SALENTO: QUEL GRIDO DI AUTONOMIA CHE NON SI SENTE A BARI

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LECCE, BRINDISI, TARANTO – Non è un battito d’ali politico isolato, né la trovata di qualche piccolo gruppo d’opinione. È, piuttosto, un sentimento diffuso, un’onda carsica che serpeggia tra i residenti di Lecce, Brindisi e Taranto: l’idea che l’unica via per il rilancio sia staccarsi dalla Puglia e fondare la Regione Salento.

​Per la maggior parte dei cittadini che popolano l’antica Terra d’Otranto, l’autonomia non è un capriccio identitario, ma una necessità pragmatica. Si sentono, da troppo tempo, il fanalino di coda di una regione che definiscono troppo spesso “Bari-centrica”, dove la distanza geografica tra il capoluogo e il “tacco” si traduce in un insostenibile ritardo decisionale.

​La Ferita della Distanza

​Immaginate di vivere a Santa Maria di Leuca e di dover dipendere per ogni scelta strategica da una città lontana centinaia di chilometri. La distanza fisica si trasforma in distanza amministrativa e, in definitiva, in distanza di sviluppo.

​Il malcontento popolare si alimenta di fatti concreti:

​Sanità e Trasporti: Le risorse per gli ospedali, le infrastrutture viarie e i collegamenti ferroviari sono percepite come insufficienti o, peggio, distribuite in modo diseguale, a discapito della punta meridionale. Per il Salentino medio, vedere i progetti prioritari concentrati altrove alimenta la sensazione di essere un territorio di “serie B”.

​Economia Disconnessa: L’economia del Salento si regge su due pilastri unici: il turismo di massa sulle coste ioniche e adriatiche e l’agricoltura specializzata (soprattutto ulivi e vino), con le complessità dell’industria siderurgica e portuale a Taranto e Brindisi. I residenti sentono che un’unica regia regionale non riesce a cogliere le specificità di un polo turistico-agricolo come Lecce e le sfide ambientali e industriali di Taranto.

​Il risultato è un profondo senso di alienazione istituzionale.

​Un’Identità che Chiede Riconoscimento

​Ma dietro le lamentele sui bilanci e sulle strade c’è un fattore molto più viscerale: l’identità salentina.

​Questa terra è stata per secoli un crocevia di culture, con forti influenze greche e bizantine che si riflettono nel dialetto e nelle tradizioni (come la celebre pizzica). L’unione alla “Regione Puglia”, arrivata relativamente tardi nella storia amministrativa italiana, non è mai stata pienamente assimilata dal sentimento popolare.

​I residenti desiderano che questa identità millenaria, la memoria della Terra d’Otranto, venga finalmente tradotta in autonomia di governo. La costituzione della Regione Salento è vista come l’unico modo per:

​Gestire direttamente il Turismo: Trasformare l’attuale boom in una crescita sostenibile, senza dispersione di fondi o strategie generiche.

​Risanare il Territorio: Affrontare le crisi ambientali (come la Xylella negli ulivi e le problematiche industriali) con leggi e interventi mirati e veloci, non filtrati da logiche lontane.

​Essere Protagonisti: Guardare all’Europa e al Mediterraneo da una posizione di parità, gestendo in proprio le relazioni con i Balcani e l’Oriente, un ruolo che storicamente spetta di diritto a Brindisi e Taranto.

​In sintesi, la stragrande maggioranza dei cittadini di Lecce, Brindisi e Taranto non chiede di secedere per protesta, ma per efficienza e riconoscimento storico. Vogliono smettere di essere un bel posto da visitare e diventare un luogo dove sia possibile costruire il proprio futuro. La domanda è se la politica nazionale e regionale vorrà ascoltare questa vocazione, prima che si trasformi in una frattura insanabile.