SAN NICANDRO: “LA PRUC’SSIONA N’ CAMINA E LA CANNELA C’ CH’NSUMA”

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Continua una nuova serie di articoli che parlano sui modi di dire e degli aforismi locali per capire e analizzare la quo ed offrire una visione chiara, lucida e trasparente della condizione umana in cui ognuno di noi può legittimamente dedurre o trarre da ciascuno di essi le considerazioni che gli sembrano più ovvie in riferimento ai tempi, alle usanze, ai problemi, ai comportamenti e agli altalenanti rivolgimenti che la società sta attualmente vivendo. Gli articoli sono tratti dal libro “Voci di Capitanata” di Donato D’Amico.

Il detto di oggi è: “La pruc’ssiona n’ camina e la cannela c’ ch’nsuma”, cioè “La processione non cammina e la cannela si consuma”.

Il tempo trascorre inesorabilmente. Avanza l’umanità negli anni e noi stessi non ci accorgiamo di contarne sempre uno in più. Ai momenti tanto giulivi e festosi della nostra fanciullezza succede sempre, in futuro, una ponderata riflessione sul nostro passato. E spesso si tratta di riflessioni amare, perché ci accorgiamo di aver speso male i nostri giorni. La vita, invece, è o dovrebbe essere sempre un continuo investimento, perché non si può vivere alle spalle degli altri. Se qualcuno vi riesce non fa che ingannare la buona fede del prossimo con raggiri e artifici. Allora, bisogna investire. Ma come? Innanzitutto in termini di formazione e di preparazione. Noi riteniamo che la formazione del carattere e la preparazione professionale siano propedeutici ad ogni sicuro investimento.

A riguardo, possiamo precisare che i termini educazione, cultura e volontà costituiscono, a nostro avviso, il trinomio dal quale non è possibile derogare se vogliamo ottenere un cospicuo rendimento dalle nostre prestazioni. E il proverbio è un esplicito invito ad impiegare in tal senso il nostro tempo. Ovviamente, senza attardarci in una tematica d’ordine pedagogico-educativo, che comunque ci troverebbe professionalmente consenzienti, noi vogliamo solo esplicitare, in modo conciso ed elementare, il contenuto dei termini che abbiamo indicato, termini indispensabili per evitare che la vita scorra inutilmente. Diciamo, allora, di assumere il termine “educazione” come rispetto, disciplina, osservanza delle regole, dirittura morale; il termine “cultura” come complesso delle cognizioni da conoscere e come istruzione da possedere; infine, il termine “volontà” come facoltà di volere e impegno ad operare.

Ora, al di là di ogni inutile precettistica, noi riteniamo che determinate qualità, come quelle indicate, siano indispensabili per riuscire nella vita. Non si tratta, è ovvio, di possedere lo scibile umano, no. E’ essenziale, però, conoscere quanto professionalmente necessario per conseguire determinati risultati. Occorre, dunque, un’accurata preparazione tecnico-professionale ancorata ad una propedeutica struttura formativa di base, a sua volta imperniata su valori e principi di carattere universali, i quali non solo consentiranno un repentino ingresso nel mondo del lavoro, ma eviteranno, altresì, il cosiddetto “effetto spersonalizzazione”. Infatti, per combattere e superare l’effetto “spersonalizzazione” che tanto gravemente sta incidendo sulla società, ci sembra opportuno procedere ad una ristrutturazione più funzionale del mondo del lavoro, ad una contemporanea riorganizzazione dei tempi di occupazione e ad una più razionale distribuzione dei lavoratori in ordine alle qualificazioni ed alle specializzazioni possedute.

Ora, siccome le esigenze della vita moderna non consentono più all’uomo alcuna sosta. Allora è necessario recuperare subito in termini di operatività e di credibilità. Dunque, se non vogliamo che il tempo trascorra inutilmente, ci serve doveroso ed urgente briciare un po’ le tappe, ossia forzare i tempi di intervento, cercando contestualmente di ristrutturare, riqualificare e riorganizzare la società in maniera tecnicamente efficiente, ma umanamente dignitosa e rispettosa del “valore” umano. Soprattutto non dimentichiamo che la mancanza di formazione e di preparazione non consentirà mai all’uomo e realizzare alcunché di buono nella vita, la quale, inesorabilmente, continua intanto a scorrere lungo i binari della mediocrità e della banalità più insignificanti.