IL BACINO ESTRATTIVO DI APRICENA HA UN PADRE: SI CHIAMAVA MICHELE TEDESCO

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A renderlo pubblico è Alfonso Masselli: «Doveroso intitolargli un “viale” per direttissima»

“Sapremo la storia d’Italia quando sapremo la storia di ogni paese, di ogni borgata, di ogni angolo”.

Il celebre messaggio carducciano ha spinto Alfonso Masselli, responsabile delle relazioni esterne della “Stilmarmo” (noto gruppo industriale da decenni impegnato nella valorizzazione a livello globale della famosa “Pietra di Apricena”), a divulgare la storia del secondo bacino estrattivo d’Italia, dopo quello di Carrara.

E lo ha fatto carte alla mano, riesumando un articolo del passato, scritto da Martino Specchiulli, apricenese di nascita e farmacista in quel di Lesina, «cultore delle “cose” del nostro territorio, grande scrittore di testi poetici, storici e di ricerca», come ricorda l’omonimo nipote.

Un articolo, l’unico edito sull’argomento, che raccoglie le testimonianze di imprenditori e cavamonti nati nei primi decenni del secolo scorso, unanimi nell’attribuire a Michele Tedesco (in foto, a sinistra) la paternità dell’attuale bacino estrattivo di Apricena.

Nato ad Apricena nel 1889 ed ivi deceduto nel 1962, il pioniere del secondo bacino estrattivo d’Italia era chiamato in paese Z’ Mechele, lo zio di tutti, per la sua grande generosità.

Era un abilissimo scalpellino ed un grande cavamonte. Si mise a lavorare in tenera età.

Nel 1907, appena diciottenne, emigrò in Pennsylavania, dove lavorò in una cava, maturando una notevole esperienza.

Dopo un anno, fece ritorno ad Apricena, portando con sé piccoli arnesi “in acciaio” per cavare la pietra. Altri, più grandi, lì realizzò in loco con le sue mani, come lo “spaccaroccia americano”, ricavato da alcuni semiassi di Balilla.

Nel 1920, conobbe l’ingegnere minerario Aldo Colombo (in foto, a destra), milanese di nascita e napoletano d’adozione.

Tra i due nacque una proficua collaborazione, che portò Michele Tedesco ad aprire ad Apricena due cave: una di “filetto rosso” in località “Montaguto” e l’altra di “serpeggiante” in località “Panza”.

Vendeva questi due tipi di materiali all’ingegnere, il quale li piazzava a Napoli, facendoli conoscere anche ad imprenditori stranieri, orientali ed americani.

Non solo. Fu Michele Tedesco a dare il nome alle principali varietà della “Pietra di Apricena”, tuttora in uso nella nomenclatura commerciale. Se la venatura della pietra aveva l’andatura della serpe, la chiamava “Serpeggiante”. Se aveva l’andamento dell’onda del mare, “Ondàgata”. E poi la pietra “Silvabella”, che estrasse per la prima volta in località “Tre Fosse”.

«Tanto basta ed avanza per intitolargli per direttissima un “viale” in Apricena» sottolinea Masselli.

«L’intitolazione più congrua sembrerebbe essere quel tratto della S.P. 37 Apricena – Poggio Imperiale (di pertinenza del Comune di Apricena ed attualmente senza nome) che da Viale Papa Giovanni XXIII conduce al bacino estrattivo di Apricena».

«Esattamente quel tratto di strada comunale che Mastro Michele Tedesco percorreva ogni giorno a piedi per recarsi presso il suo cantiere sopra la “Murgetta”, attualmente zona ristorante dell’Incoronata», conclude il responsabile delle relazioni esterne del noto gruppo industriale apricenese.