LA BENEDIZIONE DELLE PALME, LE ORIGINI STORICHE DEL RITUALE

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La benedizione delle palme e dei ramoscelli d’ulivo viene fatta in ricordo di quelli utilizzati dal popolo di Gerusalemme per onorare l’entrata trionfale di Gesù. Questa tradizione cominciò presto in Oriente, probabilmente dalla pace della Chiesa a Gerusalemme. Nel IV secolo, San Cirillo, Vescovo di quella città, pensava che ancora esistesse nella Valle dl Cedron, il palmizio che fornì i rami al popolo che andò incontro a Gesù … da lì fu breve il passo per l’istituzione di una commemorazione anniversaria di questo avvenimento. Nel secolo successivo la cerimonia fu fissata non solo nelle Chiese d’Oriente ma anche nei monasteri di Siria ed Egitto. In Occidente, invece, il rito si stabilì diverso tempo dopo. Le prime tracce compaiono nel Sacramentario di San Gregorio, alla fine del VI secolo-inizi del VII. Man mano che la fede si propagava verso nord, non era più possibile solennizzare tale cerimonia in tutta la sua integrità dato che in quei climi non crescevano né palme né ulivi. Fu così che vennero sostituiti dai rami di altri alberi.

La palma è simbolo di vittoria, ascesa, rinascita, immortalità. La simbologia cristiana, presente sin dall’epoca paleocristiana, è legata ad un passo dei Salmi dove si dice: “Come fiorirà la palma così fiorirà il giusto”. La palma, infatti, produce un’infiorescenza proprio quando sembra ormai morta. Per similitudine, i martiri saranno ricompensati in Paradiso. La simbologia rimanda quindi all’entrata trionfale di Gesù Cristo a Gerusalemme, prefigurando la Resurrezione dopo la morte o anche come simbolo della Resurrezione dei martiri, così come citato nell’Apocalisse. Il ramoscello di ulivo, invece, è simbolo di pace. Le origini si fanno risalire all’episodio biblico dl Diluvio Universale. Quando il diluvio cessò, Noè fece volare prima un corvo, per vedere se si fossero ritirare le acque dalla terra; poi una colomba, ma entrambi, non trovando dove posare la pianta del piede, tornarono a lui nell’arca perché c’era ancora l’acqua su tutta la terra.

Dopo una settimana, Noè ritentò, inviando la colomba che tornò a lui sul far della sera. Essa aveva nel becco un ramoscello d’ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra. Il ramoscello d’ulivo è il simbolo di pace perché Dio stesso, a conclusione del diluvio, promette nella Genesi: “Io stabilisco la mia alleanza con voi: non sarà più distrutto nessun vivente dalle acque del diluvio, né più il diluvio devasterà la terra”. A proposito di Palme, a Sorrento e nella Penisola Sorrentina, nel giorno della Domenica delle Palme, è tradizione benedire le cd palme di confetti”, rappresentanti rami fioriti, cestiti di fiori o alberelli, realizzati con confetti di diverse misure e colori. In genere i cestini e gli alberelli spettano ai più piccoli mentre i rami ai giovani e agli adulti. Ma a quando risale questa tradizione? Si narra che una mattina del lontano aprile 1551, mentre i Sorrentini erano indaffarati nelle loro attività quotidiane, le campane delle chiese della Penisola cominciarono a suonare a martello (segnale questo, di pericolo). Infatti erano state avvistate molte imbarcazioni turche che veleggiavano verso la costa.

La paura fu tanta, nonostante i Sorrentini fossero abituati alle incursioni saracene e avessero predisposto torri di avvistamento e mura fortificate per difendersi. Ma in quell’occasione la fortuna fu dalla loro parte: si alzò un vento fortissimo, il mare si agitò e le navi nemiche si inabissarono. Solo una giovane schiava si salvò da quel naufragio e fu trovata sulla spiaggia da un pescatore che la condusse in chiesa dove si stava celebrando la mesa in occasione della Domenica delle Palme. La fanciulla si gettò ai piedi dell’altare e per ringraziamento offrì loro un sacchetto di confetti che a quei tempi non erano conosciuti nella Penisola, destando la curiosità di tutti. Furono distribuiti ai presenti e da allora la giovane saracena insegnò come preparare le palme di confetti. In Sardegna, invece, l’intreccio di vegetali è una delle tecniche più adoperate dall’uomo. Nel 1570 il Messale Romano fissò la statio per la Domenica delle Palme, con la concessione di tenere in mano rami di palma ed ulivo durante la processione e la messa.

Nacque così la pratica dell’intreccio delle palme per uso religioso, la cd “filadura de pramma” o “tessidura de pramma”, che ci ha lasciato “pramas pintadas”, palme artistiche, autentiche espressioni della cultura popolare, dettata dal bisogno umano di rinvenire le ragioni dell’esistenza in un’entità ultraterrena. Tante sono le tecniche impiegate: dalle più semplici (ad annodatura, a raggiera, ad avvolgimento, a intreccio diagonale e perpendicolare, a incastro), sino alle più complesse (a incrocio tubolare, a raggiera bifrontale, a mezza foglia, a treccia, a mazzetti, ad avvolgimento a spirale o triangolare, a ripiegamento).

Caterina Lenti