C’E’ TANTO SAN NICANDRO IN “LEONARDA CRISETTI GRIMALDI E L’IDROSCALO DEL GARGANO NELLA GRANDE GUERRA”

0
758

«Ai miei nipotini, Matteo e Mia, alle giovani e a giovani, per tenere viva la memoria dei caduti per la Patria e favorire  la riflessione sull’importanza del dialogo volto a promuovere il valore della pace e della vita » con questa dedica formata da parole genuine, semplici e sincere,  ma significative, pregnanti e intense nella loro richiesta di pace e fratellanza, la docente Leonarda Crisetti Grimaldi ha voluto motivare la sua ultima – per il momento  – fatica letteraria “L’IMPATTO DELLA GUERRA 1915-18 A CAGNANO VARANO E L’IDROSCALO DEL GARGANO” (Levante editori Bari, 2018).

Il volume si avvale di una sapiente prefazione del professore ordinario di Storia medievale dell’Università di Bari Pasquale Corsi, da me conosciuto ‘fisicamente’ verso la metà degli anni ’80 perché aveva pubblicato una intelligente ed accurata monografia titolata «La traslazione di san Nicola. Le fonti» per il Centro Studi Nicolaiani. In quell’occasione appresi che era nativo di San Severo e fu subito simpatia. Io, barese orgoglioso di esserlo, amo profondamente il Gargano e i loro impareggiabili abitanti: grandi solisti in virtù di enormi potenzialità e quasi  tutti poco inclini a fare squadra e nel caso la squadra, per volontà divina, si fosse formata… aspiranti, sempre tutti, alla fascia di capitano; rimosso questo insignificante particolare, sono  affettuosi, generosi e ospitali fino allo ‘sfinimento’ (quando da ragazzo andavo a trovare i miei parenti a San Nicandro Garganico la visita degli ‘zii’ iniziava al mattino e finiva la sera : in ogni tappa bisognava obbligatoriamente assaggiare una specialità fatta in casa : altro che ‘merendine’ !).

La zona che, da San Nicandro scende verso Torre Mileto per poi proseguire in direzione del ponte di Capoiale (nei primi anni ’60 prima di attraversarlo le donne recitavano una… preghiera!) e immettere, quindi,  per l’Isola fino a Foce Varano, è scolpita indelebilmente nella mia memoria, una volta… ‘visiva’, oggi ‘televisiva’ ( dimentico volutamente lo scempio perpetrato a Torre Mileto con le case edificate sulla sabbia).  I miei parenti alle spalle del lago, in quel tratto di costa separato dal mare Adriatico da due canali e per questo detto l’Isola, avevano una masseria, oggi campeggio, denominata Uria: forse  è solo una leggenda il racconto che vuole  Cagnano avere origine proprio dal vetusto insediamento di Yria, città cui fa cenno  Strabone, lo storico-geografo greco ( 60 a. C.)  famoso per la frase : « Tutti gli Italiani sono ormai Romani» che secondo gli abitanti della ‘Montagna sacra’ potrebbe essere interpretato come « Tutti gli Italiani sono ormai Garganici, ma di… San Giovanni Rotondo, San Marco, San Nicandro o Sannicandro, San Severo, Cagnano Varano ecc. ecc.».

Scrive Corsi nella sua prefazione-ricordo al testo della Crisetti: «Mi basti dire che sono rimasto spesso sorpreso e, talvolta, commosso nel vedere con quanta passione studiosi ( locali o accademici che fossero ) e gente di ogni età e condizione sociale si sono dedicati alla ricerca di ogni minimo dettaglio, in una sorta di corale compartecipazione ad un ricordo, forse tuttora dolente e di sicuro tenacemente vivo nel cuore di molti. Del resto, non c’è da meravigliarsi. Da pochi decenn sono scomparsi gli ultimi “cavalieri di Vittorio Veneto”, i mitici ragazzi del ’99, ma le testimonianze di quella guerra sono ancora ovunque presenti, anzi sta man mano riaffiorando, da un sottosuolo di polveroso silenzio, una moltitudine di notizie troppo a lungo neglette, che ci appaiono come un grido represso che da lontano ci giunge e si spande. Si tratta quasi sempre di cose umili, dettate dalle insopprimibili esigenze dei sentimenti e della vita quotidiana: i diari, le lettere ai propri cari e le loro risposte, le cartoline e le foto, ma anche le secche annotazioni burocratiche e gli oggetti di ogni genere sottratti, per caso o per scelta, alla edacità del tempo».

Molto lucida e scrupolosa la presentazione del Sindaco di Cagnano: il professore Claudio Costanzucci Paolino, inconsapevolmente, mi ha risolto un rompicapo che mi affliggeva da mezzo secolo. Scrive il sindaco nel suo partecipato intervento: «La vettura postale impiegava 5 ore per arrivare da Sannicandro Garganico…».  Io ho sempre saputo da miei parenti che Sannicandro Garganico si scriveva tutto unito, poi un giorno di due o tre lustri fa lessi un testo in cui tra i tanti interventi vi era quello di Pasquale Corsi che titolava :« San Nicandro Garganico tra Preistoria ed Età moderna» e mi convinsi che staccare le parole fosse la soluzione ottimale.   Poi la velocità della vita che conduco non mi permise di fare riflessioni adeguate.

Oggi leggendo il sindaco di Cagnano scrivere Sannicandro ho deciso di saperne di più e ho scoperto che fino al 1862 si chiamava San Nicandro, dal 1862 al 1999 Sannicandro, dal 1999 di nuovo San Nicandro. Avevano ragione i miei parenti, ha ragione il Sindaco di Cagnano che cita un periodo in cui si chiamava Sannicandro, ha ragione il professore Corsi ed avevo e ho ragione io. Orazio direbbe «Nihil admirari», noi diciamo più semplicemente che la soluzione non è quella di avere una risposta per ogni cosa, ma di porre o porsi una domanda per ogni cosa. La mia colpa: non aver chiesto.

La scrittrice Crisetti è giunta con questa pubblicazione al suo decimo libro ufficiale: il tutto è partito nel 1995 con un testo dedicato a «San Nicola Imbuti», frazione di Cagnano Varano, ed oggi – la legge dei grandi numeri è infallibile – per festeggiare il famoso 10 e lode di un tempo, ecco il libro con Levante, un editore che nel logo ha scolpito Bari, città famosa nel mondo per  San Nicola e così il cerchio si chiude in maniera perfetta.  Per la cronaca a Bari Levante editori e la Basilica di San Nicola testimoniano un intenso rapporto collaborativo da oltre mezzo secolo.

L’autrice di questo libro, in virtù di una solida preparazione culturale e di una pazienza frutto di una calma filosofica affinata in lunghi anni di fitto insegnamento a contatto con ragazzi vivaci, è capace  di mettere in discussione anche piccole posizioni e, se hai la fortuna di essere giovane e quindi avere tempo davanti,  da quella pietra garganica famosa nel mondo finalmente esce quel cuore, che è la generosità di chi, non avendo dimenticato del tutto le passate sofferenze, ha bisogno di un lungo tirocinio prima di concederti un’amicizia che è per tutta la vita.

L’introduzione al testo della Crisetti è tanto coinvolgente quanto partecipata: «Una guerra assurda, inscenata in un luogo irreale, com’è appunto l’alta montagna, adatto ai volatili, agli stambecchi e tutt’al più a qualche viaggiatore, non invece agli uomini-soldati, condannati al fronte dalla sorte e costretti a combattere per poter continuare a vivere, spesso senza onore, senza speranza e senza odio».

Questo periodo non può essere commentato, dal momento che ogni parola racchiude un concetto condivisibile a partire dalla quella ‘guerra assurda’, valida per tutti i conflitti del mondo e a maggior ragione per quelli che vedono due Paesi, divisi da pochi metri di confine, nemici. Nella sua sempre obiettiva ed imparziale disamina la signora del lago precisa che i nostri soldati spesso dimostrarono un notevole spirito di adattamento, anche se, come sempre avviene in ogni frangente della vita, vi fu chi cercò di fare il ‘furbo’: a chi considera il ‘furbo’ un idiota, risponde il pensiero popolare per cui è ‘meglio un furbo vivo che un idiota morto‘. Ma si tratta solo di una battuta che non vuole essere irriverente verso chi ha sacrificato una vita, ma solo il diritto che appartiene ad ognuno di noi: ‘sprecare’ i propri giorni in piena libertà.  Continua la Crisetti: «Dopo i fiumi d’inchiostro versati, mi sono domandata, se avesse senso indugiare sulla “Grande Guerra” per cavalcare ipotesi che non abbisognano di ulteriori verifiche e dimostrare che la “Guerra” in questione di ‘Grande’ ebbe il numero delle nazioni che vi hanno partecipato, dei soldati e dei civili coinvolti, degli assalti e dei bombardamenti, delle industrie, che dal conflitto trassero i maggiori profitti…».

A questo punto, gentile autrice, una puntualizzazione: lei cita, giustamente, industrie che si sono arricchite con il conflitto, dimenticando le tante ‘fallite’ grazie alle guerra. La stessa tangentopoli degli anni successivi, per intenderci quella con paladino il magistrato Di Pietro, non è figlia della guerra o del caos, ma dipende dalle persone. Purtroppo se un’azienda seria-normale ci mette una generazione, con sacrifici che chi ha lavorato per lo Stato difficilmente riuscirebbe a capire e sopportare ma che i contadini cui lei fa riferimento conoscono benissimo, a crearsi un ‘nome’ efficiente e rispettato e poi arriva l’azienda del signor X che riscuote a prezzi maggiorati  e senza magari effettuare la fornitura… direbbe il nostro magistrato ‘cosa ci azzecca la guerra’ ?

Per intenderci abbiamo pubblicato tanti libri dello storico Tommaso Pedío in cui perfino una figura adamantina come Giustino Fortunato veniva accusato di aver ‘caldeggiato’ le Ofantine solo perché voleva un tronco ferroviario che collegasse direttamente la sua casa di Rionero in Vulture con la tenuta di duecentoquaranta ettari di Gaudiano… tenuta da sempre appartenuta alla famiglia Fortunato. Era una forzatura interpretativa: perché la ferrovia serviva a tutti ed era nell’interesse di tutti ed il fatto che vi fosse un bene di una persona ‘interessata’ non doveva fare in modo che non arrivasse mai da quelle parti un binario. Il giusto equilibrio fra i propri interessI e quelli della comunità sono alla base di ogni azione.  In tutti il mondo vi sono personaggi inquisiti che, partiti dal popolo, si sono fatti corrompere, togliendo al popolo e oggi sono, democraticamente, sotto giudizio.

Secondo la Bibbia: «Il giusto è il primo ad accusare se stesso», poi ci ha pensato Pirandello a rimettere le cose nel ‘giusto’ ordine: «Se errare è dell’uomo, non è crudeltà sovrumana la giustizia?»). Con questa lunga parentesi, che forse può aver disorientato la professoressa, ma avrà trovato il plauso del nostro direttore amante di tutti i ‘voli pindarici’ che costringono i moltissimi lettori del Giornale di Puglia a seguire fino al termine l’articolo, voglio ribadire che le guerre nascono per la sete di potere di uomini potenti che, per sventura, a volte si trovano a vivere lo stesso periodo storico, ma la voglia di agiatezza non sudata, in sostanza rubare,  di alcuni individui poco disposti a rispettare le regole può e deve essere combattuta da uno Stato civile e democratico.

Prima di occuparci della stazione idrovolanti di Varano dedichiamo un parentesi alle donne che da sempre, sia che fossero del Gargano o di qualsiasi parte del mondo, hanno combattuto la loro personale’ guerra’.  La Crisetti dedica loro una delle pagine più fortemente emotive del testo: « La guerra fu combattuta dalle donne che, nubili, coniugate e vedove, si sono dovute sostituire agli uomini per poter soddisfare i bisogni essenziali  della propria famiglia, prendersi cura degli anziani  e dei bambini rimasti senza papà» ed ancora «…anche per la donna cagnanese, energica e affidabile, alla vigilia della grande guerra, la vita era molto più faticosa in confronto ad oggi. Il bucato, la panificazione, la impegnavano giornate intere. Massaia, sarta, ricamatrice per tutta la famiglia: eseguiva lavori ai ferri, a uncinetto e di cucito, era impegnata nella cura della prole e dei rapporti col vicinato, si dedicava ai lavori stagionali della zappatura, mietitura, spigolatura, raccolta e conservazione dei prodotti, collaborava all’attività del marito. Figlia, sorella, madre, moglie, assistente, confidente, mediatrice, operaia, bracciante agricola, retaia, la donna svolgeva insomma diversi ruoli e costituiva di fatto il perno della famiglia, anche se ufficialmente era tenuta a servire e a tacere, perché era l’uomo che ‘portava i pantaloni’». Cercherò di dare meno notizie possibili della stazione idrovolanti di San Niciola Varano perché il volume segue un percorso logico per cui devi leggerlo se vuoi sapere e capire oppure è meglio limitarti a conoscere la notizia.

La signora di Cagnano racconta: «Il sito di San Nicola Varano aveva fatto parlare di sé nove secoli prima in epoca medievale. Nella prima metà dell’XI secolo, era stato infatti prescelto dai seguaci di San Benedetto da Norcia per costruirvi un monastero, anche perché da qui passavano i pellegrini diretti ai santuari di San Michele in Cagnano Varano e in Monte Sant’Angelo, percorrendo la via veteres. I monaci cassinesi, mentre promuovevano la diffusione del cristianesimo, valorizzando il culto micaelico, favorirono la colonizzazione e lo sviluppo economico del territorio, raggiungendo in questo modo più di un obiettivo». «La causa porto di Varano fu sostenuta presso il ministro Salandra dall’allora sindaco di Cagnano, cavaliere Pasquale Sanzone, il quale si raccomandò affinché il Governo prendesse a cuore la questione garganica, augurandosi che il ‘pestilenziale Lago Varano’ potesse ‘diventare fonte di ricchezza’ e ‘baluardo di difesa nazionale’». «Nel primo decennio del XX secolo, fu il Governo del Regno d’Italia a far uscire dall’anonimato questo angolo del Gargano, per soddisfare il bisogno di difesa dello stato. Riprese in mano il progetto ‘ Porto di Varano’, un’idea che affondava le radici nel 1862…

La decisione di costruire una base per idrovolanti a San Nicola Varano, nel Gargano, fu evidentemente accelerata, il giorno in cui l’Italia entrò in guerra, dopo che il gruppo navale austroungarico aveva scaricato i cannoni per venti minuti contro il Semaforo di Vieste……le forze imperiali attaccarono, infatti, il Basso Adriatico lo stesso giorno in cui l’Italia dichiarò guerra agli ex alleati, senza che la Regia Marina potesse rispondere a quell’offesa…». Veniamo agli idrovolanti: «Gli idrovolanti Lohner svolsero un ruolo fondamentale nello sviluppo dell’aviazione navale, soprattutto italiana, che cominciò a produrli a giugno del 1915, dopo averne catturato uno austriaco, a Porto Corsini. L’Aeronautica Macchi lo prese a modello e avviò la produzione in serie, perché risultava essere il migliore tipo d’idrovolante del tempo. Apportando alcune modifiche, la Macchi costruì inoltre idrovolanti di tipo L.1 e L.2, per giungere alla versione definitiva denominata L.3, la cui capacità…».

Da questo momento il ‘saccheggio’ perpetrato ai danni di un volume davvero interessante per le presenti, future e passate generazioni, queste ultime dimenticate quando si parla di nazioni e non di uomini costretti a giocarsi l’esistenza alla ‘roulette’ della guerra, termina e coloro che siano rimasti ‘ammaliati’ dal racconto sanno quello che devono fare.

La Crisetti possiede la tempra della scrittrice che entra nel pensiero del lettore ed esaudisce ogni sua richiesta : nello sfogliare  il testo mi è capitato spesso, al cospetto di taluni argomenti, di ignorarli ma di volerli sapere e lei, puntuale, con un semplice periodo, in punta di piedi, ha soccorso la mia ‘ignoranza’. Tutti possono scrivere – chi scrive l’esempio più lampante – romanzi, racconti, novelle e fiabe, ma solo chi conosce a fondo la vita, la storia e la letteratura può cimentarsi in una pubblicazione in cui, per quanto rigorosa possa essere stata la ricerca, si rischiano dimenticanze, omissioni o, in casi rari, ‘risentimenti’.

Fatelo: la scrittrice Leonarda Crisetti Grimaldi si metterà all’opera per varare una nuova opera in cui rimedierà a tutto con la rinomata volontà garganica. Consentitemi di chiudere e condividere questo intervento di ‘cerniera’  con dei versi scritti in latino da una gloria italo-americana che abbandonò San Marco in Lamis nel 1947 per contribuire a diffondere per il mondo quella potenzialità che l’America ha saputo stimare, valutare ed onorare  ma anche, più prosaicamente, per raggiungere il padre emigrato in cerca di fortuna: JOSEPH TUSIANI, quel Giuseppe che, dopo il rodaggio cui ho fatto riferimento prima, mi ha regalato la sua imperitura amicizia. Amicizia che è stata estesa al professore Emilio Bandiera, cui va il grande merito di aver tradotto in italiano gli splendidi versi ‘tusianei’,  quel Bandiera che racchiude nel nome e cognome gli elementi di fratellanza e amor di patria dei due Paesi nel nome  dei rispettivi vessilli: «La bandiera americana non è una semplice accozzaglia di colori,  stelle e strisce, ma rappresenta le nostre origini e la nostra evoluzione» e «sempre è stata la più bella, noi vogliamo sempre quella, noi vogliamo la libertà…».

Monte Gargano. Il Monte Gargano, monte diletto,/come un libro sempre letto,/ apre gli occhi e apre il petto./ Le sue immagini venuste, alte querce son robuste,/ dal raggiante sol combuste. /Quell’ottimo volume/a tutti i libri dona lume/come fiume che inonda le arene./Ti saluto, caro verde/ monte lontano, monte eccellente, /la cui vista diventa amore./ Come resta bella la luce/ dei volumi sempre letti,/rimani per la mente spazio aperto./ Sempre, dunque, Monte Gargano, in perenne ricordo rimani, come vuoi anche tu, mio Giano (JOSEPH TUSIANI , LUX VICIT, Bari 2018, traduzione di EMILIO BANDIERA).

A questo punto chi vuole può ‘rispolverare’ la propria carta d’imbarco e salire sul primo idrovolante disponibile: Cagnano Varano attende tutti. (giornaledipuglia del 22 luglio 2018)