COM’ERANO LE TREMITI PIU’ DI UN SECOLO FA

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Ho scovato sul numero di ottobre 1917 della rivista del Touring Club Italiano un documento tanto prezioso quanto importante: il primo reportage turistico sulle Isole Tremiti, prima di allora (e per diversi decenni dopo) abitate soltanto dai «coatti» e confinati politici, e praticamente sconosciute al resto dell’Italia.

A firmarlo non fu un giornalista né un inviato speciale, ma un illustre scienziato: Giacomo Cecconi, entomologo e naturalista, che all’epoca della pubblicazione lavorava all’Istituto Superiore Nazionale Forestale di Firenze. Più tardi sarebbe divenuto rettore dell’Osservatorio Fitopatologico per le Marche.

Lo studioso si trattenne nell’arcipelago diomedeo per una settimana, essenzialmente allo scopo di studiarlo sotto il profilo naturalistico. Ma ne rimase così affascinato da scrivere quello che può essere definito uno dei primi, veri racconti di viaggio dedicati alle Tremiti, una narrazione in cui l’osservazione scientifica si intreccia con lo stupore del viaggiatore.

Cecconi descrive con finezza di sguardo i paesaggi, la flora e la fauna, ma anche il patrimonio artistico e culturale, la storia delle isole e la vita quotidiana dei pochi abitanti, raccontando l’anima più profonda e meno nota dell’arcipelago e letteralmente scoprendo le sue potenzialità turistiche.

Notevole la «chiusa» del reportage, una vera e propria dichiarazione d’amore:

Le Tremiti quindi, completamente ignorate, ci appariscono oggi sotto un aspetto bello ed attraente; ed io faccio l’augurio che in un tempo molto vicino, quando Adriatico non sarà più per noi amarissimo, le gite alle Tremiti entrino nel dominio del turismo e che gli italiani, attratti dalla breve e splendida traversata, dai meravigliosi sorger del sole e dai dorati tramonti sopra l’azzurro di un mare, che ogni momento cambia in gradazione, bramosi di trovarsi in mezzo al puro sorriso della natura, accorrano numerosi a quelle isolette e, specialmente d’estate per godere, nel dolce silenzio del mare calmo, l’aria fresca e profumata dalle resina dei pini, in mezzo ai quali si scorge l’orizzonte lontano che tutto attorno si perde fra mare e cielo.

L’articolo è illustrato da dieci belle e rare fotografie che ci restituiscono l’incanto e la magia di un arcipelago ancora per niente toccato dal turismo, quasi deserto. Per la gioia dei nostri amici e lettori, le abbiamo restaurate e colorizzate, e le regaliamo in questa tappa del nostro «tour della nostalgia» che ci sta portando a riscoprire le bellezze che abbiamo perduto.

Generalmente nella nostra rubrica pubblichiamo le immagini in tre distinte versioni (bianco e nero restaurato, a colori, artistico). Ma trattandosi di immagini piuttosto pesanti, solo per questa volta abbiamo scelto di suddividere la pubblicazione in due distinte giornate: oggi vi proponiamo la versione colorizzata, che restituisce luce e vita a queste vedute di oltre un secolo fa; domani pubblicheremo le versioni in bianco e nero restaurato e quella artistica, per completare il viaggio nella memoria delle nostre isole più lontane.

Gli abbonati al canale WhatsApp di Lettere Meridiane riceveranno gratuitamente in omaggio le tre versioni anche in alta risoluzione ed un ulteriore bonus: il reportage integrale di Giacomo Cecconi.

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E adesso, godetevi le foto. Le didascalie sono quelle originali.

Geppe Inserra