Continua una nuova seriedi articoli che parlano sui modi di dire e degli aforismi locali per capire e analizzare la quo ed offrire una visione chiara, lucida e trasparente della condizione umana in cui ognuno di noi può legittimamente dedurre o trarre da ciascuno di essi le considerazioni che gli sembrano più ovvie in riferimento ai tempi, alle usanze, ai problemi, ai comportamenti e agli altalenanti rivolgimenti che la società sta attualmente vivendo. Gli articoli sono tratti dal libro “Voci di Capitanata” di Donato D’Amico.
Il detto di oggi è: “I ciucc’ fu’jn e i cavadd c’ ferm’n”, cioè “Gli asini corrono e i cavalli si fermano”.
Pensare di restare meravigliati o stupiti per fatti e gesti inusuali oggi ci sembra un po’ fuori tempo. Vogliamo dire che la sorpresa non esiste quasi più perchè l’uomo vive talmente in fretta il suo tempo che da un momento all’altro può succedere tutto di tutto. Così, dire che gli asini corrono, pur essendo stati utilizzati sempre come animali da soma, oggi non sorprende più nessuno. Similmente non costituisce novità o stranezza per nessuno se i cavalli vengono utilizzati come bestie da sona. Dunque, quant’anche le prestazioni dei due animali dovessero risultare diverse o essere addirittura scambiate, per noi non sarebbe una sorpresa.
Non sarebbe la stessa cosa se ciò dovesse inerire i valori che informano la convivenza umana. In questo secondo caso, si tratterebbe solo di un’apparente accettazione del capovolgimento dei valori umani perché, interiormente, l’uomo sente di vivere una realtà diversa, una realtà che non collima affatto con quella che è costretto ad accettare, vuoi per la “pressione” dei tempi, vuoi per gli effetti dell’odierno cambiamento, che non è certamente evoluzione, ma sempre e solo mutamento “in peius” della società. In una parola, solo la decadenza e la corruzione dei tempi che viviamo possono permettere una certa trasformazione o alterazione dei valori. Di qui la convinzione che come le prestazioni degli asini e dei cavalli possono essere scambiate, così, altrettanto similmente, le carenze dei mediocri possono ad un certo punto brillare e le qualità dei meritevoli, viceversa, possono essere trascurate. Meravigliarsi e stupirsi di quanto oggi ci accade intorno è una ingenuità, perché tutto, con una bronzea sfacciataggine, viene ricollegato alla legge della imponderabilità, anche il progresso o “avanzamento” dei mediocri (gli asini) e il regresso o “decadimento” dei meritevoli (i cavalli).
In questo clima, i mediocri progrediscono. Ciò significa che la tangente funziona, che lo svilimento delle istituzioni è in continua ascesa, che non esiste argine possibile alla corruttela e alla corruzione dei costumi. I meritevoli, purtroppo, segnano il passo, sono in lista di attesa, mordono il freno come i cavalli sulla linea di partenza. Per quanto tempo ancora dobbiamo sopportare un simile affronto? I diritti delle genti e i meriti delle persone oneste e preparate saranno mai considerati e rispettati? Probabilmente, la nostra speranza sarà solo una pia illusione, sarà forse una cocente delusione, ma noi osiamo sperare che alla fine gli italiani riusciranno a ripristinare solidarietà morale e ordine legale: sono le due grandi categorie della storia, le sole che riusciranno a garantire, da una parte, serenità e tranquillità sociali, e, dall’altra, una civiltà giuridica che sui piatti della bilancia riuscirà meritoriamente a soppesare pregi e difetti, colpe e meriti, stroncando, una volta per tutte, benefici non meritati, privilegi, intoccabilità, gratuite immunità.
Poiché noi crediamo che il proverbio sia ancora d’immensa attualità, ci auguriamo che prestazioni (dei cavalli) e meriti (delle persone) siano riconosciuti e non più calpestati. Nessuno deve essere indebitamente espropriato di ciò che gli appartiene o gli è dovuto per un diritto naturale o per meriti personali. Una società redenta non può che incamminarsi sulla strada della verità e della giustizia.