COSI’ LO SMARTPHONE HA CANCELLATO L’INFANZIA

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La prima a essere colpita è la generazione Z. Aumentano ansia, depressione e solitudine. Diminuiscono gli amici, lo sport e la lettura

Molte ricerche scientifiche si sono concentrate sui problemi della generazione Z, i nati a partire dal 1996, e sulle possibili correlazioni con l’uso, e l’abuso di smartphone e social. Si è scoperto, per esempio, che nessuna generazione passata soffre, come la Z, di ansia, depressione e autolesionismo. Un libro, dal titolo molto significativo, The Anxious Generation (La generazione dell’ansia), scritto dallo psicologo sociale americano Jonathan Haidt, ha alzato il velo sulla crisi di intere generazioni collegata al boom dello smartphone e dei social. Tra il 2010 e il 2019, soltanto negli Stati Uniti, il tasso di depressione e ansia, stabile nel decennio precedente, è esploso del 50 per cento; tra gli adolescenti dai 10 ai 19 anni, il tasso dei suicidi è cresciuto del 48 per cento; per le ragazze tra i 10 e i 14 anni l’aumento è stato del 131 per cento. Nello stesso arco di tempo sono peggiorati i risultati scolastici, la capacità di lettura e di calcolo, l’attitudine a concentrarsi al momento opportuno. E secondo diversi psicologhi sociali non è una fortuita coincidenza il fatto che l’arco di tempo nel quale si sono registrati questi peggioramenti per la generazione Z è lo stesso durante il quale il cellulare è stato sostituito dallo smartphone.

Come evolve il cervello del bambino

I danni dello smartphone rischiano di essere irreversibili. Non c’è solo un problema di malessere, più psicologico che fisico, e di ritardo nell’apprendimento, ma si rischia di compromettere anche il futuro, in termini di conoscenza e di relazioni umane e sociali. All’età di sei anni, il cervello del bambino ha già raggiunto il 90 per delle dimensioni che poi avrà da adulto. E questo percorso ha avuto due svolte fondamentali con l’introduzione dell’iPhone (2007), dell’App store (2008) e delle connessioni superveloci: da quel momento per gli adolescenti è diventato quasi naturale stare sempre online, collegati attraverso il proprio smartphone.

Adolescenti con lo smartphone

Se nel 2011 soltanto il 23 per cento degli adolescenti aveva uno smartphone, nel 2015 la percentuale è cresciuta al 73 per cento, e oggi, in molti paesi occidentali, supera la soglia del 90 per cento. Più di un quarto degli adolescenti dichiara in modo esplicito di <essere online quasi costantemente>, il tempo trascorso sui social media si aggira attorno alle cinque ore al giorno. Sono numeri spaventosi, a guardarli da vicino, che confermano un cambio radicale dell’infanzia. Più virtuale e meno reale, più isolata e meno in compagnia, più compulsiva con le protesi elettroniche e meno sana in termini generali.

Cosa diminuisce negli adolescenti

Correlata alla dipendenza dagli smartphone e dai social, c’è un’altra deriva che colpisce l’infanzia: un peggioramento. Tutto tondo della qualità della vita. Gli adolescenti, a partire dalla generazione Z, dormono meno e peggio, anche perché usano i dispositivi elettronici prima di andare a letto, o anche quando sono sotto le coperte. Sono diminuite: l’attività fisica, la quota della giornata trascorsa all’aperto, la lettura, le relazioni umane. Intanto le notifiche giornaliere per un adolescente sullo smartphone sono diventate, in media, 237 al giorno.

Smartphone e tempo con gli amici

Prima della diffusione capillare dello smartphone, i giovani tra i 15 e i 24 anni trascorrevano in compagnia degli amici circa due ore al giorno, che non comprendevano quelle spese sui banchi di scuola. Adesso il tempo è sceso a poco più di un’ora, e gli anziani stanno con i loro amici più dei figli e dei nipoti. Aumentano parallelamente le relazioni sui social, ma innanzitutto sono virtuali e non reali (manca il valore aggiunto del contatto fisico), spesso sono usa-e-getta, hanno una dimensione collettiva e non fondata sul “faccia a faccia”, generano reazioni respingenti (insulti, parolacce, minacce, etc.), più che un genuino desiderio di rapporti umani sereni e costruttivi. (nonsprecare)