“Cosa succede? Cosa succede in città? C’è qualche cosa, qualcosa che non và! Guarda lì. Guarda là. Che confusione! Guarda lì. Guardà là! Che maleducazione!”. Così cantava Vasco Rossi nel 1985.
Si vuole prendere in prestito questa bellissima canzone del Vasco nazionale per richiamare l’attenzione di tutti sulla domanda: “Ma che succede a San Nicandro?”.
E’ una domanda che, in verità, può interessare un po’ tutta l’Italia ma noi vogliamo pensare “in piccolo” e parlare solo di noi e della nostra cittadina.
C’è una forte richiesta di legalità per un freno ai tanti episodi occorsi in questo periodo. C’è bisogno di tanta educazione stradale per il problema traffico e soste. C’è bisogno di una maggiore accortezza allo smaltimento e alla differenziazione dei rifiuti. C’è bisogno di sicurezza. C’è bisogno di controlli. C’è bisogno che la classe politica si impegni ancora di più per essere veramente all’altezza del proprio ruolo. C’è bisogno di progettare il domani affinché, dopo questa terribile fase critica, si prepari una ripresa. C’è bisogno di una rete culturale solidale che ora manca. C’è bisogno di coraggio nelle decisioni pubbliche. C’è bisogno di una programmazione totale per tutto il territorio per dare dinamicità a San Nicandro con elaborazione di idee per ripartire e stare insieme.
Occorre di nuovo innamorarsi della nostra città per la sua storia, per il suo folklore, per la sua capacità di risorgere sempre, per i bambini che devono diventare grandi e non ripetere il ritornello della canzone di Vasco Rossi “cosa succede in città?”.
Qualcuno ha dato la colpa di tutto questo al lockdown. Non è così in quanto questa è una situazione che si trascina da tempo con sporadici spiragli di episodici tentativi che poi anche il tempo ha cancellato.
Occorre una sfida che coinvolga tutti per una reazione collettiva che metta in moto una creatività sociale, culturale e politica che, dai blocchi di partenza, arrivi fino al traguardo di una San Nicandro di cui essere fieri. Se non si opera questo cambiamento la colpa diventa di tutti ed allora meglio non parlare più di futuro in quanto forse è questo il tipo di città che meritiamo.
Ma, ad innamorarsi della propria città, deve essere, insieme agli altri (anzi prima degli altri) soprattutto la politica con le sue decisioni, la sua guida e la sua visione di futuro. Se manca la politica e la sua interazione con gente manca un anello della catena che pregiudica fortemente il risultato.
Se tutto questo non succede allora aveva ancora ragione Vasco quando cantava che “Quelli più stanchi siamo noi, siamo noi che dovremo andare avanti”
Il Direttore