EPIDEMIA DI COLERA DEL 1836 E 1837 IN CAPITANATA…E IL CONFRONTO CON IL COVID19 OGGI

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Da come racconta Antonio Vitulli nel suo libro “L’epidemia dI colera nel 1836 e 1837 in Capitanata”, il colera entrò nella nostra Puglia nel 1836 e Rodi Garganico e Trani si contendevano il primato del primo centro abitato colpito dal morbo. Una cosa è certa e cioè che sia a Trani che a Rodi l’intervento della autorità sanitaria fu tardivo e insufficiente. La istituzione di un cordone sanitario era un fatto da considerarsi malvisto dal popolo in quanto significava essere chiusi in una città assediata, far cessare il commercio e vivere solo di carità. Chi era fuori rimaneva fuori e chi era dentro non poteva più uscire dal paese. Proprio per questo le autorità erano restie a ordinare la chiusura e i cittadini a subirla.

Il colere si manifestò a Rodi l’11 settembre e, solo dopo dieci giorni, venne ordinato il cordone sanitario. Tale cordone era formato da due linee che partendo da Rodi, giungeva fino a Ischitella, Vico e Cagnano Varano. Tutti questi abitanti furono tutti isolati. Il 26 settembre la Commissione Centrale SanitarIa di Capitanata giungeva a Rodi trovando la cittadina in pieno caos con 400 colpiti da colera e 51 morti su 3792 abitanti ed la popolazione in preda al terrore

La situazione era tragica e questo non solo per la violenza del male ma per le cure sbagliate che erano state praticate ai colpiti dal colera. Infatti, essi erano trattati con “bagni caldi, acetato di morfina, canfora e strofinazione di tintura di iodio”. Mentre i commissari convinsero i medici ad affrontare il morbo con salassi, le sanguisughe, la somministrazione di energici purganti, ripetuti bagni e enormi quantità di neve da ingurgitare. La neve veniva da San Marco una delle più accreditate nevaie della provincia.

Nel frattempo anche Foggia era posta in allarme per preservare il capoluogo dalla epidemia e così nessuno doveva entrare in città se non da una porta sola. Si precettarono tutti i cittadini dai 18 ai 50 anni per il servizio di sorveglianza. Il 1° ottobre il cordone venne esteso a Cagnano e Manfredonia ove di verificarono casi di colera.

L’epidemia a Rodi cessa a metà ottobre e il magistrato abolisce il cordone sanitario con la Commissione sanitaria soddisfatta di come erano andate le cose. L’incubo era finito per la Capitanata. Fu fatto il bilancio dei decessi: Rodi casi registrati 494 e morti 189, Carpino casi registrati 6 e morti 6, Manfredonia casi registrati 48 e morti 19, Montesantangelo casi registrati 1 e morti 1, Cagnano casi registrati 1 e morti 1. Furono revocate le misure adottate per la epidemia con un manifesto affisso nei 62 paesi della Capitanata sottratti al dominio del morbo e la Commissione medica ricevette un donativo di 1200 ducati e a tutti venne consegnato in maniera solenne l’insegna di cavaliere dell’Ordine di Francesco I°.

Ma la gioia durò veramente poco in quanto, dopo l’inverno, con l’estate del 1837, il male riappare più violento che mai in quanto il colera esplose n tutta la Capitanata contagiando tutti i comuni. La presenza dell’autorità civile e militare sembra sparire, poca corrispondenza come se le stesse autorità si siamo arrese. Alle medicine più o meno legittimate dalla scienza medica del tempo si sostituiscono i rimedi dei ciarlatani: il vino anticolerico, i profumi, i ciondoli di rame, le boccette mercuriali, blu amuleti e poi la superstizione con gli untori, le suppliche agli altari e l’invocazione al miracolo.

A Foggia, per esempio, fu creato una specie di lazzaretto per i colerosi facendo sgombrare i soldati dalla caserma di San Antonio nella quale venne attrezzato un ospedale e creato un apposito corpo di medici, infermieri, salassatori, ecc. Sparisce tutto il sistema di controllo dell’anno precedente e non si poté più seguire le vicende del morbo. I malati si contano a migliaia e i morti a centinaia. Alla autorità sanitaria di sostituisce l’autorità di polizia. Questi i dati ufficiali comunicati alla Intendenza di Foggia al Ministero degli Interni di Napoli: San Nicandro Garganico 125 casi accertati e 122 morti, Vico 518 casi accertati e 322 morti, Vieste 1491 casi accertati e 1011 morti, Apricena 700 casi accertati e 131 morti, Cagnano 11 casi accertati e 6 morti, Foggia 1536 casi accertati e 561 morti, Ischitella 410 casi accertati e 208 morti, Lesina 119 casi accertati e 31 morti, San Severo 2030 casi accertati e 697 morti. Seguono poi altri paesi della provincia per un totale di 26.684 casi e 11.158 morti. Se si aggiungono quelli dell’anno precedente si ha un totale di 27.234 casi di colera e 11.374 morti su un totale di popolazione di 312.433 di individui.

L’epidemia si estinse nel settembre del 1837 in tutta la Capitanata e una circolare della Intendenza inviata ai sindaci evidenziava come le cose erano andate benissimo, le autorità avevano adempiuto alle loro funzioni con scrupolo e disinteresse, i medici erano stati altruisti e umani, sempre pronti al sacrificio, gli ospedali efficienti e funzionanti e i sacerdoti pieni di apostolico zelo.

Insomma un quadro idilliaco e roseo, falso e ipocrita che nemmeno la triste condizione dei tempi può giustificare. La verità era che di fronte alle epidemie, dai tempi della peste manzoniana, l’umanità non aveva fatto nessun passo avanti e la triste realtà era, come allora, sempre la stessa…”a chi tocca tocca”.

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