RAPPORTO INPS, IL WELFARE VISTO IN GIALLOVERDE

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Il Rapporto annuale dell’Inps, da poco reso pubblico, è un buon esempio di come i dati amministrativi possono essere usati per ampliare la conoscenza dei fenomeni economici e finanziari e per aiutare il lettore (e il decisore politico) a valutare la bontà delle politiche nel mercato del lavoro e nel complesso mondo delle pensioni. I vari temi affrontati nella prima parte del rapporto, come la dinamica congiunturale e strutturale dell’occupazione, l’efficacia delle agevolazioni contributive, le tendenze di lungo termine nella distribuzione funzionale e personale del reddito da lavoro, offrono al lettore un’articolata descrizione e discussione di aspetti cruciali per capire le prospettive anche di lungo termine del mercato del lavoro, gli effetti delle politiche e le implicazioni che queste potranno avere sull’importo e sulla distribuzione delle pensioni future. Si tratta di temi di grande importanza per i quali una riflessione ragionata, anche alla luce delle evidenze empiriche presentate, potrà essere di grande utilità nel dibattito di policy.

Sul fronte dell’attualità il rapporto fornisce invece informazioni interessanti sulle caratteristiche socio economiche e sulla risposta dei potenziali interessati alle due più importanti politiche nel campo del welfare messe in campo dall’esecutivo e dalla maggioranza parlamentare che lo appoggia: il reddito/pensione di cittadinanza e quota 100. Si tratta di informazioni importanti perché permettono di iniziare ad avere un quadro, fondato su evidenze empiriche e non su supposizioni o stime, per loro natura incerte, dell’efficacia e dei costi per il bilancio pubblico che queste politiche potranno avere nel prossimo futuro.

I numeri del reddito e della pensione di cittadinanza. Quanto alla prima misura, il reddito/pensione di cittadinanza, i nuclei familiari che ricevono il nuovo trasferimento sono 839 mila, per un totale di 2 milione e 57 mila individui. L’importo medio del trasferimento è pari a 489 euro mensili circa. Il 61 per cento dei nuclei percettori si trova nel meridione e nelle isole; il 24 per cento nel settentrione ed il 15 al centro. Il confronto con il reddito di inclusione (Rei), il reddito minimo messo faticosamente in campo dal governo precedente, mostra soprattutto un aumento non trascurabile negli importi. Il valore medio del Rei, nei primi tre mesi del 2019 è stato infatti pari a 292 euro mensili. Non cambia invece in maniera significativa la composizione geografica, mentre risultano più avvantaggiati dal nuovo trasferimento i nuclei meno numerosi rispetto a quelli con tre o più componenti, conseguenza delle scelte fatte dal legislatore nell’attribuzione del peso ai componenti della famiglia successivi al primo e al secondo. I dati infine confermano che è il reddito di cittadinanza a fare la parte del leone rispetto alla pensione di cittadinanza, che si innesta su un già consolidato sistema di contrasto alla povertà tra gli anziani e quindi risulta di importo molto più ridotto.

E quelli di quota 100. Passando a quota 100 il rapporto ricorda che questo è solo l’ultimo di una serie di canali che rendono possibile l’uscita per pensionamento in anticipo rispetto all’età legale, attualmente fissata a 67 anni. Il totale delle domande presentate alla fine di maggio 2019 è stato pari a poco meno di 139 mila. Un po’ a sorpresa il 43 per cento delle domande proviene dal Sud e solo il 35 per cento dal Nord. Tra le gestioni spiccano il Fondo pensione lavoratori dipendenti (Fpld) e quelle del settore pubblico. L’età più frequente è compresa tra i 63 e i 64 anni, un anticipo di 3-4 anni rispetto all’età a cui si matura la pensione di vecchiaia, e l’importo medio delle prestazioni è di 1.900 euro mensili.

Accanto a quota 100 spiccano anche le 72 mila domande di pensionamento anticipato, i cui requisiti sono stati ammorbiditi dall’ultima legge finanziaria, e le 15 mila domande per l’opzione donna, che permette l’anticipo alle lavoratrici del settore privato che abbiano maturato entro il 2015 almeno 35 anni di contribuzione in presenza di un’età di almeno 58 anni, a patto che esse accettino il ricalcolo della pensione con la meno generosa regola contributiva. In termini di importi le pensioni anticipate “somigliano” molto a quelle di quota 100: il loro valore medio è pari a 2.167 euro mensili. Più modesto quello di opzione donna, pari in media a 972 euro mensili. In totale si tratta di 226 mila nuove richieste di pensionamento.

Per avere qualche raffronto può essere utile ricordare, come fa lo stesso rapporto, che l’importo medio delle prestazioni di tipo previdenziale è stato pari a 1.158 euro nel 2018, un valore decisamente più basso. Quota 100 e il blocco dell’adeguamento delle condizioni di uscita alla dinamica dell’aspettativa di vita hanno dunque permesso il pensionamento a soggetti che otterranno, nonostante la più bassa età rispetto a quanto previsto prima della riforma, pensioni di importo sicuramente maggiore rispetto a quello di molti altri individui usciti dal mercato del lavoro per pensionamento nel corso degli anni passati. L’apertura di nuovi canali inoltre con buona probabilità gonfierà il numero di uscite per pensionamento di vecchiaia e anzianità: nel complesso delle gestioni pensionistiche queste sono state circa 330 mila nel 2018.

Quali valutazioni si possono fare. Se da un lato è ancora prematuro formulare giudizi sull’efficacia delle due politiche descritte, i primi dati resi noti dal Rapporto Inps ci danno alcuni preliminari elementi di valutazione. Da un lato il reddito di cittadinanza assicura un sensibile incremento nell’importo medio del trasferimento di contrasto alla povertà. L’efficacia del provvedimento potrà essere valutata solo quando il quadro del numero dei percettori e delle caratteristiche dei medesimi sarà completo. Dall’altro lato quota 100 sembra configurarsi come l’ennesima politica attenta agli interessi delle generazioni vicine all’età di pensionamento. Se poi i giovani troveranno lavoro grazie all’accelerazione delle uscite impressa dal provvedimento, lo vedremo solo nel corso dei prossimi anni.(lavoce)

Carlo Mazzaferro