CHI ERA MONS. ARISTIDE D’ALESSANDRO?

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Durante i festeggiamenti della Madonna del Rosario, all’uscita dalla chiesa di San Giovanni, ho avuto modo di incontrare un componente di una confraternita presente durante la processione del sabato il quale, leggendo la lapide  dedicata a don Aristide D’Alessamdro, mi ha chiesto notizie su di lui. Io gli raccontai, per sommi capi, la figura di questo personaggio che, a tanti anni dalla morte, rimane un esempio di intellettuale, di eloquenza e di tanta umanità quasi da diventare inimitabile nel come fare e saper essere sacerdote.

Ho trovato alcune fotocopie di un libro (di cui mi manca però il nome dell’autore) nelle quali si parla, tra gli altri personaggi sannicandresi, anche di don Aristide. Ecco come viene descritto.

MONS. ARISTIDE D’ALESSANDRO

Dall’alba del secolo – fino a qualche anno addietro – egli fu la figura più rappresentativa del clero sannicandrese. Al suo attivo, infatti, ci sono ben 60 anni di sacerdozio, esercitato con fervido zelo apostolico è illuminato da severi studi. Anche fisicamente era una simpatica figura, alta, asciutta, dalla carnagione bruna e da una folta chioma nera, ricciuta. Oltre che per la sua cultura, era apprezzato per la sua eloquenza trascinatrice, densa di dottrina, per la quale ripetutamente veniva chiamato come panegirista e conferenziere in varie città w come quaresimaIista finanche a Roma e Milano.

Ha insegnato a centinaia di giovani, e i superstiti ricordano che, per incitare o castigare i suoi allievi, lasciava sulle loro braccia lividi di pizzicotti.

Per un ventennio fu arciprete della Chiesa Madre di San Nicandro e la S. Sede lo insignì del titolo prelatizio di Monsignore. Prodigatosi molti anni per incarico del Ministero della Pubblica Istruzione, alla rieducazione dei minorenni carcerati, ne ebbe un meritato riconoscimento con una medaglia d’argento è un diploma conferitigli dallo stesso Ministero.

Autore di varie pubblicazioni, tra le quali sono da segnalare un saggio sulla “Dottrina cattolica nella Divina Commedia”, “Salviamo i minorenni”, “Gesù narrato al popolo”, “Il patriottismo di San Francesco”, “L’Immacolata”, “Un’ora al mese di Gesù”.

Don Aristide visse giorno per giorno l’epopea proletaria sannicandrese, così ricca di eventi tempestosi – battaglie elettorali, sommosse, invasioni di terre e della laguna -; ed agli vi rimase in mezzo imperturbabile, anche nei momenti in cui la marea popolare minacciava di travolgerlo e sommergerlo. Ma egli fendeva sereno, nelle strade, la folla, senza che mai la sua figura fisica e morale subisse un insulto: la rendeva, sicuro di se’, ma soprattutto sicuro del rispettoso amore del Popolo che gli apriva il varco, come davanti ad una miracolosa prua che placa le onde.

Don Aristide! Il “don”…”don”…”don”… era attorno uno squillante rintocco di reverenziale e affettuoso omaggio al più eletto tra gli uomini del paese. Perciò non mi ha stupito sentire che alla sua morte “tutto il paese lo ha pianto”.

Era ancora, nel 1964’ alto, diritto, asciutto, a 84 anni, ormai è la canizie aveva trasformato la sua ricciuta chioma nera in una corona d’argento che gli donava un aspetto quasi sacro.