DAI NIPOTI AI NONNI: LA PANDEMIA CIRCOLA IN FAMIGLIA 

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L’esperienza del passato per un virus poco conosciuto. Un anno e mezzo dopo che l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato il coronavirus una pandemia, e nonostante l’ampia diffusione di diversi vaccini, abbiamo ancora una conoscenza limitata del virus Sars-CoV-2. Non sappiamo ancora con certezza quale sia stata la sua origine, quali sono i meccanismi di trasmissione, gli strumenti più efficaci per combatterlo e, soprattutto, quando finirà – o se invece resterà endemico.

La storia dell’umanità è piena di eventi pandemici, ciascuno con profondi effetti sanitari, sociali ed economici. E proprio le epidemie del passato possono essere molto utili per difendersi da quella di oggi. Ad esempio, l’esperienza di Venezia e di altre grandi città portuali e paesi del Nord Europa – da Amburgo, ai Paesi Bassi, al Regno Unito – è ancora fonte di consigli. Basterebbe una visita alla laguna di Venezia per trovare le tracce dell’efficiente organizzazione che la Serenissima mise in atto per rispondere alla diffusione della peste: con la realizzazione di reparti ospedalieri dedicati e l’imposizione di severe forme di isolamento, con la quarantena nei lazzaretti allestiti su specifiche isole.

Nell’attesa che la campagna vaccinale ci consenta di avvicinarci all’immunità di gregge, gli unici strumenti efficaci per il contenimento del contagio sono quelli del distanziamento sociale. Sono però misure fonte di elevati costi economici e, se non sono prontamente sostenute da politiche pubbliche espansive, possono facilmente sfociare in malcontento sociale, negazionismi e populismo.

Non abbiamo ancora una conoscenza epidemiologica completa circa i legami di causa ed effetto dei meccanismi di trasmissione del virus, ma è ormai chiaro che le relazioni interpersonali, sui mezzi di trasporto, come nei luoghi di lavoro, aumentano notevolmente la probabilità di contrarre il virus. Quando la trasmissione avviene per via aerea, per fermare una possibile crescita esponenziale del contagio, bisogna limitare le occasioni che ci portano vicini ad altre persone. Successivamente, è essenziale l’identificazione delle persone infette con strumenti di tracciamento e, infine, il loro isolamento. Tuttavia, è stata in parte sottovalutata, almeno nella prima fase della pandemia, l’importanza di alcuni fattori sociali, culturali e familiari che invece possono rilevarsi determinanti per la diffusione del virus.

Quanto contano i legami familiari nella diffusione. In uno studio recente, Family Ties and the Pandemic: Evidences from Sars-CoV-2, abbiamo effettuato un’analisi empirica della correlazione esistente tra la diffusione del virus Sars-CoV-2 e l’intensità dei legami familiari (family ties). Il dataset costruito per l’analisi unisce diverse informazioni raccolte su una cross-section di 63 paesi, mettendo insieme sette dimensioni d’indagine: diffusione del virus, intensità dei legami familiari, intensità del capitale sociale in termini di fiducia e religiosità, ampiezza delle politiche di contenimento dell’epidemia, lo stato dell’economia, le caratteristiche geografiche e, da ultimo, quelle demografiche. Le informazioni circa la diffusione del contagio e il tasso di mortalità da Covid-19 sono state prese dal Center for Systems Science and Engineering della Johns Hopkins University. I dati includono, per 187 paesi, il numero di casi confermati, quello di morti e quello di guariti dal 22 gennaio al 12 settembre 2020.

Come già proposto in un altro lavoro di tre di noi, si è misurata l’intensità dei legami familiari considerando tre variabili prese dalla World Value Survey: una variabile che denota direttamente l’importanza della famiglia (importance of the family); altre due che invece catturano la forza dei legami familiari da due diverse angolazioni: l’amore e il rispetto verso i propri genitori (love-parents) e il senso di responsabilità dei genitori verso i figli (help-child). Nell’analisi empirica, abbiamo usato come misura finale dell’intensità dei legami familiari la componente principale delle tre variabili.

 

I risultati finali mostrano una robusta relazione positiva tra l’intensità dei legami familiari e il tasso di contagio in tutto il mondo. In particolare, le nostre stime mostrano che un aumento della deviazione standard nella misura dei legami familiari genera un aumento dello 0,454 nella deviazione standard del numero di casi giornalieri pro capite. Il risultato è ottenuto tramite lo stimatore Ols (robusto per l’eteroschedasticità) applicato a un modello di regressione lineare in cui si sono controllati tutti gli altri fattori menzionati in precedenza ed è robusto rispetto a diverse specificazioni del modello.

L’attenzione dei genitori verso il benessere dei propri figli (la variabile “help-child”) è l’elemento dei legami familiari che più si correla positivamente con il tasso di contagio.

In linea con la letteratura esistente, emergono altre interessanti evidenze empiriche in merito alle variabili relative al capitale sociale: la fiducia negli altri e la religiosità sono negativamente correlate al numero di casi, invece la fiducia nella chiesa mostra una correlazione positiva. Il nostro studio mostra inoltre come il tasso di letalità (numero di morti rispetto al numero di casi registrati) non sembra essere influenzato dai comportamenti sociali, compresi i legami familiari.

La mortalità appare positivamente correlata ad altre variabili strutturali, come il reddito, il numero di posti letto ospedalieri, l’aspettativa di vita e l’età media della popolazione. I paesi più avanzati hanno sistemi sanitari più efficienti e stili di vita più sani, fattori decisivi sia per il monitoraggio del virus che per il contenimento del tasso di mortalità. Infine, anche la posizione geografica e la latitudine rispetto all’equatore sembrano essere rilevanti. Un risultato simile si ottiene considerando direttamente il numero di decessi per 10 mila abitanti.

Mantenere le distanze. Il ministero della Sanità francese ha di recente ribadito che “un numero significativo di focolai ha origine in famiglia o tra amici”, per questo motivo gli incontri privati dovrebbero essere limitati.

Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Spallanzani, uno dei maggiori centri Covid in Italia, ha affermato che la recrudescenza dei contagi dell’autunno e inverno 2020 potrebbe essere attribuita a “un modello di trasmissione che coinvolge i contatti familiari tra diverse fasce di età”. Un “patto tra generazioni” è quindi essenziale: i giovani devono essere “prudenti a scuola, rispettando le regole anche in casa”. Alcune prove cliniche in Italia mostrano come il pranzo della domenica possa risultare più pericoloso che frequentare luoghi affollati come il supermercato.

Non c’è dubbio che fino a quando la campagna vaccinale non coprirà la maggior parte della popolazione e adeguate terapie farmacologiche non saranno sufficientemente efficaci, la diffusione del Covid-19 potrà essere contrastata solo con misure di distanziamento sociale apparse già efficaci nella storia di passate pandemie.

Per limitare, per quanto possibile, i contatti tra nonni e nipoti, dobbiamo proteggere i primi con misure di allontanamento socialmente sopportabili, indossare le mascherine, utilizzare i disinfettanti e mantenere adeguate distanze di sicurezza.

È l’ennesima conferma che i legami familiari, il capitale sociale e il grado di fiducia negli altri sono essenziali non solo dal punto di vista economico e sociale, ma anche per il contenimento delle pandemie.

(lavoce – luca di gialleonardo, mauro marè, antonello motroni, francesco porcelli)