Descrizione sintetica del prodotto
Le fave arrostite sono tradizionalmente cotte nel forno a legna, oggi nel forno elettrico o a gas. Sono di colore dorato, croccanti e salate. Vengono consumate come antipasto o come snack; tradizionalmente erano consumate al termine del pranzo domenicale e durante le feste paesane.
Processo produttivo
La raccolta delle colture da granella secca viene effettuata quando i baccelli sono di colore molto scuro, ma non molto secchi, per contenere la deiscenza ed i danni del tonchio. La raccolta viene effettuata estirpando le piante o tagliandole al colletto e lasciandole quindi essiccare all’aria, stese a terra e poi riunite in fasci. Secondo fonti orali, la ricetta tradizionale delle ‘fave arrostite’ prevede che le fave secche vengano immerse in acqua per circa tre giorni, cambiando l’acqua ogni tanto; poi vengano asciugate su una tovaglia; si procede incidendole con un coltello, formando una “X”, in modo tale che si cuociano anche all’interno. Il giorno dopo vengono cotte in una pignatta (“pignatidde”) nel forno a legna a fuoco molto forte, a una temperatura di circa 150 °C, fino a quando non diventano di colore dorato e croccanti (30-40 minuti circa). Il forno non deve avere il coperchio, in modo tale che il procedimento sia visibile.
Una variante della ricetta prevede che si aggiunga qualche cucchiaio di sale in un recipiente pieno di vino bianco o rosato (non rosso, altrimenti le fave assumerebbero un colore troppo scuro), facendolo sciogliere.
Le fave, una volta estratte dal forno, sono poste in una “canestra” (recipiente) e vengono bagnate con il vino, in modo tale da conferire l’aroma del vino salato. Vengono poi sbucciate con le mani e consumate.
Le fave così preparate devono essere conservate in boccacci di vetro in un posto asciutto, non umido e fresco. In questo modo si possono conservare anche per diversi mesi.
Storia e tradizione
Le ‘fave arrostite’ erano un cibo popolare molto consumato in passato; essendo ricche di proteine, venivano mangiate prima o dopo i pasti, durante le feste e utilizzate come stuzzichini dagli agricoltori; venivano tradizionalmente consumate durante i falò propiziatori che si accendevano in molti paesi pugliesi, come le Fanove di S. Giuseppe (19 marzo) o le Fòcare salentine.
Nel libro “Puglia. Turismo/Storia/Arte/Folklore” (AA.VV., 1974) vengono citate le ‘fave arrostite’ all’interno del capitolo “La Cucina e i Vini tipici” a cura di Luigi Sada, come “fave arrestute”, piatto tipico della provincia di Bari.Nel libro “Terra di Bari” (AA.VV., 1990), all’interno del capitolo “La buona tavola”, Panza cita in una didascalia lo “spassatempo”: ceci, nocelle, mandorle, fave abbrustolite e semi.