Cicorielle, cimamarelle, marasciuoli, cardoncelli, finocchietto, borraggine e bietola selvatica sono solo alcune delle erbe spontanee che un tempo erano alla base dell’alimentazione delle classi più povere della Capitanata, In passato venivano usate moltissime specie selvatiche a scopo alimentare, tanto che un proverbio di San Nicandro Garganico recitava: “Mitt sal e ogghji e ogne ier’va d’venta fogghja” (Metti sale e olio e ogni erba diventa verdura).
Amare, dolci, tenere, fibrose … il segreto era di cucinarle assieme, così nacquero i “fogghja ammisch’k” (erbe miste), il più semplice e tipico piatto della tradizione locale. La raccolta di erbe spontanee commestibili ci permette di riappropriarci del valore della natura, ricordandoci che le coltivazioni sono arrivate soltanto dopo e che, tanto tempo fa, i nostri avi raccoglievano quello che il territorio nel quale vivevano davano loro senza necessità di coltivare sterminate distese con un’unica coltura, evitando così di intaccare la biodiversità tanto importante per ogni specie di questo pianeta
Sono facilmente reperibili nei campi durante le varie stagioni dell’anno e si possono mangiare in differenti modi, crude in insalate o scottate leggermente a vapore o magari aggiunte a farinate, frittate o zuppe.
Tra le preparazioni tipici vi è sicuramente quella del pancotto con le verdure miste. Basta pulire e lavare le verdure eliminando le radici per poi aggiungerle in una pentola in cottura da 20 minuti con patate, pomodori, aglio, acqua fredda e sale grosso. Le verdure dovranno cuocere 6 – 7 minuti e a fine cottura immergere le fette di pane lasciandole cuocere per 2 minuti.
Dopo aver dispensato e servito la portata, è usanza che ciascun commensale condisca il proprio con olio extra vergine d’oliva. (Parco del Gargano)