SAN NICANDRO: L’ARCO DELLA TERRAVECCHIA, LA LOGGETTA E SAN GIORGIO

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Sempre dall’Alba Novecento di Silvio Petrucci ecco la descrizione della loggetta, dell’arco della Terravecchia e la curiosità storica sul patrono di San Nicandro.

L’arco della Terravecchia, storicamente e artisticamente, rimane il “pezzo forte”, l’angolo nobile del paese: era l’ingresso del primitivo borgo di cui così parla Alfredo Petrucci; “Vi si accedeva (nella corte di San Giorgio) da un massiccio arco acuto, rimasto tale, nel suo complesso, anche dopo le sovrastrutture postmedioevali e l’aggiunta di un arco scemo verso la corte. Su quell’arco si ammirava una leggiadrissima loggia che stava ad indicare, insieme con un gruppo di case contigue vagamente adorne di mensole in pietra sotto la visiera accigliata del cornicione e coppi, i caratteri dell’architettura indigena del primo Settecento, influenzata ancora quà e là dal dominio spagnolo. Le arcate della loggia affacciavano di qua e di là più numerose all’esterno: e lì una grande ringhiera in ferro battuto al modo andaluso, gonfiava il suo “petto d’oca” sovraccarico di fiori verso il paese nuovo; qui un balconcino breve, di eguale fattura, si sporgeva fra due parapetti in muratura sulla corte, opponendo il suo sorriso peregrino al piglio grave e minaccioso delle mura castellane. Ricchi tralci di rampicanti correvano tra i pilastri e le aste di ferro delle campate e le rondini v0intessevano, stridendo, i loro voli vertiginosi. Quell’arco, in uno con la loggia che lo sovrastava e con le cose più vaghe che ne formavano di qua e di là la continuazione, è sempre al suo posto e né il tempo, né gli uomini lo hanno alterato per quanto il paese abbia subito dentro e fuori qualche ritocco…”.

Superato l’arco, si aveva l’impressione di entrare nell’antica corte del Castello giungendo nella piazzetta, su cui alti e massicci scendevano gli speroni e si aprivano, sotto le antiche feritoie, vecchie finestre con le cancellate delle carceri: e quella corte era un incanto.

All’angolo, verso la chiesa di San Giorgio, era una palazzina signorile, anch’essa vagamente spagnolesca, per due archi sul ballatoio della scala. A pochi passi da quella casa, l’antica chiesetta di San Giorgio nella quale c’era un pozzo alla cui acqua si attribuivano virtù terapeutiche e si venerava anche una miracolosa immagine della Madonna di Costantinopoli che si festeggiava l’9 settembre.

Mi sono sempre domandato perché il mio paese, invece di San Nicandro, non avesse avuto come patrono San Giorgio, come già, stando alla tradizione, lo era stato di quel borgo originario. Ma Monsignor Don Aristide D’Alessandro, al quale mi ero rivolto per avere una spiegazione sull’argomento, mi informò che storicamente non risulta che San Giorgio era stato in antico titolare della chiesetta di Santa Maria del Borgo, aggiungendomi che, quando fu eretta la nuova chiesa parrocchiale (l’attuale Chiesa Madre) nel paese nuovo, fu consegnato a questa il timbro che portata ancora impresso “Parrocchia di Santa Maria del Borgo”. Probabilmente il culto di San Giorgio – che la Chiesa ha recentemente soppresso – era ancora più antico.