SAN NICANDRO: “APRIL’ CACCIA U’ SCIOR’ E MAGGJ’ AV’ L’ONOR”

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Continua una nuova serie di articoli che parlano sui modi di dire e degli aforismi locali per capire e analizzare la quo ed offrire una visione chiara, lucida e trasparente della condizione umana in cui ognuno di noi può legittimamente dedurre o trarre da ciascuno di essi le considerazioni che gli sembrano più ovvie in riferimento ai tempi, alle usanze, ai problemi, ai comportamenti e agli altalenanti rivolgimenti che la società sta attualmente vivendo. Gli articoli sono tratti dal libro “Voci di Capitanata” di Donato D’Amico.

Il detto di oggi è: “April’ caccia u’ scior e magg’ av’ l’onor” cioè “Aprile caccia il fiore e maggio ha l’onore”.

Ogni giorno di più ci accorgiamo che la vita è concorrenza, competizione, contrasto. Non si tratta, però, solo di dualismo esteriore o di antagonismi personali contingenti. Il problema ha radici più profonde. Vogliamo dire che è congenita alla natura umana una forma di rivalità permanente, più o meno impercettibile, non solo nei confronti del proprio simile, ma soprattutto con le persone che ci vivono più da vicino, perché con loro il confronto è quasi giornaliero. Si tratta di una dimensione psicologica difficilmente sradicabile se non attraverso forme di educazione emendative di certi difetti, quali la vanità, la presunzione frivola, l’ostentazione. Di qui, la esaltazione e la dilatazione di questa latente egemonia che corrode l’animo umano. Non di rado, esso sfocia addirittura in rivalità e rivalsa a carico di altre persone (anche i parenti) come se dovessimo rifarci di un danno o di una perdita subiti.

Il riferimento al fiore è molto eloquente. In aprile il fiore sboccia (nel senso di nascere), ma il mese di maggio se ne prende i meriti perché solo in quest’ultimo periodo il fiore si apre e si schiude con tutta la sua fragranza. Analogamente si comporta l’uomo per quella sorta di supremazia che ad ogni costo vuole conquistare ed esercitare, ahimè, anche ricorrendo a falsi meriti, a piccoli sotterfugi, a puerili esperienti, alla malizia. Sicchè, è d’uopo gradarsi attentamente da colui che di sé tenta di proporci una falsa immagine, tale da indurre gli alteri ad attribuirgli qualità, meriti, valori e virtù che, in verità, non possiede. Viceversa, la stima, la lode, la benevolenza e quant’altro possiamo ascrivere a condotta a professionalità emerite dovrebbero sopraggiungere il nostro lavoro e i principi ai quali noi solitamente ci ispiriamo. Dunque, non usurpazione di meriti con raggiri ed artifici, ma riconoscimento ed attestazione di stima per qualità, doti e virtù veramente possedute ed esercitate.

E’ certamente una debolezza dell’uomo fatuo attribuirsi virtù e valori che egli sa di non possedere. Perciò è necessario guardarsi da costoro per via della falsa immagine che di sé ci propongono e che potrebbe indurci in errore, potendo noi ritenerli degni di ogni fiducia e, dunque, affidare loro, con sicurezza i nostri affanni e i nostri segreti. Ovviamente, non deve essere la diffidenza il criterio che deve rapportarci al nostro prossimo, ma è sicuramente saggio il comportamento di chi non ripone ingenuamente credito in persone di cui non conosce il cosiddetto “curriculum vitae2, ovvero, il loro grado di affidabilità. Vogliamo dire che non si può certamente sospettare sempre e comunque della buona fede del nostro prossimo, perché questo sarebbe un atteggiamento che non ci onorerebbe troppo; tuttavia, poichè stiamo imparando tante cose a nostre spese, è bene vagliare attentamente circostanze, condizioni, proposte e persone prima di affidare a chicchessia servizi, lavori e beni di nostro sicuro interesse. Spesso, la superficialità e la leggerezza possono costarci un’amarezza infinita.