LA PROCESSIONE DEI SANTI PATRONI DEL GARGANO  

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                  Cosa manca all’emigrante divenuto benestante: il tocco delle campane assordanti, le strade festanti, le coperte stese sulle balconate e quelle appese sulle funi tirate. Le note musicali scandite dai colpi di tamburo e dai piatti orchestrali. L’emozione della processione, la devozione al Santo Patrone. Le tante porte aperte e quelle offerte della povera gente che donava al Santo nel modo commovente. Donava il poco guadagno delle cicorie e dei lampascioni, il ricavato dei prodotti delle stagioni: dei funghi, delle lumache, degli asparagi, delle rane, delle conchiglie e dei finocchietti raccolti nei luoghi lontani a piedi senza le motorette. La Spiritualità era il sostegno della povertà che si onorava col decoro e con l’umile lavoro. La questua per chi la chiedeva rappresentava l’umiliazione per chi la donava rappresentava la devozione. Nascondersi ora dietro la pandemia, con la scusa del senza lavoro e della carestia è un enorme sbaglio che porta a sè stesso scompiglio; sono i denari spesi per le tante lotterie, pessime strategie che illudono le attese e impoveriscono il Paese. Il lavoro e le devozioni un tempo tenevano lo stesso passo ora sono i tanti vizi in sorpasso. Propongo il girotondo a tutti gli Emigranti sparsi per il mondo di offrire una briciola del proprio guadagno per dare al Paese il sostegno, per realizzare la processione e la festa del Santo Patrone. Non deve essere una competizione ma la moneta esposta sul bonifico dovrà rappresentare la devozione di colui che si porta nel cuore le antiche tradizioni, i rumori e gli odori dei fuochi di artifici, il corteo degli amici. L’iniziativa è mia personale, ho chiesto all’amministrazione comunale l’IBAN (coordinate bancarie) in cui indirizzare le offerte che andranno diritte al beneficiario, ripeto: Amministrazione comunale. Potete, se volete, indicare come emittente: EMIGRANTE

IT55E0538778610000002627359  BPER Banca SPA

E’ palese come l’Emigrante tiene al proprio Paese. Esso fa parte della gioventù, per questo lo pensa sempre più. I ricordi rappresentano la storia del proprio vissuto e lo trastullano compiaciuto. Tutto ciò che al residente è indifferente diventa importante per l’Emigrante, i viali dalle lastre luccicanti, le salite e le discese, le scalinate che arredano il Paese. In terra straniera ha donato al forestiero l’estro e il tempo per renderlo contento, ma questo anche se insignificante si ritiene superiore all’Emigrante.

Oh apulo Paese, selvaggio e scosceso, Tu roccaforte del tenace pugliese. La gente pastore errante, un dì si trasformò combattente, unita nel castello, Ti difese con forche e coltelli dal saraceno violento e forte che voleva espugnare la Tua corte. Quella moderna, boriosa e scostante è gente inerte o farfalla emigrante. Ad accudire l’orticello è solo vecchierello che prega ansioso al santo miracoloso il rientro della figlia con lo sposo. Lento zappa la sua vigna, spacca ancora tanta legna, si rende utile, operoso per la sua Daunia rocciosa. Suda con perseveranza per avere l’abbondanza di olio e di vino ne fa scorta e frutta secca conserva nella sporta, per donare con amore al suo ospite d’onore. Per l’occorrenza si prepara l’antica pietanza, gustosa e in abbondanza e aspetta, aspetta esultante il rientro del suo Emigrante. L’ospite rientra indifferente schiamazzando per le strade festanti, rientra per fare scorta se ne infischia del vecchio e dell’orto, rientra per andare al mare per visitare il Gargano poi spietato riparte per l’estero o per Milano. Oh apulo Paese tra vecchio e nuovo vi è tanto divario, Tu sempre più solo, sempre più solitario, soltanto la rondine leale e sincera Ti allieta puntuale ogni primavera.

Antonio Monte da Varazze