E SALVINI SCIVOLA SULLA “SUA” FLAT TAX

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Flat tax sì o flat tax no? È la domanda chiave di questi giorni. Con la pubblicazione dei numeri del Documento di economia e finanza, che ammettono un rallentamento dell’economia italiana nel 2019, la domanda non è banale perché l’introduzione della tassa piatta farebbe lievitare il deficit del 2020 al 4,1 per cento. Di flat tax si parla ormai da anni, soprattutto da quando la Lega di Matteo Salvini l’ha introdotta tra i suoi vessilli elettorali. Ed è stato proprio il vice-premier e ministro dell’Interno, durante la conferenza di Milano per presentare le alleanze in vista delle elezioni europee, a cadere in una credenza comune su questo tipo di imposta (di cui ci eravamo già occupati): “L’idea rivoluzionaria della flat tax, che si chiama tassa unica, tassa piatta, tassa uguale, è che è unica, piatta e uguale. Non esiste una flat tax progressiva, altrimenti mi tengo il sistema fiscale attuale”. Vediamo perché sbaglia.

Piatto non vuol dire per forza non progressivo. Nella sua versione più basilare la flat tax ha una sola aliquota, che deve essere moltiplicata per tutta la base imponibile. In questo modo l’imposta è puramente proporzionale, nel senso che a prescindere dal reddito i contribuenti versano un’uguale percentuale del proprio reddito. Ma è piuttosto facile renderla progressiva tramite deduzioni e detrazioni, ossia riduzioni di reddito prima di calcolare l’imposta o veri e propri abbattimenti del debito di imposta. In questo modo, il sistema diventa progressivo, poiché gli sconti fiscali come le deduzioni e le detrazioni hanno un peso maggiore su chi ha redditi più bassi. Quindi, con la messa a punto di deduzioni sufficientemente elevate si potrebbe garantire che all’aumentare del reddito aumenti più che proporzionalmente l’imposta da pagare. Ossia che l’aliquota marginale sia maggiore dell’aliquota media, condizione tecnica affinché un sistema fiscale sia progressivo.

Le proposte in Italia sono tutte progressive. La flat tax non si riscopre progressiva solo oggi, ma è stata modulata in questo modo per tutte le proposte fatte in Italia. Il documento politico sulla flat tax della Lega suggerisce un’aliquota fissa al 15 per cento per ogni nucleo familiare. Tutte le vecchie deduzioni e detrazioni sarebbero eliminate, ma esisterebbe una deduzione di 3 mila euro per ogni componente della famiglia. Ed è proprio questa deduzione a giustificare la dicitura “flat tax progressiva” che lo stesso documento della Lega evidenzia più e più volte. Cosa che fa un po’ sorridere, alla luce delle parole di Salvini.

Il contratto di governo prevedeva espressamente due aliquote fisse per tutti (al 15 per cento per i redditi sopra agli 80 mila euro e al 20 per quelli più elevati), con una deduzione di 3 mila euro per le famiglie sulla base del reddito familiare. In questo caso, non solo la deduzione, ma anche la doppia aliquota garantirebbe un certo grado di progressività. Da tempo, però, si è smesso di parlare di questa modulazione e, dopo l’introduzione della flat tax al 15 per cento per le sole partite Iva con la legge di bilancio 2019, la componente leghista del governo ha ribadito più volte che sarà avviata la fase due della flat tax al 15 per cento, che sarà applicata ai redditi familiari sotto i 50 mila euro. Anche qui, benché non ci sia una proposta ufficiale, si ipotizza una deduzione di 3 mila euro.

La proposta di Forza Italia invece punta a rimpiazzare l’Irpef con un’aliquota al 23 per cento sul reddito familiare, ponendo la soglia della cosiddetta no tax area a 12 mila euro, al di sotto dei quali il reddito non è tassato. I mutui ipotecari sarebbero detraibili e le spese mediche resterebbero deducibili. Tutte le altre detrazioni e deduzioni sarebbero eliminate, così da finanziare la riduzione di entrate pubbliche.

C’è poi la proposta dell’Istituto Bruno Leoni (Ibl), che nel 2017 indicava un’aliquota unica al 25 per cento che sostituisse tutte le imposte. Il progetto prevedeva l’abolizione di tutti i trasferimenti assistenziali (dall’assegno di accompagnamento alle pensioni sociali) a favore della creazione di un “minimo vitale”, ossia un reddito universale per il nucleo familiare diverso da Nord a Sud. Questo avrebbe rappresentato una deduzione base dalla flat tax di 7 mila euro annui per un nucleo familiare con un solo componente residente al Nord (6 mila euro al Centro e 5.100 al Sud). Per i redditi superiori, le deduzioni sarebbero andate via via a decrescere man mano che il reddito si allontanava da questa soglia.

È dunque evidente che le varie modulazioni di flat tax proposte in Italia includono già elementi di progressività. Compresa la proposta originaria della Lega, che espressamente definisce il suo modello una flat tax progressiva. È da escludere che possa comunque raggiungere i livelli di progressività dell’attuale sistema tributario. Come è altrettanto da escludere che la flat tax sia unicamente proporzionale. Se così fosse, la progressività dell’intero sistema fiscale potrebbe venir meno, in contrasto con l’articolo 53 della Costituzione. Resta comunque difficile prevedere le conseguenze reali di un modello simile data la mancanza di documenti ufficiali a cui poter fare riferimento.