I FIORI SECCHI, SIMBOLO DELL’INVENTIVA SANNICANDRESE

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Poiché si ricomincia a parlare dei “fiori secchi” (anche nella campagna elettorale in corso) che aveva posto la città di San Nicandro Garganico all’attenzione nazionale e internazionale, si vuole pubblicare un articolo dello studioso locale Enzo Lordi su questo interessante tema soprattutto economico.

Il simbolo del miracolo sannicandrese è rappresentato da una pianta verde-gialla, chiamata “Broom-bloom”, cioè scopa fiorita: la scopa di una fata che porta lontano il lavoro e l’inventiva sannicandrese.

Di che miracolo, laico, si tratti è presto detto: secondo quanto accertato da fonti industriali regionali pugliesi e riferito da Nicola Biscotti in una conferenza, i fiori ornamentali secchi di San Nicandro rappresentano l’80% della produzione nazionale. Ma, e qui sta l’inghippo, su un reddito globale di 20 miliardi, appena 3 miliardi entrano nelle tasche delle aziende sannicandresi, 25 con 200 addetti.

Questa vistosa anomalia si spiega col fatto che dell’80% del prodotto, solo il 20% viene sottoposto al ciclo completo che porta il fiore raccolto a diventare un fiore secco in tutte le sfumature di colori che impreziosiscono tavole, mense, biblioteche, angoli del mondo. Invece la Toscana e l’Umbria, col restante 20%, effettuano tutte le fasi dell’operazione.

Ma come è  nata questa produzione di fiori secchi? Pare che tutto sia dovuto all’emulazione di ricercatori toscani che nelle acque del lago di Lesina cercavano erbe palustri e frasche sul Gargano. Trenta e più anni fa, non c’era coltivazione, né raccolta, ma solitari appassionati che racimolavano un fiore alla volta nel bosco o nella campagna. Li mettevano insieme, facevano seccare e adornavano le loro case. Poi, a poco a poco, è iniziata la colorazione manuale, con mezzo artigianali e su scala ridotta. Nel 1975 circa è iniziata la produzione industriale. Un po’ per caso, come si è detto, un po’ per il clima temperato e mediterraneo, per il tipo di terreno, ma soprattutto per l’inventiva dei sannicandresi, che, fuori da ogni circuito industriale, disperati per la mancanza di lavoro, hanno letteralmente “creato” la produzione del fiore secco, che adesso tutta l’Italia e l’Europa invidia.

La terra che circonda il paese, specie quella verso il mare, è sempre stata avara, anzi qui la malaria mieteva vittime in ogni famiglia. Quella che prima era una estesa palude dove ci si inoltrava a proprio rischio, oggi è diventata terra fertile, è la terra sulla quale vengono seminati e crescono i fiori che l’artigianato locale manipola per esportarle in tutto il mondo. La semina avviene, come tutto il procedimento, con strumenti artigianali, adattati e inventati dalla creatività dei produttori del posto.

I fiori vengono richiesti e spediti in tutto il mondo, ma i clienti più affezionati sono la Germania, l’Ungheria, l’Inghilterra, l’Olanda, la Francia, la Grecia e l’America.

Veniamo adesso al ciclo che porta il fiore appena raccolto a diventare fiore secco. Si comincia con la pulitura del fiore, “u sfruscii”, come si dice in dialetto locale. Con una macchina che non ha niente di industriale, composta dal cestello di una lavatrice, a cui sono stati applicati gli spuntoni, e un motorino (il tutto creazione dei sannicandresi), si provvede alla pulitura. Per attestarli, si mettono a testa in giù in un secchio. Si tolgono ancora alcuni scarti, si pesano, secondo la pezzatura richiesta dal cliente e si legano. Si arriva così al momento della decolorazione del fiore reciso. Lo si immerge in una vasca piena di ipoclorito che serve a scolorire il fiore. Qui deve rimanere qualche giorno. Lo si pressa con pesi per evitare il galleggiamento. Si estraggono i fiori e si procede, dopo un’asciugatura naturale, alla colorazione. In genere il colore del fiore è richiesto dagli acquirenti. Vengono poi posti in centrifughe che servono a togliere quanta più acqua è possibile. Dopo la colorazione si ha il procedimento dell’essiccazione che dura dalla 10 alle 12 ore. I mazzetti vengono messi in forno e qui acquistano e rinforzano il loro colore finale. Il ciclo completo dal fiore grezzo a quello finito si compie nell’arco di 5 o 6 giorni.

I fiori sono così pronti per il viaggio nel mondo. Quelli venduti ai grossisti vengono messi in buste trasparenti di plastica, gli altri vengono venduti ai fioristi a mazzetti. Tra i colori preferiti predomina il rosa, seguito a breve distanza dal giallo e dal bianco. Una richiesta su tre riguarda i fiori secchi verdi, perché il verde rimane il colore-principe della campagna e il fiore, anche se colorato, rappresenta agli occhi degli acquirenti, la distesa verde che tanto ha incantato e incanta grandi e piccoli per la sua freschezza, vivacità e naturalezza. I fiori vengono trasportati fuori da San Nicandro o dalla stessa ditta che li ha prodotti o dalla case estere che ne fanno richiesta.

La superficie coltivata è di circa 400 ettari. I fiori, come ricorda Leonardo Borazio che all’argomento ha dedicato la propria tesi, su un totale di circa 160 varietà sono per il 50% coltivati a San Nicandro, per il 25% crescono spontanei, per il resto vengono importati. I fiori spontanei vengono raccolti da professionisti del posto che vanno a cercarli anche in regioni vicine come la Calabria e la Basilicata, o lontane come la Sardigna. Il periodo di raccolta più abbondante si ha nei mesi che vanno da maggio a luglio. Queste alcune varietà: avena (biada), triticum (grano), broom bloom (scopa fiorita), phalaris canariensis (parasacco).

E così la terra selvaggia, dura, aspra del Gargano di sessanta e più anni fa è come se si fosse aperta e avesse vomitato dal suo seno un fantastico arcobaleno di colori e di fiori.

Come in una favola di una volta, la povera, brutta e sporca terra si è ripulita ed è diventata un principe gagliardo dai vestiti sontuosi. Oggi San Nicandro esporta nel mondo la sua produzione di fiori dai colori vivaci, smaglianti ed eterni. In ogni angolo, anche in quello più sperduto, una composizione di fiori secchi ricorda il Gargano e le sue incantevoli bellezze.

Enzo Lordi