LA PRIMA EPIDEMIA DI COLERA IN CAPITANATA

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Questa prima epidemia di colera aveva avuto origine nel 1817 in India, dove aveva carattere endemico, diffondendosi poi in altre nazioni. Nel 1829 arrivò nella Russia europea e di lì, al seguito dell’esercito russo, si diffuse prima in Polonia e poi in tutta l’Europa orientale. Nell’ottobre del 1831 era in Inghilterra, nel marzo del 1832 a Parigi, nell’estate del 1835 in Italia. Il primo caso di colera nel Regno di Napoli si ebbe ufficialmente a Rodi Garganico nel settembre del 1836 (dove ci furono 189 morti) e poi fece la sua comparsa nell’ottobre a Napoli, provocando 5669 morti.

In Capitanata l’epidemia rimase circoscritta ai comuni di Carpino, Manfredonia, Monte S. Angelo e Isole Tremiti, oltre la già citata Rodi. Con l’arrivo dell’inverno essa esaurì la sua vitalità, dando l’illusione della sua definitiva scomparsa. Ma l’anno successivo, dalla metà di aprile, riapparve con maggiore vigore diffondendosi in tutti gli angoli del Regno. A Foggia giunse nel giugno del 1837 e durò 94 giorni, dal 13 dello stesso mese al 14 settembre. Il primo morto, il carrettiere Nicasio di Michele, reduce da un viaggio a Napoli, si ebbe nella parrocchia di S. Tommaso e precisamente nella strada S. Nicola. In pochi giorni in questa e nella vicina via Civitella si ebbero quindici morti. Le autorità, sulla scorta di disposizioni emanate negli anni precedenti, intervennero con una certa tempestività.

Il 14 giugno la Commissione Sanitaria Provinciale dispose l’apertura dell’ospedale per i colerici nei locali della caserma militare di S. Antonio, dove il 22 si ebbe il primo morto, il bracciante Michele Nuzzo di anni 31. Il 20 il colera fece la sua comparsa nelle prigioni con due vittime; immediatamente vennero destinati due locali per l’isolamento dei malati. Si controllò l’igiene delle case e delle strade, si emanarono norme per la tumulazione dei morti, per il trasporto di persone e merci, ecc. Ma tutto questo non impedì il dilagare dell’epidemia, per l’ignoranza delle autorità sanitarie e delle popolazioni di fronte alla nuova malattia e ai meccanismi di trasmissione.

Una mortalità, quindi, abbastanza contenuta, che si può spiegare con l’esistenza di condizioni igienico-urbanistiche soddisfacenti. Ma chi si ammalava aveva pochissime speranze di sopravvivere e questo grazie anche ai medici e alle loro cure, che andavano dagli intrugli più fantasiosi ai salassi dai bagni ai purganti. Le donne si ammalarono in misura maggiore rispetto agli uomini, che dimostrarono a Foggia una maggiore resistenza al morbo. Morirono 93 donne più degli uomini, ma non possiamo fare un confronto tra i due sessi, perché non conosciamo la composizione della popolazione. Se consideriamo le classi sociali nel capoluogo il più alto indice di letalità si ebbe tra i proprietari con l’84,5%, superiore a quello medio del 73,14%. La causa non può certo attribuirsi, come nelle classi più povere, a carenze alimentari o condizioni disumane di lavoro, ma probabilmente al fatto che tra gli agiati vi era un maggior numero di vecchi. Le proprietarie dimostrarono, invece, una maggiore resistenza.

In provincia, a differenza di altre parti d’Italia, la mortalità fu superiore a quella del capoluogo: 36,70 per mille contro il 22,99. I danni maggiori si ebbero nel distretto di Bovino, dove 123 abitanti su mille si ammalarono di colera contro i 71 dei due distretti di Foggia e S. Severo. Probabilmente la maggiore densità della popolazione influì negativamente sulle già precarie condizioni igieniche. Infatti i dati per il 1836 danno il seguente quadro: Gargano 144 persone per miglio quadrato, 99 la Pianura e ben 234 il Sub-appennino16. Però notiamo una letalità di appena il 34,92%, sintomo di una eccezionale capacità di reazione degli ammalati. La mortalità, ad ogni modo, rimase la più alta: il 43,20 per mille contro il 33,37 e il 33,2 dei distretti di Foggia e di S. Severo. Per quanto riguarda i due sessi, un confronto non è possibile, perché non abbiamo dati sulla composizione della popolazione, gli unici riguardano il 1835 e si riferiscono all’intera provincia. Su una popolazione di 307.303 anime, 153.622 erano uomini e 153.681 donne16a. Le donne si ammalarono in misura maggiore rispetto agli uomini, ma questi resistettero meglio al morbo. Ecco l’appartenenza alle varie classi sociali dei malati. Distribuzione dei colerici a Foggia: Proprietari n. 848, Galantuomini e Gentildonne 376, Artieri 407, Industrianti 263, Contadini 2979, Del popolo 3722.

(La Capitanata. Boll.Informazioni)