COVID-19, QUASI 300 MEDICI DECEDUTI: UNA VERA E PROPRIA STRAGE

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Asian doctor holding checking coronavirus or covid-19 infected patient name list sheet in quarantine area in hospital

«Una vera e propria strage». Così il Presidente della FNOMCeO (Federazione Nazionale Ordini dei Medici, Chirurghi e Odontoiatri), Filippo Anelli, definisce ciò che sta succedendo tra gli operatori sanitari, pienamente travolti anche dalla seconda ondata della pandemia da Covid-19. Quasi 300 camici bianchi deceduti fino ad oggi, oltre 14mila contagi tra gli operatori sanitari negli ultimi 30 giorni, 103mila se si considera invece tutto il periodo (su un totale di 1 milione e 400mila).

Dalla mancanza di Dpi alla disorganizzazione di alcune strutture

«Se ci guardiamo indietro e pensiamo a questi ultimi mesi, nessuno mai avrebbe immaginato così tanti morti. All’inizio – spiega Anelli –, ovvero durante la prima ondata, pensavamo che gli alti contagi e i relativi decessi tra il personale sanitario dipendessero dalla carenza dei Dispositivi di protezione individuale. Successivamente abbiamo capito che non basta la presenza dei Dpi per garantire la salute dei professionisti, in quanto in alcuni luoghi mancano dei veri e propri protocolli di sicurezza». La mancata o parziale applicazione di questi protocolli all’interno degli ospedali «ha favorito l’aumento dei contagi tra i medici e il loro decesso».

«Il miglior Dpi è il vaccino»

Oggi però la svolta dovrebbe essere arrivata: «Dico sempre che il miglio Dpi è il vaccino – spiega Anelli – e, come già sottolineato dal Ministro Speranza, va somministrato prima ai medici e agli operatori sanitari e poi agli anziani. Ma sono ancora tanti i camici bianchi che non lo hanno ricevuto», come ad esempio «liberi professionisti e odontoiatri». Alcuni di questi, tra l’altro, sono «pensionati che hanno fragilità legate alla loro età e che dovrebbero essere tutelati. Per questo – esorta il Presidente FNOMCeO –, rivolgiamo un appello al Governo e alle amministrazioni regionali affinché continuino la loro attività di vaccinazione di tutti i professionisti, nessuno escluso».

«I medici no-vax si pongono fuori dalla comunità scientifica»

Ma i medici “no-vax” costituiscono un problema in questo senso? «Bisogna fare una distinzione – spiega il Presidente Anelli – tra chi contribuisce al miglioramento di un vaccino e alla ricerca, anche con critiche e osservazioni, e quei professionisti sanitari che negano l’utilità dei vaccini in generale. Queste persone si pongono fuori dalla comunità scientifica e dalla categoria medica. Ricordo che quest’anno è il 41esimo anniversario dell’eradicazione del vaiolo, che ha causato centinaia di milioni di morti. Ebbene, il vaiolo non esiste più grazie ad un vaccino. Un medico che non crede nei vaccini è paragonabile ad un ingegnere che non crede alla matematica».

«Bene la legge pugliese sui vaccini»

Anelli guarda inoltre con favore al fatto che il Consiglio regionale della Puglia voglia includere tra le vaccinazioni che garantiscono la sicurezza dei medici e degli assistiti anche quella per il Covid-19: «Non si tratta di un vero e proprio obbligo vaccinale – spiega in una nota –, ma di un requisito che si inserisce nello spirito del testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro e della legge 24 del 2017 sulla sicurezza delle cure e della persona assistita. Come ha sottolineato la sentenza 137/2019 della Consulta, la legge della Regione Puglia sugli obblighi vaccinali dà la possibilità alla Regione di individuare reparti e ambiti di assistenza dove consentire l’accesso ai soli operatori che si siano attenuti al Piano nazionale di prevenzione vaccinale vigente, al fine di prevenire la diffusione di patologie infettive in ambito nosocomiale».

«Tutta la categoria è a disposizione per somministrare il vaccino alla popolazione»

Se è vero che «tutta la categoria, dai medici di famiglia ai libero professionisti, è disponibile per prendere parte attiva nella somministrazione del vaccino anti-Covid», secondo Anelli va comunque evidenziato che «ancora non c’è chiarezza sui vaccini disponibili. Quando avremo l’ok per il vaccino Astrazeneca – spiega –, senza dubbio questo costituirà un presidio che può essere somministrato molto facilmente sul territorio». Cosa che, ad esempio, non accade per il vaccino Pfizer, a causa di «difficoltà relative alla sua conservazione e maneggevolezza». (sanitàinformazione)