PERCHE’ NEL TRAFFICO DIVENTIAMO PIU’ AGGRESSIVI

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Le spiegazioni della scienza: percepiamo l’auto come un nostro territorio. E reagiamo, anche violentemente, sulla spinta di emozioni istantanee. Ma c’è anche l’eclissi del galateo e del buonsenso

A Roma l’ora dell’automobilista in città è diversa da quella di qualsiasi cittadino del mondo. Si divide in due parti uguali: per una metà del tempo si circola, per altri trenta minuti si resta imbottigliati nel traffico. E sempre a proposito di tempo con una speciale declinazione, in qualche Istituto universitario di Fisica o di Informatica sicuramente qualcuno sta studiando il fenomeno del nanosecondo degli automobilisti romani: il tempo che, di solito, trascorre tra l’arrivo del verde al semaforo e la bussata di clacson di chi viene dietro, ed evidentemente ha una fretta indemoniata.

Guidare la macchina, nel traffico, può essere molto pericoloso, fino allo spreco, oltre che del tempo, dell’energia, dell’umore, anche della salute. Manovre spericolate, insulti, maledizioni, minacce, consultazione: per la road rage (un’aggressività fuori controllo e molto intensa che matura al volante), può accadere di tutto, e le conseguenze sono sempre imprevedibili.

Ma quali sono le cause più profondo per le quali nel traffico diventiamo tutti più arrabbiati e violenti? E ci sono modi utili, ed efficaci, per calmarsi ed evitare guai? Diverse ricerche scientifiche hanno dato risposte abbastanza precise a entrambe queste domande, come nel caso degli studi fatti dall’American Psychological Association.

Le cause più comuni e quasi nascoste dentro l’automobilista rabbioso, sono:

Lo spazio percepito come territorio: l’auto viene vissuta come estensione di se stessi, e gesti anche minimi possono scatenare reazioni eccessive.

Deindividuazione: in auto si può perdere responsabilità e controllo sociale, ci si può sentire non riconoscibili, un fenomeno simile a quello codificato dagli esperimenti che hanno dimostrato che il contesto può spingere persone comuni a comportamenti aggressivi o disumani. Quando siamo alla guida, siamo nascosti dentro un veicolo. Questo anonimato ci fa sentire meno responsabili delle nostre azioni, come se fossimo dietro uno schermo. Non vediamo l’altro come una persona, ma come “una macchina che ostacola”. Questo fenomeno si chiama deindividuazione.

Senso di ingiustizia: quando qualcuno ci taglia la strada o non rispetta una precedenza, percepiamo un’ingiustizia. Questo scatena una reazione viscerale, spesso sproporzionata, perché ci sembra che gli altri stiano infrangendo un patto sociale che tutti siamo tenuti a rispettare, ma magari noi, i più arrabbiati e violenti, siamo i primi a non farlo.

Ansia e stress cronico: uno studio del 2023 dal Dipartimento di condotta sociale di Israele ha dimostrato come livelli atti di ansia e distress siano associati a stili di guida aggressivi.

Caos urbano: rumore, clacson, odori, luci, eccessiva vicinanza con altri automobilisti. Tutto contribuisce a una forma di sovraccarico sensoriale. In questo stato, il cervello può entrare in “modalità difensiva”, reagendo con rabbia o irritazione.

Sesso ed età: uno studio dell’Università dello Utah ha confermato che soggetti giovani e di sesso maschile reagiscono più frequentemente e con maggiore veemenza.

Minaccia percepita: sempre l’Università dello Utah ha spiegato che il cervello interpreta una manovra sbagliata nel traffico da parte di un altro automobilista come un attacco, attivando l’amigdala (un luogo del cervello dove si elaborano le emozioni) e risposte del tipo “fight-or-flight”, ossia combatti o fuggi, una reazione fisiologica, automatica e quasi ancestrale.

Bias emotivo: reagiamo per emozione senza verificare i fatti.

Fin qui la scienza. Alla quale però, in auto come in generale in qualsiasi momento della nostra vita che comprende anche le relazioni con gli altri (nel caso del traffico, siamo tutti malcapitati), c’è da aggiungere il galateo e il buonsenso. Due bussole che appena entriamo in un’automobile, anche senza l’aggravante del traffico, tendiamo a smarrire o comunque a dimenticare. Troppo ingombranti, nelle nostre vite quotidiane infilate nella prigione del presentismo. E senza dei semplici punti cardinali, in automobile riusciamo a dare il peggio di noi stessi, quasi in competizione l’uno con l’altro nella corsa sul mezzofondo dell’inciviltà.

Non c’è una statistica sui comportamenti degli automobilisti italiani che non confermi il nostro rapporto con la guida al confine dell’animalesco: che cosa c’entra l’ansia e lo stress da traffico, canoniche attenuanti dei nostri atteggiamenti rabbiosi nelle vesti di automobilisti urbani, con il fatto che un conducente di auto su tre, in Italia, ha l’abitudine di gettare qualcosa dal finestrino, come se la strada dove passiamo fosse un gigantesco secchio dell’immondizia (indifferenziata)?

A questo punto, nel tentativo di recuperare un barlume di buonsenso, non ci resta che dare qualche sprazzo, più che “consigli per gli acquisti” per ridurre la rabbia, con i suoi accessori, da guisa dell’automobile. Possono essere utili in proposito:

La presenza di un passeggero: migliora l’autocontrollo per l’effetto deterrente della presenza di un’altra persona.

Le distrazioni positive: respirare, ascoltare musica, parlare ad alta voce quando si è al volante riducono la reattività.

Pianificare bene gli spostamenti: partire prima per evitare ansia da ritardo e stress.

La reazione dantesca: ovvero “non ti curar di lor ma guarda e passa”, come è scritto nella Divina Commedia. Ignorare insulti, minacce e urla: soffocare nell’indifferenza la scarsa urbanità dell’automobilista arrabbiato e rissoso.

Tenere presente che una rissa da traffico, possibile conseguenza dello scambio di insulti, può finire anche molto male. E qualcuno ha persino sprecato la sua vita per questa folle tendenza all’aggressività in versione automobilistica. (nonsprecare)