio dell’autunno, è arrivata in Italia e in tutti gli altri paesi europei la seconda ondata del nuovo coronavirus, responsabile della malattia Covid-19. Durante la prima ondata, in primavera, il nostro è stato uno dei primi paesi a introdurre misure drastiche per ridurre la mobilità in modo da prevenire la diffusione dell’epidemia, e su lavoce.info se ne è discusso in diversi contributi.

Ora, dopo il rapido aumento dei casi di positività e di ospedalizzazioni, si è ricominciato a discutere se e quali misure restrittive applicare in modo mirato per prevenire il più possibile la trasmissione del virus, cercando allo stesso tempo di ridurre gli effetti negativi sull’economia e sulle libertà individuali.

Al contrario di quanto avvenuto a marzo, quando il sistema sanitario era meno preparato (soprattutto in relazione alla strategia delle 3T, cioè testare, tracciare e trattare) e quindi era più alto il rischio che non riuscisse a trattare in modo adeguato tutti gli individui ospedalizzati, ora la discussione si è spostata dalla necessità o meno di introdurre un lockdown generalizzato all’utilità o meno di lockdown più mirati, sia geograficamente sia a livello di specifiche industrie.

Qui discutiamo dell’efficacia di lockdown locali nel limitare la mobilità personale e quindi la trasmissione del virus. Proviamo anche ad analizzare quali caratteristiche del mercato del lavoro possono rendere le limitazioni più utili nel diminuire la trasmissione del virus, se non è possibile ricorrere a soluzioni alternative.

L’effetto delle zone rosse. Per capire l’efficacia dei lockdown locali, partiamo da un nostro recente lavoro empirico, nel quale esploriamo, per la prima volta, l’impatto dell’adozione e della rimozione di misure restrittive sui cambiamenti nella mobilità individuale in Italia. In particolare, analizziamo l’effetto del decreto che il 9 marzo 2020 ha imposto a 26 province (su 111) nel Centro-Nord gravi limitazioni alla mobilità individuale e alle interazioni sociali. Un effetto durato un solo giorno, dato che già quello successivo il governo ha introdotto nuove misure restrittive su tutto il territorio nazionale, senza distinzioni a livello locale. Quelle restrizioni sono poi rimaste in vigore fino al 3 giugno, quando le limitazioni ai movimenti attraverso le regioni sono state definitivamente rimosse.

Sfruttando la differenza di mobilità tra comuni in lockdown e altri comuni limitrofi non soggetti alle stesse misure, ma all’interno dello stesso sistema locale del lavoro, nel nostro studio dimostriamo che le misure introdotte il 9 marzo sono state efficaci: hanno abbassato la mobilità individuale di circa 7 punti percentuali in un solo giorno, in aggiunta alla riduzione di mobilità ascrivibile a fattori legati alle caratteristiche della popolazione locale e alla diffusione delle malattia. L’effetto che stimiamo per il nostro paese è in linea con quanto trovato anche da un altro studio recente sugli Stati Uniti. Grazie a queste misure, secondo le nostre stime, la diminuzione della mobilità nelle cosiddette zone rosse è stata superiore del 50 per cento rispetto alle altre.

La nostra analisi mostra, inoltre, che le caratteristiche locali hanno giocato un ruolo importante dopo la revoca dei divieti. L’aumento di mobilità, infatti, è stato più forte nelle aree o sistemi locali del lavoro in cui la forza lavoro, date le caratteristiche e la composizione delle attività produttive, appare relativamente meno esposta al rischio di contagio e dove ha meno possibilità di fare telelavoro

Da questi risultati possiamo dedurre che i lockdown locali possono causare una diminuzione consistente della mobilità e possono essere quindi utili a diminuire la diffusione del nuovo coronavirus. In più, le restrizioni locali possono essere più utili dove le caratteristiche del mercato del lavoro e della società non aiutano la naturale riduzione della mobilità.

Nella situazione attuale il ricorso a lockdown locali temporanei può dunque essere preso in considerazione, specialmente se il tracciamento dei contatti di persone risultate positive non funziona e appare prioritario ridurre le occasioni non essenziali di contatto.

La difficoltà maggiore, oggi come a marzo, rimane comunque la mancanza di un adeguato tracciamento dei contatti e di informazioni il più disaggregate possibile che, così come accade già in altri paesi, possano permettere di identificare anche a livello di strade, quartieri o imprese specifiche i luoghi nei quali le regole di distanziamento sociale e igiene sono meno rispettate e quindi dove la trasmissione del virus è più alta.

Poiché non abbiamo queste informazioni, il bilanciamento tra emergenza sanitaria e la necessità di far proseguire l’attività economica del nostro paese si può trovare nell’adozione di misure restrittive temporanee e focalizzate a livello di comuni o sistemi locali del lavoro. (la voce -Mauro Caselli, Andrea Fracasso e Sergio Scicchitano)