COME VIVONO E COME PARLANO SUL GARGANO. SAN NICANDRO GARGANICO (ULTIMA PARTE)

0
2009

E’ addirittura sconcertante l’uso dell’articolo femminile singolare: la fonte oscilla tra la ed a. Una sola volta è stato inteso un la con la consonante molto indebolita (una prova della gradualità dello svolgimento dell’oscillazione, che comunque non basta per farci intendere da che parte stia la forma piú antica). La locuzione del tipo pasqu-i-róse (‘Pasqua delle rose’, ossia la  ‘Pentecoste’) oscilla con la locuzione del tipo la téle de line, la quale ultima forma dovrebbe essere molto verosimilmente quella di epoca piú recente. Le cose non cambiano quando dal bracciante passiamo al calzolaio di 71 anni. Ha l’arte della parola, e quando ti risponde dà l’impressione di volere dire la sua come la migliore, la parola del vero sannicandrese.

Eppure anche nella solennità di questo simpaticissimo uomo rion sarà difficile raccogliere i sintomi di qualcosa che ti fugge dinnanzi, di qualcosa di veramente vivace e mutevole. In un interrogatorio che è durato non meno di quattro ore si corregge per ben 12 volte; la a tonica di sillaba chiusa generalmente è pronunciata schietta, ma risulta anche palatilizzata con una certa frequenza, talvolta anche fortemente. La stessa vocale tonica in sillaba aperta in genere viene pronunciata come una schietta, ma di rado anche leggermente palatilizzata. La a tronca degli infiniti generalmente suona immutata, ma non mancano esempi di a palatilizzata. La vocale finale dei femminili è generalmente percepita come a. Ma non mancano esempi in cui la vocale si dilegua. L’articolo singolare femminile è reso generalmente con la, ma non mancano esempi, anche se pressoché isolati, della forma con a. L’articolo plurale maschile in genere è ottenuto con i, ma si contano pure pochi esempi con li.

L’ultima fonte, l’agricoltore, quest’uomo davvero unico che ha una conoscenza ammirevole della sua lingua e che disdegna la terminologia e l’accentuazione degli ultimi tempi, preoccupato quasi di evocare solo ciò che vi è di veramente antico, manifesta egli pure senza volerlo (e forse non lo crederebbe) le sue sintomatiche incertezze. Si corregge egli pure, ma a differenza degli altri possiede un uso costantemente schietto della a tonica ed atona in qualsiasi posizione. Non fa sentire la a delle finali se non in qualche esempio isolato. L’articolo singolare femminile oscilla tra la forma con a e la forma con la, con un leggiero vantaggio per la seconda. Ogni fonte dunque ha una propria storia linguistica, ha delle proprie contraddizioni e riflette lo stato di disagio in cui parlano una lingua che pure sanno di conoscere (e a ragione) in maniera perfetta. Se consideriamo ora nell’insieme alcuni particolari fenomeni nelle tre fonti principali, ci accorgiamo che la parlata presenta dei piani diversi distinti non solo a seconda delle età o delle generazioni (come quando mettiamo il ragazzo sedicenne di fronte all’uomo fatto di 53 anni), ma anche a seconda delle categorie professionali.

Vi è la lingua del bracciante, che per quanto possa vivere confinato nel territorio del suo comune, pure corre da una parte all’altra, da un padrone all’altro ed ha dei contatti svariati anche con gente che scende a lavorare da altri centri. Vi è la parlata vivace dell’artigiano che è investito egli pure dalle correnti forestiere, che salgono la scaletta della sua casa assieme alle scarpe da riparare e alla suola da acquistare. Piú conservativo sembrerebbe il piano dell’agricoltore che ha un campo di azione che non varia: un andata e ritorno quotidiano tra la ‘masseriola’ e la casa del paese. Tre piani linguistici diversi nelle categorie professionali piú importanti, ed un piano linguistico fra i giovani (almeno per quelli del ceto bracciantile). Ci troviamo cosí in una comunità che presenta quattro gruppi di parlanti diversi. Una distinzione bastevole per farci orientare sulla direzione che la parlata nel suo svolgimento va seguendo e sulla storia dei vari fatti fonetici, morfologici e lessicali. Il suono della a tonica, ad esempio, che in tutte le posizioni è generalmente schietto nella pronunzia dell’agricoltore, si tinge di una certa palatilizzazione nella parlata dell’artigiano, si palatilizza piú frequentemente con il bracciante e si palatilizza fortemente con il sedicenne, direbbe a chiare note che certi turbamenti vocalici (e oltre all’a si pensi pure alla serie delle altre vocali turbate che potrebbero indurci a fantasticare su non si sa quali precedenti etnici) vanno messi in relazione con dei fatti storici che sono di epoca molto recente, e piú precisamente con le correnti pugliesi che ti premono da tutte le parti.

L’insistenza con cui l’artigiano pronunzia la a finale dei femminili di contro all’abituale schwa dell’agricoltore e la preferenza spiccata che il primo rivela per un articolo femminile singolare in tutto identico alla forma italiana di contro alle oscillazioni del secondo starebbero ad indicarci che anche qui stiamo di fronte a correnti di epoca moderna provenienti non piú dalle parlate del contermine ma dalla stessa lingua letteraria. Dei fatti notevoli questi che dovrebbero servire a farci intendere con quanta facilità si vada svolgendo, almeno per alcuni fenomeni, il cambio della lingua, e con quanta labilità si affaccino quelli che non sono gli elementi veramente costitutivi di una lingua. D’altra parte vi sono degli altri fatti, che, ritornando con la stessa costanza in tutti gli strati, potrebbero avviarci a riconoscere quel fondo non trascurabile di un antico patrimonio comune.

Si ricordino per tutti l’inserimento della u in funzione di semivocale dopo il suono k, la particella impersonale ce, le locuzioni del tipo i sfér-u llórg ‘lancette dell’orologio’, quel bisogno di concretizzare o di sintetizzare le espressioni un po’ troppo astratte o letterarie, la inclinazione a portare il colloquio ad un livello di confidenza e di bonarietà. Sono questi caratteri che ci richiamano a quel non so che di saldo che è in tutte le manifestazioni di questa gente, anche se poi vadano trovando ognuno per proprio conto delle vie diverse per una maggiore affermazione delle proprie individualità.

(Da come vivono e come parlano sul Gargano del Prof. MICHELE MELILLO)