AGGRESSIONI AI MEDICI: LE REGIONI PUNTANO SU VIGILANTES E TELECAMERE IN ATTESA DEL MINISTERO

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Il crescente numero di aggressioni ad operatori sanitari ha spinto le Regioni ad attivare delle strategie per fronteggiare l’emergenza in attesa delle iniziative del Governo. Servizio di Vigilanza in Piemonte e Liguria, telecamere per ambulatori e ambulanze in Lombardia mentre in Veneto formati 90 istruttori antiviolenza

Presidi di forze dell’ordine negli ospedali per garantire interventi rapidi a tutela di medici e operatori sanitari. Dopo l’ennesima aggressione, il governo corre ai ripari. Il Ministero dell’Interno ha avviato una mappatura delle strutture ospedaliere per individuare quelle maggiormente a rischio, una fotografia che sarà pronta nei prossimi giorni e consentirà di definire il piano di intervento con l’obiettivo di garantire la tutela del personale medico e infermieristico e di disinnescare ogni eventuale tensione tra pazienti, famigliari e camici bianchi. Nel frattempo, le regioni che non sono rimaste a guardare, hanno cercato di far fronte all’ondata di violenza contro i camici bianchi con iniziative singole.

Tra i primi ad attivarsi per garantire l’incolumità di medici e infermieri è stato il Piemonte che durante la pandemia ha avviato un piano di vigilanza nei Pronto Soccorso tale da ridurre il numero di aggressioni.

In Liguria, uno studio realizzato dall’Università di Genova nei mesi scorsi ha confermato il trend nazionale in ambito di aggressioni a medici e operatori sanitari rivelando che 1 infermiere su 3 è stato vittima di violenza fisica o verbale. In attesa di conoscere le linee di indirizzo del Ministero quindi la Regione da tempo si è attivata per garantire l’incolumità dei camici bianchi. « Ad oggi ci sono sul territorio iniziative legate ai singoli ospedali, con la presenza di forze dell’ordine e, dove necessario, un eventuale supporto supplettivo o complementare del sistema di guardie giurate – fanno sapere dall’assessorato alla Sanità ligure – Si tratta però di un piano che ha una sua definizione da tempo, non generato in modo specifico per un’allerta o un allarme sul territorio. Differente è la questione sollevata dal Ministero che è in fase di definizione e stiamo attendendo indicazioni».

Chi da almeno tre anni può contare su una legge regionale per la tutela del personale sanitario (legge 15/2020) è Regione Lombardia. Le linee guida predisposte dalla direzione regionale del welfare prevedono corsi di formazione rivolti ad operatori del settore sanitario, installazione di telecamere a circuito chiuso e collegamenti diretti con le forze dell’Ordine, misure che hanno interessato non solo i Pronto Soccorso, ma anche le associazioni di volontariato che fanno attività di soccorso per conto di AREU, a cui sono stati destinati fondi per l’acquisto di telecamere per ambulatori e ambulanze

Anche in Veneto, dove si sono registrati nei mesi scorsi diversi episodi di violenza ai danni di medici e infermieri, si attende con fiducia l’intervento del Ministero su cui sono riposte molte speranze, ma nel frattempo si lavora per cercare di contenere il fenomeno. Nei mesi scorsi è stato avviato il corso per la formazione di 90 istruttori antiviolenza, personale proveniente da tutte le aziende sanitarie del territorio la cui formazione è stata affidata alla Fondazione Scuola di Sanità Pubblica con la U.O.C Rischio clinico di Azienda Zero. Il personale, una volta formato su autocontrollo, autodifesa, capacità di gestire i momenti di paura in una situazione di profondo stress, verrà poi inserito capillarmente all’interno delle singole realtà per trasferire ai colleghi le strategie utili per affrontare eventuali aggressioni. Prevenzione e gestione del pericolo rappresentano dunque le strategie messe in campo fino ad oggi da Regione Veneto ma, in attesa delle azioni del Governo, c’è chi in Regione chiede l’istituzione di presidi di vigilanza negli ambulatori più a rischio. (sanitainformazione)