E’ passato sotto silenzio la proposta del PD nell’ultimo consiglio comunale per conferire la cittadinanza onoraria alla senatrice Liliana Segre. Una proposta per dire che senza la passata memoria non c’è speranza di futuro. Ecco, in breve, qualche notizia sulla Segre.
La Senatrice Liliana Segre, cittadina italiana, nata a Milano il 10 settembre 1930, è testimone vivente di una delle più grandi tragedie collettive prodotte dalla civiltà umana e segnatamente europea. Sebbene cittadina italiana, ma riconosciuta come uno di quei 48.032 cittadini italiani bollati come “di razza ebraica” dalle ignominiose leggi razziali del 1938, subì l’umiliazione della espulsione dalla scuola pubblica all’età di otto anni. Nel momento in cui la discriminazione razziale si tradusse in persecuzione delle vite in Italia come in Europa, nel dicembre del 1943 tentò con il padre e due suoi cugini di cercare la salvezza in Svizzera. Ma dopo un viaggio “in condizioni disperate”, fu respinta alla frontiera di Arzo e consegnata alla Guardia di finanza italiana per essere affidata poi ai tedeschi e trasferita nel carcere dei Miogni, a Varese. Accanto al suo nome, a spiegare le ragioni della sua reclusione, era appuntata una sigla: «O.P.».
La giovanissima Liliana Segre, che all’epoca aveva appena tredici anni, era stata detenuta per motivi di “Ordine pubblico”. Una ragazzina di 13 anni era pericolosa semplicemente perché era nata italiana ed ebrea. Dopo cinque o sei giorni, Liliana Segre fu trasferita presso il carcere di Como e quindi, presso quello milanese di San Vittore. Il 30 gennaio del 1944, Liliana Segre, dal tristemente noto Binario 21 della Stazione centrale di Milano fu caricata su un carro bestiame. Destinazione: Auschwitz.
Nel momento in cui varcò i cancelli di Auschwitz cessò di essere una persona e diventò semplicemente, per i suoi aguzzini, un «pezzo», uno «stück», indicato non più con un nome, ma con un numero scritto sulla pelle: il 75190. Uscì da quel luogo, sulla cui soglia sembrò fermarsi la civiltà e la razionalità umane, il 1° maggio del 1945. Dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni deportati in quel campo di sterminio, Liliana Segre è una dei soli 25 sopravvissuti.
Della sua storia, e della storia di quanti come lei subirono quella esperienza e non sopravvissero, Liliana Segre si è fatta, a partire dagli anni Novanta, testimone instancabile. E sempre, nella sua testimonianza, ha cercato di trasmettere due fondamentali insegnamenti civili e morali: non restare indifferenti di fronte all’imbarbarimento e alla violenza, che, in tutte le forme, sempre si riaffacciano nella storia; non coltivare alcun sentimento di odio, anche nei confronti di coloro responsabili della nostra e dell’altrui sofferenza. L’alto valore morale e civile del suo impegno è stato appunto riconosciuto, oltre che da innumerevoli altre istituzioni, anche dal Presidente della Repubblica italiana, che il 19 gennaio del 2018, ad ottant’anni dall’introduzione nel nostro Paese di leggi razziali, ha voluto conferirle il titolo di Senatrice a vita.