Le strategie per gestire la pandemia di Covid-19 richiedono di affrontare un compromesso impegnativo tra contenimento del contagio e benessere economico. Da un lato, le misure di distanziamento sociale – inclusa la chiusura delle attività economiche – aiutano a ridurre la diffusione dell’epidemia, dall’altro però comportano costi economici potenzialmente enormi. Ad esempio, in Italia, uno dei paesi più colpiti dall’epidemia, è stato calcolato che ogni settimana di chiusura di tutte le attività non essenziali ha causato una perdita dello 0,5-0,75 per cento del Pil (Centro studi Confindustria; Banca d’Italia). Ciò si traduce in una riduzione del Pil di circa il 4-6 per cento in soli due mesi. Pertanto, è ovvio che il proseguimento delle misure di blocco sarebbe difficilmente sostenibile dal punto di vista economico. Per questi motivi, molti paesi – tra cui l’Italia – avviano la cosiddetta “fase 2” che mira a combinare un’apertura graduale delle attività economiche con comportamenti di prevenzione individuale (cioè lavarsi le mani; evitare di toccare gli occhi, il naso, la bocca, rimanere almeno a due metri da altre persone e altro ancora) e nei luoghi di lavoro (come sanificazione o ingressi contingentati). Dopo la dura decisione di fermare le attività economiche non essenziali fino alla fine dell’emergenza, questa è probabilmente la fase più critica della pandemia, in quanto rende probabilmente ancora più esplicito il compromesso tra salute ed economia.
Indagine fra gli studenti. In un questionario sottoposto a un campione di studenti iscritti a una università del Sud Italia abbiamo cercato di comprendere come essi vorrebbero che i due aspetti fossero ponderati dal governo nella gestione della fase due. Dalle risposte fornite dai circa duemila studenti emerge che circa il 7 per cento vorrebbe fossero tenuti in considerazione pochissimo i costi per la salute e moltissimo la tutela della situazione economica, il 28,8 per cento vorrebbe fossero tenuti in considerazione poco i costi per la salute e molto la tutela della situazione economica, mentre il 62,4 per cento vorrebbe fossero tenuti in conto sia i costi per la salute che quelli economici (nel questionario per finalità di ricerca la domanda è stata posta proponendo terminologie differenziate, ma qui non esaminiamo questo aspetto). Solo l’1,4 per cento risponde che vorrebbe fossero tenuti in considerazione soprattutto i costi economici.
Tuttavia, le preferenze medie nascondono un’elevata eterogeneità individuale. Per cercare di capire le principali determinanti delle preferenze espresse dagli studenti su questo compromesso abbiamo svolto una serie di analisi in cui consideriamo come variabili esplicative le loro caratteristiche demografiche e socio-economiche e alcuni indicatori del loro benessere psico-fisico.
Dalla nostra analisi emerge che il tipo di facoltà a cui lo studente è iscritto è rilevante e che gli studenti delle discipline economiche e sociali tendono a dare priorità alle preoccupazioni economiche. La differenza è particolarmente significativa rispetto agli studenti iscritti in discipline scientifiche, ma anche rispetto a quelli di ingegneria o di area umanistica. Vi è anche una importante differenza in termini di background socio-economico: gli studenti che hanno genitori più istruiti mostrano una preferenza per politiche che tendono a prediligere la tutela della salute. Poiché di solito l’istruzione dei genitori è associata alle condizioni economiche della famiglia, il risultato mostra che chi viene da contesti di maggiore disagio tende a dare un peso maggiore ai costi economici della pandemia. Ciò trova conferma anche nel fatto che a parità di istruzione dei genitori, gli studenti con padre o madre che hanno perso il lavoro a causa dell’emergenza tendono a esprimersi più favorevolmente a un compromesso che tenga in debito conto anche i costi economici.
Sebbene l’indagine interessi un campione selezionato della popolazione (studenti del Sud Italia), le loro preferenze forniscono interessanti implicazioni per la gestione politica della fase 2. Se da un lato, la tutela della salute appare una priorità per molti individui, c’è una fetta non trascurabile di popolazione, quella in maggiore difficoltà, che è estremamente preoccupata per le ricadute economiche della pandemia e vorrebbe che la gestione della fase 2 le tenesse in debita considerazione.
Finora il dibattito politico sul tema è stato spesso dominato da esperti di salute pubblica, con particolare attenzione alla questione del contagio. Probabilmente sarebbe auspicabile che si parlasse in maniera più approfondita anche di come ripartire al fine di contenere le ricadute economiche. Mai come ora, appare dirimente per la politica affrontare questo difficile compromesso. In molti casi, per esempio a riguardo dell’Ilva di Taranto, si è spesso deciso di non decidere o di rimandare la scelta. Ora invece è il momento delle scelte coraggiose. Ciò anche al fine di non alimentare un dannoso scontro sociale tra chi pensa che sia importante ripartire e ha bisogno di farlo e chi è terrorizzato all’idea di riprendere le attività, anche perché dal blocco subisce un costo minore. (lavoce)
Vincenzo Carrieri, Maria De Paola e Francesca Gioia